Scuola senza zaino, come funziona? “Classi accoglienti e condivise. Non ci sono regole imposte dall’alto così i bambini imparano ad essere autonomi” [INTERVISTA]

Il progetto Scuola Senza Zaino è fra i più interessanti esperimenti didattici degli ultimi anni. Si tratta di un modello che mette in evidenza l’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dalla premessa che dall’allestimento del setting educativo dipendono sia il modello pedagogico-didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici, si legge sul sito dedicato al progetto.
Ad Orizzonte Scuola raccontiamo l’esperienza di Scuola Senza Zaino dell’istituto Comprensivo Porto Garibaldi di Comacchio, presso Lido degli Estensi, in provincia di Ferrara. A rispondere all’intervista, il Dirigente Scolastico Gianni Luca Coppola e Nadia Vitali, Insegnante referente Scuola senza Zaino Primaria e Infanzia di Lido degli Estensi.
Da 9 anni la vostra scuola fa parte del circuito (Rete) delle scuole Senza Zaino. Quali sono i risultati?
Per parlare dei risultati della nostra scuola Senza Zaino è necessario fare una premessa: la nostra scuola si trova in una piccola frazione del comune di Comacchio, Lido degli Estensi, situata in provincia di Ferrara ed è attualmente l’unica scuola Senza zaino della provincia. Consiste in sole 5 classi ed è afferente all’Istituto Comprensivo di Porto Garibaldi diretto dal Dirigente Scolastico Gianni Luca Coppola che comprende anche una scuola secondaria di primo grado, un’altra scuola primaria a Porto Garibaldi ed una Scuola dell’Infanzia che diventa ufficialmente parte integrante del circuito Senza zaino proprio da quest’anno scolastico. Il progetto Senza Zaino, nasce, in forma sperimentale, nella scuola Primaria di Lido degli Estensi nel 2015 in una classe quarta. Le motivazioni che ci hanno mossi a questa nuova avventura didattica erano: l’esiguo numero di iscritti in classe prima; alcuni insegnanti stanchi di perdurare in una didattica ritenuta poco costruttiva e troppo tradizionale. Ecco allora la determinazione che mi ha portata a cercare una via d’uscita: cercando su internet, facendo ricerca, informandomi sui modelli innovativi presenti in Italia e all’estero. Mi sono così imbattuta nella rete delle scuole senza Zaino, ispirata al modello della scuola Finlandese e montessoriano.
Quindi?
Il progetto sperimentale di allora, oggi è un modello istituzionale: la nostra è una scuola che ha seguito la strada di un generale rinnovamento della didattica, secondo una visione globale e sistemica che vuole promuovere autonomia, partecipazione e responsabilità e comunità. I nostri alunni portano una piccola e leggera cartella in materiale tecnico che contiene solo la merenda e il materiale per i compiti a casa. La sacca e tutti i materiali comuni che servono agli alunni, vengono acquistati dai genitori condividendo scelte e acquisti con la scuola e gli insegnanti.
In cosa consiste il progetto?
Il modello prevede 40 ore di formazione iniziale e ogni anno si procede con 25 ore di consolidamento. Ora c’è anche la formazione cosiddetta “On boarding” per le colleghe di nuova assunzione. Questo è già un primo risultato molto efficace: garantire una formazione continua e permanente ai docenti che sono assegnati o che scelgono di trasferirsi nella Primaria di Lido degli Estensi. Siamo riusciti a rivedere e riarredare gli spazi e le aule attraverso un progetto dettagliato dell’Architetto Maria Grazia Mura di Senza Zaino. Grazie a questo progetto la nostra scuola primaria di Lido degli Estensi ha cambiato totalmente aspetto, è più accogliente e a misura di bambino. Anche quest’anno, nonostante i tempi di generalizzato calo demografico, gli iscritti sono un buon numero in classe prima.
Che impatto ha avuto il tutto?
Le nostre classi sono accoglienti e condivise: lo spirito è quello di una comunità. Le regole infatti non vengono decise e imposte dall’alto ma discusse e poi applicate e nel caso non funzionino vengono ritrattate. I bambini in gruppo imparano anche dal compagno e alla scuola secondaria abbiamo visto che sono comunque capaci di lavorare individualmente ma anche molto abili a cooperare, come richiede anche il mondo del lavoro e la società stessa. L’autonomia infatti è il risultato più importante del metodo, i bambini imparano ad organizzarsi, a fare da soli. Diventano progressivamente autonomi e responsabili. Inoltre, abbiamo cercato di realizzare l’ospitalità dell’ambiente formativo, promuovere la responsabilità e l’autonomia dei ragazzi, fare della scuola una comunità di ricerca. La spinta fondamentale verso l’apprendimento trova risposta in un ambiente complesso e ricco di opportunità, capace di promuovere un’etica della responsabilità e nuove modalità di relazioni tra i soggetti della scuola. Risultato davvero importante è che nella comunità di ricerca tutti imparano, anche i docenti, e tutti possono insegnare (anche gli allievi nei confronti dei compagni più piccoli) mentre ad ognuno vengono riconosciute, comunque risorse e posizioni diverse. Siamo riusciti a trasmettere la cura dello spazio e dei materiali: gli alunni comprendono che ciò che è di tutti va rispettato, curato ed abbellito. Altro risultato è dare concreta ospitalità ai nuovi alunni, chiunque e in qualsiasi momento arrivino. Se nell’aula tradizionale tutte le spiegazioni o le interrogazioni si svolgono dalla cattedra, con lezioni frontali dell’insegnante lunghe e talvolta comprese da pochi, nell’aula Senza Zaino l’insegnante spiega ai tavoli per pochi minuti o in agorà accorgendosi immediatamente dei processi di apprendimento in atto. L’ambiente è diventato quindi una dimensione dell’esperienza formativa, fatta da spazio, tempo, corporeità, soggetti, tecnologie e dalle relazioni tra tutti questi fattori, che possono costruirsi in molti modi diversi.
Cosa ne pensano i genitori? Sono soddisfatti di tale metodo?
I genitori sanno che il loro coinvolgimento in questomodello di scuola è maggiore: tra loro abbiamo cercato persone abili a costruire oggetti e materiali che usiamo a scuola per la didattica, che hanno competenze particolari e specifiche in qualche campo, per rendere la scuola un vero scambio culturale, un ambiente d’apprendimento condiviso e partecipato. Inoltre, evitare l’acquisto dello zaino è un segnale chiaro, in grado di far riflettere su alcune abitudini di consumo legate al mondo della scuola e sulla qualità e quantità di oggetti che vengono messi a disposizione dei bambini. A questo si aggiunge il coinvolgimento dei genitori sul piano concreto, attuato tramite la partecipazione a laboratori ad hoc per la costruzione e l’invenzione dei materiali didattici che animano le aule, la manutenzione dell’orto, la collaborazione negli open day o nel Senza zaino Day, o laboratori svolti dai genitori stessi con competenze specifiche.
Perché, secondo lei, sperimentazioni come la scuola senza zaino non sono viste ancora come realtà da implementare con maggiore continuità territoriale?
La prima risposta a questa domanda è necessariamente legata al fattore economico, poiché il modello di scuola “senza zaino “mette l’accento sull’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dal presupposto che dall’allestimento del setting educativo dipendono sia il modello pedagogico -didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici: gli elementi di diversa natura intervengono a scuola e si intrecciano gli uni negli altri, perché è l’esperienza scolastica nel suo complesso ad essere formativa ed è dunque necessario progettarla nella sua globalità, senza lasciare niente al caso. Serve la consapevolezza che si apprende più dall’ambiente, inteso anche come comunità, che dal singolo insegnante. Quindi per partire con una sperimentazione in una scuola servono prima di tutto i partner, tra cui le Amministrazioni Comunali, che credano seriamente nell’innovazione scolastica di questo modello e si adoperino per trovare i fondi necessari ad allestire tutti gli spazi connettivi e le aule e con gli arredi adeguati.
Quale altra difficoltà?
La seconda motivazione riguarda gli insegnanti, i docenti che abbracciano il senza zaino diventano spettatori, ma dietro le quinte, preparano canovacci ben definiti senza lasciare nulla al caso: ma su questi canovacci ,gli alunni devono potersi muovere sperimentare, operare, attivarsi, risolvere, sbagliare. Questo comporta lavoro, studio, preparazione: Il bambino deve apprendere per scoperta, per sperimentazione, in forma laboratoriale e l’insegnante deve essere continuamente preparato ad accompagnare l’apprendimento degli alunni. Il lavoro dunque raddoppia, si moltiplica. L’insegnante “senza zaino” deve collaborare e condividere e progettare e programmare sempre in team e non da solo, e questo comporta capacità empatica ,molta fatica e molto tempo. Non è più possibile nelle scuole senza zaino chiudersi nella propria aula, servono interconnessioni continue con i colleghi della classe e della scuola, per questo abbiamo le cosiddette “mappe generatrici” che coinvolgono tutti.
Come vi ponete nella vostra scuola dal punto di vista del digitale?
Il nostro Istituto si è distinto in provincia di Ferrara ed anche a livello nazionale per la didattica con il digitale: siamo tutti ciclicamente coinvolti da percorsi formativi garantiti da USR Emilia Romagna ed abbiamo in uso molte dotazioni digitali. Pensiamo che questi strumenti siano di supporto alla didattica e facilitino l’integrazione di molti studenti con bisogni educativi speciali e non, ma riescano a supportare concretamente anche le eccellenze. Il senza zaino non si pone mai di fronte ad una alternativa: computer o penna? Lavagna interattiva e monitor o lavagna di ardesia? Tablet o quaderno o libro? Noi pensiamo che il ricorso al digitale sia un enorme ed efficace supporto, ma non dimentichiamo di trascurare la scrittura a mano: teniamo molto allo sviluppo della grafia, all’ordine, alla pagina organizzata. Noi crediamo che il digitale non sia risolutivo, come certamente non può esserlo oggi solo la scrittura a mano: optiamo per una efficace integrazione tra la realtà mediata e virtuale dei dispositivi elettronici e la realtà diretta e concreta della penna , della mano, dei quaderni.
Si parla spesso di modello finlandese. Ma verso dove sta andando la didattica in Italia?
Per rispondere a questa domanda non posso non ricorrere alle numerosissime riflessioni contenute nel testo “L’ora di lezione non basta” di Marco Orsi, promotore della scuola Senza zaino. “Proviamo ad immaginare contesti scolastici organizzati, belli e gradevoli dal punto di vista estetico, funzionali alle metodologie che vogliono realizzare e che includono il corpo e le cose, gli studenti e gli oggetti che supportano la didattica, la creatività insieme alla ragione, le emozioni e le cognizioni, proprio come le scuole della Finlandia”. Dobbiamo tendere verso il “bello”, verso una scuola che ospita, ordinata e calda, che mette gli studenti a loro agio che offre al discente ogni opportunità di riscatto, che cerca di far emergere le potenzialità di ciascuno, che include attraverso l’ambiente ben organizzato e ben arredato. Ormai si parla solo di ambienti di apprendimento e le ditte di arredo scolastico sono alle prese con progetti di allestimento di nuovi spazi che da semplici corridoi diventano invece spazi connettivi, e le semplici aule diventano laboratori, le biblioteche degli agorà. Insomma, il nostro discorso torna alla visione di Approccio globale al Curricolo, dove la comunità che è al centro viene identificata come un sistema di relazioni tra soggetti e tra questi e gli oggetti, visto nella sua dimensione complessa e integrata per offrire a ciascun bambino e bambina l’opportunità di partecipare ad una significativa esperienza di accompagnamento, nel percorso di crescita e di inserimento nella vita adulta.