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Secondo lavoro, se ci sono dubbi su compatibilità con docenza bisogna informare il dirigente. Rischio restituzione stipendi

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Una interessante sentenza della Corte dei Conti affronta la questione dell’incompatibilità per il personale scolastico nella scuola affermando principi che si ritengono di interesse comune in ordine ad una problematica abbastanza diffusa e che può determinare pesanti condanne.

Il fatto

La Sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna, con la sentenza in epigrafe, si è pronunciata in ordine all’azione di danno proposta in confronto di un’assistente amministrativo condannandolo al pagamento, a favore del Ministero dell’Istruzione, di una somma importante. La fattispecie riguardava una vicenda di responsabilità amministrativa accertata in relazione al danno erariale, derivante dalla violazione del divieto di svolgere attività incompatibili, consistito nella violazione dell’obbligo di riversamento del compenso percepito per lo svolgimento di attività professionali di amministrazione condominiale e gestione immobiliare”. La ricorrente ha proposto delle difese articolate contestando una pluralità di punti ma i giudici hanno in sostanza confermato la condanna con la sentenza 238/2020 .

Il compenso percepito per incarichi incompatibili deve essere restituito

“L’art. 53, comma settimo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede che i dipendenti pubblici non possano svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Il comma settimo bis, aggiunto dall’art. 1, quarantaduesimo comma, lett. d) della legge 6 novembre 2012, n. 190, stabilisce, inoltre, che l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.

Si deve tutelare il dovere di esclusività

“La ratio della disposizione che si considera risiede nell’esigenza di tutelare l’interesse pubblico specifico al rispetto del dovere di esclusività del dipendente pubblico al di fuori delle ipotesi tipicamente ed espressamente stabilite e salvo autorizzazione, interesse il quale non è pertanto circoscritto alle manifestazioni ed alle condotte riconducibili al perimetro del corretto adempimento del rapporto di lavoro o di servizio con l’amministrazione di appartenenza. L’esigenza è garantita attraverso la previsione del dovere del dipendente di richiedere l’autorizzazione all’amministrazione, al fine di consentire a quest’ultima il controllo circa la compatibilità dell’incarico extraistituzionale con l’incarico principale, sotto il profilo dell’esclusione di possibili conflitti di interesse e dell’adeguatezza delle energie lavorative destinate al rapporto di lavoro pubblico che ne consentano il proficuo svolgimento”.

In caso di incompatibilità assoluta vanno restituite integralmente le somme percepite

“Dal punto di vista del danno cagionato, va altresì rilevato che, in relazione all’attività estranea, l’interessata versava in una situazione di incompatibilità assoluta, presa in considerazione dall’art. 60 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 gennaio 1957, n. 3, la sola atta a determinare l’integrale risarcibilità delle somme percepite per effetto degli incarichi vietati (cfr., anche art. 53, comma settimo bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – aggiunto dall’art. 1, quarantaduesimo comma, della legge n. 190 del 2012). L’attività svolta, infatti, indubbiamente retribuita, ricade sotto la previsione del ricordato art. 60, atteso che è consistita nell’esercizio del commercio, in ragione della posizione rivestita a titolo continuativo di amministratore di condomìni o di gestore di unità immobiliari”.

L’omessa richiesta di autorizzazione a svolgere l’attività e la decorrenza della prescrizione

“Ne consegue, in definitiva, che l’inadempimento dell’obbligo di richiedere l’autorizzazione allo
svolgimento degli incarichi esterni dà consistenza ad un occultamento doloso del danno, atto ad impedire il decorso del termine di prescrizione a norma dell’art. 1, secondo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20. svolgimento degli incarichi oggetto della domanda risarcitoria”.

Se ci sono dubbi sulla compatibilità dell’attività è dovere del personale informare il DS

“Il profilo di colpevolezza accertata va condiviso; d’altra parte, qualora fossero insorti dubbi in ordine alla compatibilità – o ad eventuali limitazioni – tra l’impiego pubblico e l’attività extraistituzionale, l’interessata avrebbe dovuto provvedere ad informare il dirigente scolastico, laddove l’ipotetico errore circa la natura dell’attività esercitata avrebbe avuto, semmai, riguardo al solo profilo di riconducibilità al divieto di svolgere l’attività extraistituzionale, non già alla volontarietà dell’azione; sicché non avrebbe potuto essere esclusa l’imputabilità a titolo di dolo”.

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