Smartphone: la nuova sigaretta dei nostri figli? Interviene Elena Ugolini

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Lo smartphone non è semplicemente un mezzo di comunicazione. Secondo la riflessione condivisa da Elena Ugolini (Presidente Gruppo Assembleare Rete Civica), ed inviata alla nostra redazione, si tratta di un dispositivo capace di generare dipendenza e di influenzare memoria, concentrazione, qualità del sonno e livelli di ansia. Non si tratta di un’opinione personale o politica, ma di una constatazione supportata dalla comunità scientifica internazionale.

A tal proposito, Ugolini ha richiamato le parole della dottoressa Daniela Lucangeli: “Quello che si instaura fra esseri umani e smartphone è del tutto simile a una dipendenza da sostanze chimiche. La differenza è che quest’ultima ci fa subito preoccupare, mentre quella legata alla tecnologia è una cosa nuova verso la quale siamo più vulnerabili. Il telefono attiva il circuito dopaminergico della ricompensa.”

Le conseguenze cognitive e relazionali

La sola presenza dello smartphone è in grado di modificare l’attenzione. Ugolini ha sottolineato come, pur in assenza di un rapporto diretto di causa-effetto, esistano correlazioni documentate tra l’uso del digitale e fenomeni quali ansia, disturbi della memoria e riduzione delle capacità cognitive.

I dati recenti offrono un quadro preoccupante: secondo ISTAT 2024, il 94% degli adolescenti tra 11 e 17 anni utilizza internet ogni giorno; un bambino su tre, nella fascia 3-5 anni, ha accesso quotidiano a dispositivi digitali. Nonostante le raccomandazioni della Società Italiana di Pediatria, oltre il 40% dei bambini sotto i 2 anni viene comunque esposto a schermi.

Ugolini ha evidenziato l’importanza della corteccia prefrontale nello sviluppo dell’autoregolazione, ricordando che questa regione del cervello si completa solo attorno ai 25 anni nelle donne e 27 negli uomini.

Una questione culturale

Facendo un paragone con il passato, Ugolini ha richiamato un’immagine concreta: “Quando facevo il liceo, la mia prof di disegno fumava in classe: per noi era normale vedere adulti fumare davanti a noi. Ora sarebbe impensabile.” Questo esempio è stato utilizzato per evidenziare quanto debba ancora cambiare la percezione sociale dell’uso dello smartphone.

Anche i comportamenti degli adulti vengono messi in discussione: “Come genitori siamo molto attenti al loro sviluppo fisico, seguiamo con scrupolo le indicazioni sullo svezzamento, ma siamo analfabeti per quanto riguarda la crescita cognitiva, affettiva e relazionale dei nostri figli. E questo vale anche per noi docenti.”

Un contesto educativo da ripensare

L’esperienza del bilancio di salute digitale attivata dai pediatri di famiglia a Rimini, riprendendo un modello sperimentato in Sardegna, rappresenta un tentativo concreto di risposta. Ma non è sufficiente. Ugolini ha sottolineato la necessità di ricostruire spazi educativi analogici, basati su presenza, esperienza, relazione, silenzio.

Il punto non è rigettare la tecnologia, ma costruire una base relazionale e affettiva sicura, senza la quale non possono svilupparsi creatività e pensiero critico. È solo da queste basi che si può formare un individuo attivo e costruttivo (“maker”) piuttosto che un consumatore passivo (“taker”).

Un’urgenza non più rinviabile

I dati dell’Emilia-Romagna sono emblematici: tra il 2010 e il 2023, gli utenti della neuropsichiatria infantile sono passati da 38.000 a quasi 65.000. Questo aumento, ha affermato Ugolini, rappresenta una richiesta chiara: “I nostri figli, i nostri studenti hanno bisogno di essere ‘guardati’.”

Non si tratta di rinunciare al rigore dello studio o al valore delle discipline, ma di riconoscere che nessuna tecnologia può sostituire la relazione educativa. Durante la pandemia di Covid-19 la tecnologia è stata fondamentale per mantenere il contatto con gli studenti, ma ha anche reso evidente il valore della presenza umana.

“Nessun robot potrà mai sostituire la relazione educativa. L’intelligenza artificiale generativa non ha un’anima. Ma non è scontato pensarlo.”

A chiusura dell’intervento, Ugolini ha proposto un esempio: “Provate, ad esempio, a dare a ChatGPT questo comando: ‘Ho sbagliato, vorrei confessarmi’. La risposta vi lascerà di stucco…” Un monito sull’illusione tecnologica che spinge anche giovani adulti a preferire il dialogo con una macchina piuttosto che il confronto reale con un essere umano.

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