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Si ha diritto ai permessi 104 e congedo biennale per il padre dell’ex marito?

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Una ricorrente con domanda cautelare, dunque d’urgenza, ha agito nei confronti del datore di lavoro, un dirigente scolastico, che le ha negato i permessi (ma più in generale i diritti) ex art. 104, relativamente allo stato di infermità che riguardava il padre del suo ex marito, defunto, oltre che il beneficio di cui all’art. 42, 5° comma D.Lgs. n. 151/2001, ergo il congedo. Si tratta di una vicenda particolare su una casistica non così diffusa nell’ambito scolastico e sicuramente di interesse.

La questione

Alla docente è stato negato tale riconoscimento con la seguente motivazione: si “ritiene che la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra la ricorrente ed il suo ex marito abbia comportato lo scioglimento del vincolo di affinità tra la stessa e l’ex suocero”. Il tribunale del lavoro di Ravenna con ordinanza cautelare N. R.G. 2022/769-1 accoglie il ricorso d’urgenza.

La domanda per i giudici, è fondata, posto che ai sensi della normativa civilistica in materia di affinità, la stessa non si perde con la morte del coniuge (art. 78, 2° comma c.c.: “L’affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati”; v. art. 474, n. 2 ai fini dell’obbligazione alimentare)“. Il caso che ora commentiamo riguarda un provvedimento che ci viene inviato da parte dell’Avv. Aleardo Lizzi del foro di Bologna che ha difeso la ricorrente in questione.

I permessi 104 e l’assistenza al suocero dell’ex marito

Nel caso di specie il coniuge morto era un ex coniuge, essendo tra i due stata pronunciata la sentenza di divorzio prima della morte dell’ex marito.

La circostanza, afferma convintamente il tribunale, non è, tuttavia, rilevante, posto che “La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio non determina la caducazione del vincolo di affinità fra un coniuge ed i parenti dell’altro coniuge, atteso che il venire meno di tale vincolo e previsto dall’art 78 terzo comma cod civ solo nella diversa ipotesi di declaratoria della nullità del matrimonio, e cioè, della sua invalidità originaria; e correlativamente non fa venir meno l’obbligo alimentare tra affini, che resta disciplinato dallo art 434 cod civ. pertanto, la pronuncia di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, mentre determina la caducazione dell’obbligo alimentare tra gli affini solo ove l’avente diritto passi a nuove nozze e se non siano vivi i figli nati dal matrimonio o loro discendenti, peraltro può giustificare soltanto una richiesta di revisione dell’Obbligo medesimo, ove essa sentenza si traduca, anche in relazione alle statuizioni patrimoniali conseguenziali al divorzio, in un mutamento della situazione in base alla quale gli elementi siano stati riconosciuti e liquidati” (Cass. n. 2848/1978). Dunque il precedente a cui si fa riferimento è una Cassazione degli anni ’70, tutt’altro che superata.

Nel silenzio della legge, rileva il Tribunale, quindi, non ci si può inventare un effetto tanto rilevante quale la cessazione dell’affinità a seguito di scioglimento del matrimonio, laddove gli indici interpretativi sistematici – come evidenziato dalla S.C. – depongono in senso differente.

Spetta anche il diritto al congedo biennale?

La ricorrente invoca nel caso in questione anche l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 42, 5° comma D.Lgs. n. 151/2001, tutela che in effetti gli spetta, rileva il tribunale romagnolo, dovendosi al riguardo farsi lo stesso ragionamento di cui sopra in tema di L. n. 104 e non essendo contestati, da parte datoriale, i presupposti fattuali (decesso di tutti i potenziali titolari del diritto in posizione pozione rispetto all’affine; stato di convivenza). Sussiste evidentemente, conclude il tribunale, nell’accogliere in questa fase l’istanza cautelare, anche il periculum, ovvero l’elemento che determina il rischio di una grave ed immediata lesione di un diritto, venendo in rilievo bisogni di cura essenziali di un soggetto disabile. Ordinando, quindi, al datore di lavoro di riconoscere in favore della ricorrente, in relazione al suocero, i benefici di cui alla L. n. 104/1992 (art. 33, 3° comma) e all’art. 42, 5° comma D.Lgs. n. 151/2001.

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