“Serve una scuola europea che agevoli la mobilità di bambini e ragazzi fra i Paesi dell’UE. Seguire l’esempio dell’Università”. La proposta del rettore della Bocconi

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“L’Unione non ha fatto, però, ancora abbastanza per chi si affaccia al mondo, per i bambini, per le future generazioni, che non hanno diritto di voto. L’integrazione europea non ha praticamente toccato la scuola”.

Lo dice il Rettore dell’Università Bocconi, Francesco Billari, nel suo intervento su La Repubblica in cui riflette sulle prospettive di integrazione e condivisione culturale per gli studenti italiani con quelli dell’Unione.

Non esiste un sistema scolastico europeo – prosegue Billari – che agevoli la mobilità dei bambini e dei ragazzi tra Paesi dell’Ue quando si spostano con i loro genitori, né gli “scambi” per chi è verso la fine degli studi medi superiori. Vi è un esempio virtuoso ma circoscritto: le “Scuole Europee”, progettate per i figli dei funzionari dell’Unione Europea. In Italia ne esiste solo una, a Varese“. 

Anche per la complessità e per il costo di queste scuole – osserva -, si tratta di un caso utile quanto poco scalabile. Serve qualcosa di più inclusivo e ambizioso: la possibilità di accedere a un’istruzione europea, internazionale, dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado, indipendentemente dalle possibilità economiche dei genitori“.

Infatti, per adesso la “scuola internazionale oggi è appannaggio di coloro che possono permettersi le rette delle istituzioni private, anche se esistono esperimenti pubblici come nel Land di Berlino. L’Ue dovrebbe agevolare, anche finanziando esplicitamente istituzioni e fornendo borse di studio, la costituzione di scuole pubbliche con approccio europeo in ogni Paese“.

Come si è fatto in modo vantaggioso per il sistema universitario, occorre spingere ad una maggiore integrazione tra le scuole nazionali. Oltre a dare benefici per le future generazioni, questo rinforzerà anche i pilastri tradizionali dell’Unione“, conclude Billari.

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