“Senza cellulari e con diario cartaceo più attenzione e sviluppo manualità”. INTERVISTA a Giusi Toto
Il Ministro Valditara ha annunciato il divieto di utilizzo dei cellulari, anche a livello educativo, fino alla scuola secondaria di primo grado, di conseguenza come cambia l’approccio educativo con un accesso limitato al digitale? Ne abbiamo parlato con la Professoressa Giusi Toto, Docente ordinaria di Didattica e Pedagogia Speciale presso l’Università di Foggia, coordinatrice del Learning Science hub e delegata del Rettore alla Formazione Insegnanti e Formazione continua.
Professoressa Toto, dal prossimo anno scolastico via ai cellulari e ritorno al diario cartaceo, con conseguente forte riduzione dell’accesso al registro elettronico per gli alunni. Cosa cambia per i docenti?
L’eliminazione dell’uso dei cellulari ed il ritorno al diario ed al registro cartacei apporteranno numerosi cambiamenti nel contesto educativo, con implicazioni sia positive che negative per i docenti. Tutti i fenomeni, come sempre, hanno un duplice punto di vista e in questo caso sono più o meno gli stessi di quando è nato il dibattito sull’uso delle tecnologie a scuola. Anche all’ora si evidenziavano degli effetti positivi per quanto riguarda gli apprendimenti ma c’erano anche degli effetti negativi legati all’attenzione, all’uso delle tecnologie durante lo studio, alla distrazione e all’allontanamento dalla socialità. In un certo senso l’assenza dei dispositivi digitali può incidere su quegli elementi che creavano difficoltà nell’apprendimento, come appunto l’attenzione, la concentrazione sul compito o anche semplicemente la socialità tra gli alunni, quest’ultimo aspetto maggiormente mancato e sottolineato durante il periodo del Covid.
Poi ci sono effetti meno dirompenti, meno sotto gli occhi di tutti, che sono legati allo sviluppo cognitivo e motorio dei bambini o alle competenze di scrittura e manualità per cui l’uso delle tecnologie digitali possono avere dei riscontri e degli effetti, anche se però, come sappiamo, non è possibile staccare bambini e adolescenti dal contesto in cui vivono, che è un contesto digitale e digitalizzato, e la scuola non può scollegarsi da questo tipo di ambiente che ci circonda.
Ormai l’integrazione con le tecnologie digitali è all’ordine del giorno, anche se sembra quasi che si voglia riportare all’ambito dell’intrattenimento l’uso del digitale e degli strumenti, ma questo ormai non è più possibile, perché è un dato di fatto che lo stesso Ministero, senza entrare nel merito della qualità e dei contenuti, per la formazione iniziale degli insegnanti, utilizzi la didattica digitale e la didattica a distanza come canali di formazione, quindi se ha un’efficacia in termini d’apprendimento l’uso del digitale nella didattica perché poi non utilizzare questi strumenti digitali all’interno delle lezioni. Inoltre un’altra grossa preoccupazione dei docenti, soprattutto di quelli di sostegno, è quella di privare i ragazzi che vengono definiti BES dal beneficio derivante dagli strumenti digitali.
Come lei sa ho uno sguardo privilegiato sull’inclusione e sul mondo della disabilità e le posso dire che oggi tanti insegnanti di sostegno utilizzano App didattiche e strumenti digitali che sono un utile supporto all’insegnamento sia a casa che a distanza, come può accadere per quei ragazzi che per un periodo non possono accedere a scuola perché magari sono allettati in ospedale o che semplicemente hanno difficoltà di apprendimento. Quindi ridurre o provare a ritornare ad un periodo in cui le tecnologie digitali, ed in particolari i cellulari, non erano usati nella prassi didattica diventa un po’ un’operazione anacronistica.
Il cellulare ormai è uno strumento all’ordine del giorno, lo utilizziamo anche all’università, ma dobbiamo tutti, anche i docenti universitari, sforzarci di insegnarne un corretto uso. Non possiamo stare 24 ore su 24 incollati ad uno schermo, nell’università e nelle scuole secondarie di primo e secondo grado dobbiamo insegnare la concentrazione, la socialità e la condivisione dei contenuti, ma allo steso tempo non possiamo eliminare questo strumento e non dobbiamo barricarci su posizioni troppo rigide rispetto all’una o all’altra scelta.
Per il Ministro Valditara questo divieto non implica l’esclusione del digitale a scuola che anzi vedrà una spinta maggiore grazie all’intelligenza artificiale. A tal proposito le chiedo se non è limitante il divieto di utilizzo dei dispositivi personali per l’accesso alla rete.
Limitare l’uso dei dispositivi personali, perché è di questo che si parla in classe, può sicuramente aiutare a ridurre le distrazioni, può migliorare la concentrazione degli studenti e creare, grazie all’abilità dell’insegnante, un ambiente maggiormente focalizzato. In questo contesto le scuole possono investire in tecnologie centralizzate come l’uso di computer, tablet e piattaforme educative che permettono un uso controllato e finalizzato della tecnologia digitale, che è quella verso la quale il Ministro vorrebbe mirare, però dobbiamo anche fare i conti con dei contesti scolastici che a volte non hanno queste possibilità.
Anche se la digitalizzazione nelle scuole dal Covid e con i fondi del PNRR ha avuto un grosso impulso e fatto un grosso passo in avanti, tuttavia tanti insegnanti ci dicono che non hanno la possibilità di avere una strumentazione a volte al passo con i tempi o dei software legati a piattaforme che necessitano di abbonamenti e aggiornamenti, la scuola non ha la disponibilità di poter avere dei software e delle esercitazioni al passo con i tempi anche se agli studenti piacciono molto.
Questo per dire che non sempre la teoria segue la pratica, l’uso di App gratuite o di cellulari personali, che magari possono essere gli unici strumenti digitali ad essere presenti nelle classi, non è un limite, ma può essere addirittura un vantaggio e favorire una maggiore concentrazione. Poi l’integrazione con l’intelligenza artificiale è tutto un campo di nuova conquista, può rappresentare un’opportunità significativa perché possiamo personalizzare l’apprendimento ancora di più di internet e del web. Sono convinta che tra qualche anno vedremo questi giorni con lo stesso sguardo con cui vediamo oggi il periodo dell’inizio degli anni 2000, quando come docenti, e all’epoca ero docente della scuola secondaria di primo grado, ci interrogavamo se gli studenti dovessero utilizzare internet e se internet era uno strumento da dover integrare con i compiti a casa. Oggi ormai non ci facciamo più questo tipo di domande ma integriamo la tecnologia di internet, come ad esempio wikipidia, a tutte quelle che sono le esercitazioni che facciamo fare a casa.
L’intelligenza artificiale e il relativo dibattito scolastico oggi è ancora fermo a fatto di utilizzarla o non nella prassi didattica, tra qualche anno vedremo che diventerà uno strumento a disposizione degli insegnanti per la pratica didattica e quindi non ci focalizzeremo più sull’uso o non uso, ma su come utilizzarlo all’interno della scuola. Tuttavia l’uso indiscriminato di dispositivi digitali a scuola può creare disparità tra gli studenti, in quanto non tutti hanno accesso a dispositivi di qualità e ad una connessione internet stabile, sembra che sto parlando di fantascienza ma in realtà non tutto il contesto italiano è stato ancora raggiunto da strumentazioni digitali e rete che sono disponibile in tutte le scuole e aree d’Italia, quindi la scuola che permette di dare a tutti gli studenti le stesse possibilità diventa un vantaggio sociale sia in termini di dispositivi, di software e di intelligenza artificiale e magari possiamo addestrare e insegnare agli studenti anche a queste nuove forme di comunicazione.
Realtà Aumentata, Realtà Virtuale e Metaverso, tre modalità per avere un approccio tridimensionale all’educazione, ora però possibile solo nei laboratori attrezzati. A tal proposito la vostra Università da tempo è impegnata nelle ricerche in questo ambito, ci aiuta a comprendere meglio questa realtà?
Durante un incontro con le scuole, in cui è stato presentato il volume che racchiude la ricerca sul Metaverso, ci hanno raccontato che molte scuole hanno difficoltà anche ad acquistare dei semplici visori che però ti permettono di utilizzare piattaforme già realizzate per svolgere delle simulazioni di apprendimento, o acquistare strumenti per allestire delle aule di realtà virtuale o di realtà aumentata dove condurre attività di insegnamento e apprendimento. Basta immaginare che nella nostra città di Foggia, dove ci sono tantissime scuole, c’è solo una scuola che ha un’aula attrezzata per le realtà virtuale e aumentata per l’apprendimento.
È vero che i temi dell’educazione e della ricerca in ambito educativo si stanno indirizzando oltre i limiti della lezione tradizionale, ma non sempre i contesti sono pronti per accogliere queste nuove realtà. La realtà aumentata arricchisce il mondo reale con elementi digitali visibili attraverso dispositivi come smartphone, tablet o visori, in ambito educativo, inoltre la realtà aumentata permette di integrare materiali didattici con contenuti interattivi, con modelli tridimensionali, come i modelli anatomici o le mappe storiche animate oppure le simulazioni scientifiche.
Questo rende l’apprendimento più coinvolgente ed efficace perché facilita la comprensione anche di contenuti complessi. È come quando, passatemi il termine, noi vediamo la spiegazione di un concetto complesso di fisica attraverso un esempio concreto o un esperimento dove lo studente può interagire con quei contenuti educativi e quindi li apprende in maniera tangibile, dinamica e visibile. Invece la realtà virtuale crea degli ambienti di apprendimento completamente immersivi dove l’utente è vero che è isolato dal mondo reale, però ti permette di interagire direttamente con il contenuto stesso.
Il fine dell’educazione dovrebbe essere quello poi di ricontestualizzare queste competenze, rielaborarle e portarle nel contesto reale, altrimenti si crea uno scollamento con la realtà. Le preoccupazioni esistono e sono reali, ma con un adeguato corpo docente che indirizzi questo tipo di acquisizione di contenuto possiamo orientarla verso obiettivi molto più alti. Questi strumenti ci permettono di aumentare la motivazione negli studenti e anche la loro creatività. Se ben indirizzati possiamo far sviluppare anche quello che comunemente chiamiamo pensiero critico, che è uno degli obiettivi della didattica ma che tante volte gli insegnanti ci dicono che è difficile da raggiungere.
Possiamo far viaggiare gli studenti attraverso le civiltà, la storia, lo spazio e gli ecosistemi, sono tutte attività che nella didattica raccontata o della lezione frontale non riusciamo a fare e soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado possiamo raggiungere un apprendimento esperienziale dove gli studenti possono vivere le lezioni in prima persona ed essere co-costruttori del sapere, perché un pezzetto alla volta nei mondi virtuali e nel Metaverso lo studente può combinare elementi di contenuto per creare appunto contenuti che riguardano il proprio bagaglio culturale. Il sapere e i contenuti è vero che sono costruiti dal soggetto, e questo avviene anche leggendo un libro, ma lì lo vedi anche sotto i tuoi occhi, vedi contenuti che si concretizzano e si materializzano e l’apprendimento diventa più divertente e più facilmente accessibile ed inclusivo.
Un’ultima domanda, una delle motivazioni a spingere verso il divieto dell’uso dei cellulari è legato al problema dell’attenzione e della concentrazione. Siamo sicuri che sia sufficiente questo divieto o è necessario un lavoro sin dalla tenera età per allenare i processi attentivi?
Questo divieto, come ho già detto, sicuramente può contribuire a migliorare l’attenzione e la concentrazione degli studenti, perché riducono delle distrazioni immediate derivanti dall’uso di dispositivi digitali, tuttavia, però, ritengo che questa misura da sola non sia sufficiente per affrontare in modo completo i problemi dell’attenzione e della concentrazione. È fondamentale un approccio educativo che inizi sin dalla tenera età e che miri ad allenare i processi attentivi, a sviluppare una gestione consapevole della tecnologia ma anche un po’ di tutti gli strumenti che possono anche essere quelli ludici della scuola dell’infanzia o della scuola primaria e quindi richiede un’implementazione ed uno sforzo pedagogico da parte degli insegnanti che devono appunto trasmettere agli studenti e ai bambini delle competenze di autoregolazione, di focalizzarsi sul compito, di gestire lo stress e le distrazioni e di mantenere l’attenzione per tempi prolungati.
L’educazione alla gestione dell’attenzione, se vogliamo definire così questa soft skill, deve essere integrata al curriculum scolastico attraverso attività mirate che possono essere giochi o pratiche, se gli studenti sono un po’ più adulti. Possiamo sottoporre agli studenti esercizi di memoria, che si facevano fin dai tempi dell’antica Grecia o dei romani, oppure giochi di strategia come strumenti utili per sviluppare competenze. È molto facile e molto efficace nella formazione degli adulti creare momenti in cui l’attenzione viene messa alla prova e poi svilupparla con esercitazioni sempre più complesse. Dunque sebbene il divieto dell’uso del cellulare possa rappresentare un passo verso questa riduzione, però un approccio e un’attività più organica che inizi fin dalla tenera età e che coinvolga insegnanti, genitori e studenti può aiutare i ragazzi ad allenare l’attenzione o anche a sviluppare competenze di concentrazione e di gestione del tempo e dello studio in modo più efficace.