Sharenting, quando i genitori mettono a rischio i figli sui social. Cresce il movimento che chiede una legge per bloccare questa moda
Negli ultimi tempi, si è acceso un dibattito, soprattutto negli Stati Uniti, sulla necessità di tutelare i minori sui social media.
Molti genitori, spesso inconsapevolmente, condividono foto e video dei propri figli, documentando ogni momento della loro vita, dalle ecografie del feto alle vacanze al mare, in un fenomeno noto come “sharenting”. Questo termine, unione di “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità), evidenzia la crescente tendenza a rendere pubblici i momenti privati dei bambini.
Le preoccupazioni legate allo sharenting sono molteplici. Innanzitutto, la privacy dei minori viene spesso ignorata. I genitori, pubblicando immagini dei figli, non considerano che queste diventano di dominio pubblico, potenzialmente accessibili a chiunque, compresi malintenzionati. Si stima infatti che gran parte del materiale pedopornografico online provenga proprio dai profili social di genitori ignari. Report di organizzazioni come Meter in Italia e la e-Safety Commission in Australia evidenziano la gravità del problema, con migliaia di casi legati allo sfruttamento di immagini di minori online.
Inoltre, lo sharenting può avere ripercussioni psicologiche sui bambini. Crescere con un’esposizione costante sui social può influenzare la loro percezione di sé e la costruzione della propria identità. La Francia, consapevole di questi rischi, ha approvato una legge che limita l’esposizione dei minori online, riconoscendo loro il diritto di decidere della propria immagine una volta cresciuti.
In Italia, la social media strategist Serena Mazzini, insieme ad alcuni deputati, ha presentato una proposta di legge per tutelare l’intimità dei minori. Tuttavia, la strada verso una reale presa di coscienza e una riforma concreta è ancora lunga. Molti influencer, per i quali i figli rappresentano una fonte di guadagno, e molti genitori, attratti dalla gratificazione dei “like”, faticano a rinunciare alla condivisione online dei propri bambini.
È necessario un cambio di mentalità: la vita dei minori non è un contenuto da condividere a cuor leggero. La protezione della loro privacy e del loro benessere deve essere prioritaria, anche a costo di rinunciare a qualche “mi piace” sui social.