Sentenza Corte europea. Sarà valanga ricorsi, anche chi è già in ruolo. Giannini “non cambierà nulla”

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Devo fare ricorso per essere assunto? E' il quesito più ricorrente dopo la sentenza europea che condanna l'Italia dall'abuso dei contratti a tempo determinato senza la previsione di modalità certe per il reclutamento. Ministero getta acqua sul fuoco, i sindacati scaldano i motori per l'avvio dei ricorsi. Un nuovo strappo che sarà valanga di ricorsi.

Devo fare ricorso per essere assunto? E' il quesito più ricorrente dopo la sentenza europea che condanna l'Italia dall'abuso dei contratti a tempo determinato senza la previsione di modalità certe per il reclutamento. Ministero getta acqua sul fuoco, i sindacati scaldano i motori per l'avvio dei ricorsi. Un nuovo strappo che sarà valanga di ricorsi.

Dopo due giorni dalla sentenza della Corte di giustizia europea che ha condannato l'Italia per aver reiterato per più di tre anni i contratti a tempo determinato ai docenti precari, c'è già scontro nell'aria, nelle dichiarazioni dei protagonisti, mentre i precari sono in attesa di un segnale.

La sentenza non intacca il piano previsto nelle linee guida "La Buona scuola" che prevede l'assunzione di 150mila docenti e non sarà necessario per chi ci rientra fare ricorso. Precisazione doverosa a seguito delle numerose richieste di chiarimento da parte dei docenti inviate in redazione.

Il Ministro Giannini, però, è stato chiaro, non ci sarà allargamento di assunzioni, i posti cui fa riferimento la sentenza sono quelli "vacanti e disponibili", bastano le 150mila immissioni in ruolo, nulla di sconvolgente. Il resto lo faranno i concorsi biennali.

Ma sindacati e associazioni non concordano e stanno già affilando le armi.

La Gilda ieri ha inviato una diffida al Ministero perché venga applicata la sentenza entro 30 giorni. Abbiamo raggiunto per telefono il Coordinatore Di Meglio, il quale si è detto stupito che un Ministro che vuole abolire l'organico di fatto sostenga che gli unici posti disponibili sono quelli dell'organico di diritto. In realtà, afferma Di Meglio, i requisiti cui fa riferimento la sentenza per accedere al ruolo sono chiari: contratti a termine per periodi superiori a 36 mesi. "In realtà – ci dice – neppure il Ministro sa quanti sono i beneficiari, ci vuole un censimento".

La FLCGIL di Domenico Pantaleo e la UIL di Massimo Di Menna ritengono che la strada più giusta sarebbe di promulgare provvedimenti di urgenza che autorizzino l'immissione in ruolo di tutti i docenti in II fascia.

In prima linea sulla questione anche l'ANIEF che oggi ha chiesto che la sentenza venga applicata a tutto il pubblico impiego. Per quanto riguarda la questione dei docenti precari, il Presidente Pacifico ritiene che "il Ministro dovrà comunque rassegnarsi ad affrontare le migliaia di contenziosi che si apriranno dopo la sentenza, e certamente sarà necessario rivedere il piano di assunzioni previsto dalla Buona Scuola aggiungendo 60000 posti almeno per la docenza e 30000 per le posizioni Ata”. Anche se l'ANIEF ritiene che per quanto riguarda i contratti al 30 giugno, gli interessati dovranno presentare un modello, rilasciato dalla scuola, che conferma che non esistevano ragioni sostitutive.

La sentenza, inoltre, confer‎merà le decisioni dei giudici di appello sul pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato o preruolo, quasi 12.000 euro per dieci anni. Una sommetta non indifferente che rischia di pesare gravemente sulle casse dello Stato. C'è da considerare che possono fare ricorso anche coloro che sono già in ruolo, ma che sarebbero rientrati nei criteri dei 36 mesi di supplenze, così come coloro che entreranno a breve in ruolo grazie al piano di assunzioni, dato che si possono recuperare gli scatti stipendiali.

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Il Ministro ha già fatto sapere che il suo compito è esclusivamente politico e che l'avvio di contenziosi non appartiene alla sua sfera.

Insomma, si prefigura una bella battaglia, prima politica, quindi giudiziaria. Di una cosa siamo certi, ci sarà una valanga di ricorsi. D'altronde, lo stesso Ministro ha dichiarato a Repubblica.it che "non c'è provvedimento del Ministero dell'istruzione che non sia stato impugnato davanti ai giudici": perché interrompere la tradizione?

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