Sì all’uso di “Genitore” nelle carte d’identità dei minori al posto di “Padre” e “Madre”

La Corte di Cassazione ha recentemente rigettato il ricorso presentato dal Ministero dell’Interno, confermando la possibilità di utilizzare la dicitura “genitore” al posto di “madre” e “padre” nei documenti d’identità dei minori appartenenti a famiglie composte da due persone dello stesso sesso. La sentenza, identificata con il numero 9216/2025, arriva al termine di un lungo percorso giudiziario che ha visto contrapposti il Viminale e le amministrazioni comunali, con il coinvolgimento delle corti di primo e secondo grado.
Il nodo del decreto ministeriale
La vicenda origina dall’applicazione di un decreto ministeriale del 2019, noto come “decreto Salvini”, che aveva ripristinato l’indicazione di “madre” e “padre” nei documenti anagrafici, in luogo della dicitura generica precedentemente introdotta nel 2015. La Corte d’Appello di Roma aveva successivamente accolto l’istanza di una coppia di donne, autorizzando la disapplicazione di tale norma. La decisione della Cassazione conferma l’orientamento dei giudici di merito.
Il principio della non discriminazione
Secondo la Suprema Corte, l’applicazione della normativa contestata comporta effetti discriminatori nei confronti del minore, in quanto limita l’accesso a documenti validi per l’espatrio. La formulazione del Viminale, infatti, risulta non compatibile con le caratteristiche delle famiglie omogenitoriali e, in alcune situazioni, impedisce il riconoscimento legale dell’identità familiare del bambino. La Cassazione osserva che tale assetto produce conseguenze “irragionevoli e discriminatorie”.