“Chiediamo l’autonomia delle scuole da subito”, il Veneto non molla. 55 sindaci del Sud allarmati scrivono a Mattarella. Bonaccini: “I LEP vanno definiti prima e non dopo”. Il punto

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Prese di posizione, ripensamenti, attente analisi: l’autonomia differenziata resta al centro di un dibattito sempre più intricato. Mentre il Ministro per gli affari regionali, Roberto Calderoli, intende accelerare (e minaccia querele ai giornalisti), FdI e Forza Italia frenano, le opposizioni si dichiarano contrarie, ad eccezione, almeno in parte, di Bonaccini (PD) e 55 sindaci del Sud scrivono a Mattarella.

La questione riguarda anche l’istruzione e risulta alquanto complessa da sgomitolare: nonostante i dubbi espressi anche dal Ministro leghista, le Regioni, e soprattutto il Veneto, non intendono tirarsi indietro. “Chiediamo l’autonomia delle scuole da subito”  aveva affermato, lo scorso Dicembre, l’assessora regionale all’istruzione del Veneto, Elena Donazzan, intervenuta in occasione della riunione della decima commissione della conferenza Stato Regioni Istruzione, Università e ricerca dedicata al tema del dimensionamento del personale della scuola.

Tema centrale del dibattito sull’autonomia differenziata nell’istruzione è la definizione dei LEP, i Livelli Essenziali di Prestazione, ovvero i livelli di accesso e di fruizione dei servizi oggetto di trasferimento di potestà legislativa e amministrativa che dovranno essere garantiti nei territori regionali. La definizione dei LEP, tuttavia, non è stata ancora effettuata, ma è demandata, secondo quanto affermato nella bozza del disegno di legge, ad apposito DPCM, da emanare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa. Decorso inutilmente tale termine, “si provvede con atto avente forza di legge”. Nei giorni scorsi, lo stesso Bonaccini (PD) ha sottolineato che “la proposta di autonomia differenziata, che anche il Pd a livello nazionale ha proposto, è una proposta che non dice no a prescindere, perché sarebbe un regalo alla destra e alla Lega, ma che pone delle condizioni ben precise: i Lep vanno definiti prima e non dopo.

Dalle colonne di Fanpage.it, anche Mauro Volpi, professore di Diritto Costituzionale e membro del Direttivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale, ha espresso perplessità sulla proposta di legge. “I LEP funzionano come una cortina fumogena” è il commento del professor Volpi. “Si stabilisce che siano soltanto determinati, con DPCM. Non si indicano quali sono le materie su cui siano necessari, né le risorse finanziarie che dovrebbero garantirli. In assenza di tutto ciò, si ricorre alla spesa storica, cioè quella che lo Stato ha esercitato all’interno delle varie Regioni”. Potrebbero occorrere tra i 60 e gli 80 miliardi di euro, secondo il professor Volpi.

Diversi i profili (costituzionali, lavorativi, economici) che preoccupano personale scolastico, sindacati e opposizioni nonostante le rassicurazioni di Viale Trastevere. “Non è in discussione l’uniformità del sistema di assunzione del corpo docenti, così come dei programmi scolastici” aveva già chiarito la Sottosegretaria all’Istruzione, Paola Frassinetti. Dello stesso avviso sembra essere anche il Ministro Valditara, ascoltato in Commissione Cultura di Camera e Senato: stipendi e programmi non saranno divisi con le Regioni. “Introdurre ulteriori vincoli agli spostamenti del personale scolastico  – critica il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico – sarebbe un errore clamoroso, perché andrebbe a determinare un ulteriore vuoto di candidature per l’insegnamento in determinate regioni d’Italia. Ricordo che l’autonomia differenziata non può essere introdotta perché le Regioni non sono in grado di garantire Lep omogenei e meno che mai nell’Istruzione, unico strumento rimasto in mano allo Stato italiano per realizzare il principio di uguaglianza sostanziale alla base della nostra Costituzione. Abbiamo in Italia già la scuola dell’autonomia, non abbiamo bisogno dell’autonomia differenziata regionale nella scuola pubblica”.

Insomma, emergerebbero dal testo del DDL Calderoli profili di criticità legati sia alla redistribuzione delle risorse finanziarie sul territorio nazionale, sia al rispetto delle norme costituzionali e della loro interpretazione, sia al dumping salariale. Una raccolta firme è stata lanciata dal Coordinamento per la democrazia costituzionale per bloccare questa riforma, così come proposta, e modificare la Costituzione a tutela “dell’uguaglianza dei diritti e dell’uniformità dei servizi su tutto il territorio nazionale”, si legge sul manifesto, pur valorizzando le specificità territoriali.

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