“Se dinnanzi a me avessi il Ministro dell’Istruzione gli farei sapere che la scuola ha bisogno di docenti che …”

Ha presentato nei giorni scorsi il proprio libro “Insegnare senza farsi male” al Salone internazionale di Torino. E ha lasciato che ad aprire la discussione, davanti a un centinaio di docenti, fossero i suoi alunni di quinta. Dal dibattito sono emersi interessanti spunti di discussione per la comunità scolastica ma anche per chi si occupa di scuole e di formazione.
Il professor Gaetano Cotena, psicoterapeuta, docente di Psicologia Clinica e Abilità relazionali presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Brescia e docente di Scienze Umane presso il Liceo G. Galilei di Ostiglia, in provincia di Mantova. Cotena si occupa da molti anni di formazione relazione ed emotiva per i docenti di ogni ordine e grado di scuola. Nei giorni scorsi è intervenuto presso il Salone Internazionale del libro di Torino per parlare degli attacchi di panico a scuola, della loro prevenzione e della necessità che il docente, soprattutto in questa fase di disagio emotivo crescente tra i giovani, rappresenti per il bambino e per l’adolescente un adulto stabile di riferimento, presenza fondamentale per la gestione dell’ansia e l’interiorizzazione di un dialogo interno rassicurante. Cotena ha nell’occasione presentato il suo libro “Insegnare senza farsi male” (UTET, 2021), di cui è autore, nel corso di una conferenza tenuta da lui e dalla professoressa Federica Setti, docente di filosofia e insegnante di sostegno della classe 5U del Liceo Galilei, i cui studenti hanno partecipato come relatori. “Gli studenti della classe 5U hanno parlato in modo adulto e autentico – ci spiega il professor Cotena – raccontando le loro esperienze tra i banchi di scuola, prima come bambini e poi come adolescenti, delineando, con chiarezza e consapevolezza, criticità e bisogni della dimensione scolastica oggi. Di fronte ad un centinaio di persone tra il pubblico, tra cui numerosi docenti, la 5U ha coraggiosamente condiviso alcune riflessioni già emerse in classe durante le ore di Scienze Umane”.
Mi sono sentito amato, valorizzato, stimato quando un docente ha detto o fatto… E ancora: “Mi sono sentito svalutato, mi sono ritirato, ho smesso di studiare una disciplina quando un docente ha detto o fatto…”; “Se dinnanzi a me avessi il Ministro dell’Istruzione gli farei sapere che la scuola ha bisogno di docenti che sappiano e facciano…”. Questi gli spunti di riflessione rispetto ai quali gli studenti della 5U hanno esposto le proprie considerazioni, sulla base del loro vissuto e delle loro esperienze scolastiche. Proprio queste ultime, in virtù delle loro autenticità e concretezza, hanno catturato l’attenzione dell’intera sala che, più volte, con interventi e riflessioni, ha partecipato attivamente all’incontro.
Professor Cotena, come nasce questa iniziativa?
“Io penso che della scuola debbano parlare i protagonisti e quindi soprattutto gli studenti. Per questo motivo ho deciso di far partecipare tutti gli studenti della 5 U del Liceo delle Scienze umane Galilei di Ostiglia in questa presentazione del libro dando loro la parola. Prima di intervenire alla presentazione avevo chiesto loro di soffermarsi a riflettere su tre aspetti della relazione educativa con i docenti che hanno incontrato dall’infanzia alle scuole superiori. A questa presentazione ho voluto avere con me, oltre agli studenti della classe 5U, anche la professoressa Setti, insegnante di sostegno e docente di filosofia che quest’anno è stata insegnante di sostegno durante le mie ore di Scienze umane in questa classe. La professoressa ha quindi vissuto insieme a me e alla classe momenti di condivisione e intimità emotiva con gli studenti, aspetto secondo me necessario affinché la scuola possa essere un luogo dove si educa alla gestione dell’emotività, all’autocontrollo e al rispetto per l’altro che può diventare così non solo un dovere ma anche un desiderio. Insieme con la professoressa Setti ho preparato tre domande alle quali gli studenti hanno poi risposto”.
Perché ha deciso di coinvolgere i suoi alunni nella presentazione del suo libro a Torino?
“Ho scelto di portare la classe al Salone del libro perché rappresenta per me l’esempio di una classe nella quale sia possibile nominare la propria emotività e nella quale sia possibile dichiarare al docente e agli altri studenti le proprie paure, le proprie ansie, i propri momenti di tristezza o di vuoto. Nominare l’emotività è il primo passo per poterla gestire, per questo per me non si può parlare di benessere a scuola senza dotare i docenti di competenze psicologiche attraverso le quali possano creare in classe una cultura di gruppo in cui ogni elemento del gruppo si senta di manifestare senza timore ma con rispetto dell’alterità i propri pensieri, le proprie convinzioni, le proprie emozioni. E’ solo in quest’ambiente che un incontro tra diversità è possibile ed è solo in un ambiente così che è possibile che la classe diventi un microcosmo nel quale potere sperimentare una convivenza tra individui diversi”.
Perché è stata importante la presenza della professoressa di sostegno di questa classe, da co-protagonista, alla presentazione del libro?
“Nel corso di queste esperienze di intimità emotiva in cui gli studenti hanno imparato a utilizzare il lessico emotivo è stato fondamentale anche la presenza della professoressa Setti alla quale ho chiesto di potere intervenire con la classe al Salone di Torino perché è stato un esempio durante quest’anno scolastico di docente capace di stare alla giusta distanza e di sintonizzarsi con i bisogni degli studenti relazionandosi con la classe quando necessario e con il singolo quando necessario. In questa preziosa esperienza, hanno accompagnato la classe anche i professori Cinzia Maietti e Santo Giuseppe Nicolosi”.
Che cosa significa stare alla giusta distanza dagli studenti?
“Significa intuire il bisogno di intervento o di vicinanza da parte dello studente e risultare capace quindi di evitare interventi invadenti che rischiano di allontanare lo studente dall’azione educativa. I nostri interventi all’interno della classe hanno sempre tenuto conto della necessità di rispondere ai bisogni degli studenti e non ad un nostro bisogno di sostituirci all’altro”.
Pensa che l’esperienza sia replicabile, in astratto?
“Quello che è accaduto quest’anno nella nostra classe rappresenta un’esperienza possibile in tutte le classi a patto che i docenti prendano veramente in carico e si occupino dell’aspetto relazionale all’interno della classe acquisendo ove necessario competenze psicologiche che lo supportino nella costruzione di un clima relazionale o un clima di classe accogliente. L’esperienza della 5U non si ferma qui perché nonostante gli studenti stiano per diplomarsi, saranno coinvolti in un progetto editoriale”.
Come si è sviluppata la discussione?
“La professoressa Setti ha introdotto l’esperienza fatta con la classe collegandola ad alcuni contenuti del mio libro, sono poi intervenuti cinque studenti della classe che hanno raccontato con coraggio e responsabilità alcune esperienze vissute nel proprio percorso scolastico. Alcune di queste esperienze hanno contribuito alla buona strutturazione della loro identità. Altri alunni della classe hanno raccontato con coraggio e consapevolezza alcune esperienze positive e negative di relazione educativa nel corso del loro percorso scolastico dall’infanzia alle superiori. Hanno anche sottolineato, in qualità di studenti di Scienze umane, la necessità di un sistema di selezione e di formazione dei docenti che valuti e formi i docenti di ogni ordine e grado di scuola sulle competenze emotive e relazionali”
La prima domanda è stata: Mi sono sentito amato, valorizzato, stimato, e ho alimentato la mia passione per una disciplina quando un docente mi ha detto o fatto…Che cosa è emerso?
“E’ venuto fuori che gli studenti si sono sentiti ascoltati e riconosciuti quando il docente ha riconosciuto le loro fatiche, quando li ha ascolti, o li ha aiutati a esternare i loro bisogni senza giudicarli”.
La seconda domanda è stata: Mi sono sentito svalutato, mi sono ritirato, mi sono sentito invaso, ho smesso di studiare quella disciplina quando un docente mi ha detto o ha fatto…
“Il tratto che ritorna nelle risposte a questa domanda è in generale il peso della svalutazione da parte dei docenti verso gli studenti”.
Che cosa vuol dire, nei fatti, svalutare un alunno?
“Non significa solo offendere un alunno. La svalutazione si annida anche quando sminuiamo la paura, l’ansia o la tristezza di un alunno o in generale di qualsiasi essere umano”.
Se dinnanzi a me avessi il Ministro dell’Istruzione gli farei sapere che la scuola ha bisogno di docenti che sappiano e facciano… Questa era la terza sollecitazione. Per gli alunni ma anche per l’intera comunità scolastica…
“Al ministro dell’istruzione i ragazzi chiedono dei docenti formati sulla gestione dell’emotività propria e dell’alunno. Docenti che siano capaci di rendere la scuola un luogo dove sia veramente possibile conciliare l’apprendimento con il benessere emotivo”.
Questo non avviene?
“A volte non avviene. Ad esempio quando il docente entra in classe e prima di chiedere agli studenti Come state? si occupa di offrire contenuti o proiettare slides. Questo accade anche quando il docente non crea in classe un clima nel quale gli studenti o gli alunni possano dichiarare il proprio disaccordo tra loro e con il docente, perché si educa al rispetto offrendosi come modello di riferimento, perché il rispetto per l’altro, più che raccontarlo, il buon docente lo fa vedere facendo vedere rispettato e valorizzato l’alunno, qualunque sia il pensiero dell’alunno stesso, anche dove vi sia un intervento da correggere, perché non ricordiamo quello che gli altri ci hanno detto con le parole ma ricordiamo soprattutto come ci hanno fatto sentire”.