Scuola paritaria in crisi, perché l’Italia rischia di perdere 11.000 istituti (e 770.000 studenti). Suor Alfieri: “Libertà di scelta educativa a rischio”. INTERVISTA

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A venticinque anni dall’introduzione della legge sulla parità scolastica, il pluralismo educativo in Italia rimane un obiettivo lontano. Anna Monia Alfieri, ai microfoni di Orizzonte Scuola, a margine del convegno sulle Nuove Indicazioni Nazionali, ha denunciato una situazione critica.

“L’Italia è l’unica grave eccezione, accanto alla Grecia, in Europa. In tutto il continente, le famiglie scelgono a costo zero tra scuola statale e paritaria, avendo già pagato le tasse”. Le scuole paritarie, spesso etichettate come “élitarie”, ricevono solo 700 euro per alunno dallo Stato, contro i 7.300 euro spesi per ogni studente nella scuola pubblica. Intanto, migliaia di istituti hanno chiuso, lasciando in attività solo 11.000 realtà, concentrate soprattutto al Nord.

Le proposte per salvare il pluralismo

Nonostante le difficoltà, qualche segnale positivo arriva dal governo. La sottosegretaria Paola Frassinetti e il ministro Giuseppe Valditara hanno incrementato i contributi alle paritarie da 500 a 700 euro e avviato percorsi di abilitazione per i docenti. Valditara ha anche promesso di rivedere la questione IMU, che grava sulle scuole con 500.000 euro annui, e di riprendere il discorso sul buono scuola, già adottato con successo in regioni come Lombardia e Veneto. Alfieri ha rivolto un appello alla premier Giorgia Meloni, sottolineando: “Il pluralismo educativo è il sogno libero e democratico dell’Occidente. Se si intervenisse con il buono scuola per le famiglie svantaggiate, potremmo almeno congelare lo status quo”.

Il rischio di un collasso e l’appello alla politica

Se le 11.000 scuole paritarie rimanenti chiudessero, 770.000 alunni si riverserebbero nel sistema statale, con un costo aggiuntivo di 5,6 miliardi di euro per lo Stato. Alfieri ha lanciato un monito: “Chi attacca la scuola paritaria, in realtà attacca la democrazia nelle fondamenta e il diritto di apprendere degli studenti più svantaggiati”. La speranza è che interventi mirati, come il buono scuola, possano frenare l’emorragia, preservando un sistema che, se valorizzato, potrebbe diventare un pilastro della qualità formativa.

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