Sette anni senza Tullio De Mauro. Quando disse: “Istruzione e cultura, prerequisiti per una vita civile migliore”. Il ruolo chiave della scuola

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Sette anni fa moriva Tullio De Mauro, uno dei più grandi linguisti, figura di riferimento per la comprensione della lingua e della società italiana, ministro della Pubblica Istruzione nei primi anni Duemila.

Autore di opere monumentali come il Grande dizionario italiano dell’uso e la Storia linguistica dell’Italia unita, De Mauro ha lasciato un segno indelebile nel panorama culturale del Paese. La sua eredità intellettuale continua a ispirare riflessioni profonde sul ruolo del linguaggio nella formazione degli individui e nella vita civile.

Le parole a “schiovere”: un’eredità da custodire

De Mauro, in un’intervista rilasciata a Internazionale nel 2014, metteva in guardia contro l’uso superficiale delle parole, un fenomeno che definiva, con un’espressione napoletana, “a schiovere”. “Usano le parole un po’ a vuoto, ecco, come viene viene, per fare impressione“, affermava il linguista, sottolineando la tendenza a privilegiare l’apparenza rispetto alla sostanza. Secondo De Mauro, la scuola ha il compito di fornire gli strumenti per un uso consapevole del linguaggio, favorendo una maggiore chiarezza e precisione nella comunicazione.

Istruzione e cultura: pilastri di una società migliore

De Mauro sosteneva l’importanza di un alto livello di istruzione e cultura come base per una società più consapevole e responsabile. “Un alto livello di possesso della cultura intellettuale è una condizione necessaria, ma non sufficiente”, precisava, ricordando come anche nazioni con una forte tradizione culturale siano state protagoniste di eventi drammatici. La scuola, dunque, deve promuovere non solo la conoscenza, ma anche la volontà e la capacità pratica degli individui, contribuendo alla costruzione di una vita civile più solida e virtuosa.

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