Se svolgo attività criminose durante le tue ore di lavoro a scuola, devo risarcire l’amministrazione per disservizio? Ecco cosa hanno detto i giudici

Un collaboratore scolastico veniva licenziato in relazione ad una condanna penale subita per dei reati compiuti durante lo svolgimento della propria attività lavorativa. Agiva la procura contabile per chiedere il danno all’immagine e alla identità, il danno da lesione del nesso sinallagmatico, il danno da disservizio.
La questione
Un CS veniva licenziato per essere stato riconosciuto colpevole di delitti contro la libertà personale nei confronti di diversi minori frequentanti la scuola dove svolgeva le mansioni di collaboratore scolastico. Il requirente ha riferito che la notizia di danno era costituita dalla nota con la quale il dirigente dell’Ufficio scolastico regionale informava la Procura della sentenza con la quale era stata confermata la condanna per i fatti in questione. A conclusione del procedimento disciplinare, attivato e poi sospeso in attesa della definizione del processo penale,veniva dunque irrogata la sanzione del licenziamento senza preavviso, risultando inoltre pendente un giudizio civile “per il risarcimento dei danni/pregiudizi di natura non patrimoniale patiti conseguenti alle condotte delittuose”. Si pronuncia la Corte dei conti del Molise con la sentenza n° 8 del 2024
Se durante l’attività lavorativa si compiono reati va risarcito il danno alla PA
Il giudizio penale ha accertato che, per una parte del tempo che avrebbe dovuto dedicare allo svolgimento dei suoi compiti di bidello, si è invece dedicato a tutt’altro genere di attività, per giunta criminose e lesive proprio dell’utenza della quale avrebbe dovuto diligentemente occuparsi. Ritiene il Collegio che indirizzare il proprio impegno lavorativo verso fini contrari a quelli istituzionali pregiudica anche la qualità complessiva della prestazione, rendendo ingiustificata la retribuzione non solo per il tempo strettamente necessario al compimento delle attività criminose. In base a questo canone valutativo, conclude la Corte, è irrilevante la circostanza, evidenziata nelle tesi difensive, che il convenuto abbia o meno conseguito un vantaggio patrimoniale dall’impiego criminale delle energie sottratte al lavoro. Condannandolo, pertanto, per tale specifica voce, ad un risarcimento del danno, accogliendosi solo parzialmente le richieste della procura.