Le scuole italiane in Croazia rischiano di chiudere

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Il ministero della Pubblica istruzione della Croazia  intende applicare, anche nelle scuole medie superiori minoritarie, il decreto sul numero minimo di 7 alunni per aprire una classe. Questo significherebbe la chiusura di numerose classi di italiani e l’indebolimento delle quattro scuole di questo tipo presenti sul territorio istroquarnerino (Pola, Rovigno, Buie e Fiume).

Il ministero della Pubblica istruzione della Croazia  intende applicare, anche nelle scuole medie superiori minoritarie, il decreto sul numero minimo di 7 alunni per aprire una classe. Questo significherebbe la chiusura di numerose classi di italiani e l’indebolimento delle quattro scuole di questo tipo presenti sul territorio istroquarnerino (Pola, Rovigno, Buie e Fiume).

Il deputato degli italiani al Sabor, Furio Radin, ha reagito immediatamente al decreto convocando a Zagabria una conferenza stampa straordinaria: "Se il ministero non fa marcia indietro – tuona – revocherò il mio appoggio al governo di centrosinistra del premier Zoran Milanovic". Dalla parte di Radin si sono subito schierati i deputati delle minoranze serba, ungherese, bosgnacca, ceca e rom che temono l’"assimilazione".

"Zagabria sta violando la legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali – sostiene il deputato italiano – e in particolare la delibera della Corte costituzionale del 1999, secondo cui un tale criterio limiterebbe il diritto delle minoranze alla scuola nella madre lingua e i diritti acquisiti che la Croazia si è impegnata a rispettare".

L’ex ministro all’Istruzione Zeljko Jovanovic, in occasione della sua recente visita alla scuola media superiore italiana Dante Alighieri di Pola, "aveva promesso che il decreto sarebbe stato ritirato – ricorda Radin – ma subito dopo il premier Milanovic, invece di ritirarlo ha scaricato il ministro, nominando al suo posto Vedran Mornar, che ha subito mostrato i muscoli alle minoranze".

Norma Zani, a capo del settore scuola dell’Unione italiana, afferma che "la popolazione scolastica italiana verrebbe decimata", esprimendo poi il timore che il modello possa venir introdotto anche nell’istruzione elementare e conseguenza sarebbe la chiusura delle sezioni periferiche di Momiano, Sissano, Valle, Verteneglio e Bassania.

Tutto ciò nonostante l’aiuto ricevuto dall’Italia per i notevoli investimenti nella costruzione o ricostruzione delle scuole italiane in Istria e a Fiume, facendo cosi risparmiare un sacco di soldi al governo croato che avrebbe dovuto invece provvedere da solo.

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