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Se il lavoratore si trasferisce di regione, il procedimento disciplinare da chi va gestito?

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La Corte d’Appello dì Palermo ha respinto il gravame proposto da una docente avverso la sentenza del Tribunale di primo grado che aveva rigettato il ricorso volto ad ottenere, nei confronti del MIUR e della scuola, l’annullamento della sanzione disciplinare della destituzione. La Cassazione Civile Sent. 11634/2021 tratta varie questioni su tale contenzioso ma ci soffermiamo su quella della competenza ad adottare il procedimenti disciplinare nel caso di trasferimento del lavoratore.

Quale l’ufficio competente a sanzionare nel caso si cambi regione?

La docente sosteneva l’incompetenza dell’Ufficio irrogante la sanzione. Nel fatto in questione per i giudici era pacifico che le condotte poi sanzionate (falsificazione di certificati medici per giustificare le assenze dal servizio) siano state poste in essere quando la ricorrente lavorava in una regione diversa. Essa successivamente si è trasferita a lavorare in una diversa regione successivamente a tale trasferimento è stata inoltrata nei suoi confronti la contestazione disciplinare, a cura del Dirigente Scolastico dell’ultima provincia dove si trasferiva. Secondo la Corte territoriale, competente per l’irrogazione della sanzione era il Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale della sede di servizio della lavoratrice al momento della contestazione, così come già ritenuto dal giudice di primo grado, attraverso il richiamo all’art. 503, co. 1, lett. b) d. Igs. 297/1994. La ricorrente sottolinea tuttavia come l’art. 503 cit., così come il CCNL di comparto, pur prevedendo la competenza del Dirigente e del Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, non precisano se il riferimento vada alla regione ove la lavoratrice operava nel momento in cui fu posto in essere l’illecito o quella il cui essa prestava servizio al momento della contestazione e dello svolgimento del procedimento disciplinare. Secondo la ricorrente, a fronte di tale incertezza, i giudici di appello non avrebbero motivato compiutamente le ragioni del raggiunto convincimento giuridico, da essa comunque ritenuto errato. Questa Corte ha in effetti già ritenuto che «in materia di pubblico impiego contrattualizzato, la competenza ad avviare e concludere il procedimento disciplinare, nella vigenza dell’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001 (anteriormente all’aggiunta dell’art. 55-bis ad opera del d.lgs. n. 150 del 2009), è dell’ufficio per i procedimenti disciplinari del luogo, ossia della sede lavorativa, dove il lavoratore prestava servizio quando i fatti, come conosciuti dall’amministrazione, hanno assunto evidenza disciplinare, senza che rilevi il successivo trasferimento del lavoratore medesimo ad altra sede appartenente alla stessa P.A., ancorché gravante nella sfera di competenza di altro ufficio disciplinare» (Cass. 21 febbraio 2017, n. 4447).

In caso di differimento della contestazione per esito del giudizio penale di chi è la competenza?

Nell’ipotesi in cui vi sia stato il differimento della contestazione disciplinare all’esito del giudizio penale, affermano i magistrati, la notizia che assume effettiva rilevanza, a fini decadenziali come anche poi di competenza, non può non essere quella che si rende disponibile dall’esito definitivo di tale processo, in quanto è dagli accertamenti del processo penale che deriva, in tali casi, l’effettiva consistenza e fondatezza dei fatti da addebitare. Pertanto, tenuto conto che le misure sono destinate ad incidere su un rapporto di lavoro ormai in corso presso quella diversa sede e del fatto che il procedimento disciplinare coinvolge anche il lavoratore ivi presente, non vi è alcuna ragione per ritenere che la contestazione debba radicarsi territorialmente, in tali casi, presso gli uffici ove erano state poste in essere le condotte illecite e non presso quelli territorialmente pertinenti al luogo ove nel frattempo il lavoratore si sia trasferito a prestare servizio per il medesimo datore pubblico.

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