Si può riconoscere l’infortunio sul lavoro accorso durante la fruizione di un permesso orario?
Il caso in commento riguarda un infortunio sul lavoro accorso ad una lavoratrice in smart working e durante la fruizione di un permesso orario subiva un infortunio. Può questo essere riconosciuto come infortunio sul lavoro? La sentenza in questione ha suscitato molto clamore mediatico e se ne è già succintamente data informativa in particolar modo per il riconoscimento del diritto all’infortunio sul lavoro in smart working. Ma l’aspetto che più interessa a parere di chi scrive è soprattutto la correlazione tra l’utilizzo di un permesso orario ed il riconoscimento dell’infortunio, aspetto su cui ora ci soffermiamo.
La questione
La ricorrente, ha richiamato una pronuncia della Suprema Corte che ha affermato che l’infortunio in itinere è ricompreso nella tutela Inail anche nell’ipotesi in cui il lavoratore percorra il tragitto in fruizione di un permesso per motivi personali (Cass. ord. n. 18659/2020), aggiungendo che la circolare Inail n. 62 del 18 dicembre 2014 ha chiarito a quali condizioni risultano indennizzabili gli infortuni in itinere occorsi nel tragitto casa-lavoro interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola.
La norma
L’art. 2, comma, T.U. n. 1124/1965, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalla modifica apportata dall’art. 12, d.lgs. n. 38/2000, prevede che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, precisando che “l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti” e che “l’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato”, mentre “restano […] esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni”, nonché quelli avvenuti nell’ipotesi che il conducente sia “sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”.
Con la pronuncia richiamata dalla parte ricorrente (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 18659 del 08/09/2020, Rv. 658842 – 01), la Suprema Corte ha affermato esplicitamente che in tema di infortunio “in itinere”, la tutela assicurativa copre i sinistri verificatisi nel normale percorso abitazione-luogo di lavoro anche in caso di fruizione da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali.
Per il Tribunale di Milano, Sez. Lav., 16 settembre 2024 la ricorrente ha ragione. Il lavoratore, secondo la Suprema Corte, è quindi tutelato tutte le volte in cui si allontani dall’azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell’attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi; ciò sul presupposto dell’identità ontologica delle tipologie di sospensione lavorativa indicate e della non configurabilità di un vuoto di tutela ogni volta in cui, per fruire di diritti connessi alla esecuzione della prestazione lavorativa, il lavoratore si allontani dalla sede aziendale.
La natura dei permessi retribuiti
Va, in proposito, continua il Tribunale milanese, considerato che i permessi retribuiti sono riconosciuti dall’ordinamento in ipotesi tassative, previste dalla legge o dai contratti collettivi, per le quali l’ordinamento ha operato un bilanciamento di interessi, sancendo la preminenza di specifici interessi costituzionalmente garantiti del lavoratore nei confronti dell’interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva.
Basti pensare ai permessi per l’assistenza ai disabili, ai permessi e congedi per ragioni familiari, ai permessi per motivi di studio, per visite mediche, ecc.
I periodi di permesso retribuito consentono, quindi, il godimento di diritti costituzionalmente garantiti, costituendo una delle forme mediante le quali è data attuazione ai principi costituzionali di solidarietà sociale ed uguaglianza.
La sospensione dell’attività lavorativa non dipende, quindi, da scelte voluttuarie del dipendente, ma è di volta in volta giustificata da ragioni connesse all’esercizio di diritti personali del lavoratore che altrimenti verrebbero sacrificati.
Nell’ottica di tale contemperamento di interessi non può, pertanto, sostenersi che il lavoratore, mentre esercita un diritto alla sospensione dell’attività lavorativa riconosciuto dalla legge per le ragioni sopra evidenziate, non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro.
Non può, in altre parole, dirsi che “la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex sé il nesso rispetto all’attività lavorativa”: ciò proprio in considerazione del fatto che la sospensione dell’attività lavorativa in questione trova copertura nelle norme dell’ordinamento lavoristico a mezzo delle quali il Legislatore ha di volta in volta operato il contemperamento citato e che concorrono a regolamentare il rapporto a tutela dei diritti del lavoratore come persona.