La scuola in Campania e al Sud: tagli e ritardi tra i motivi del divario con il Nord

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Giulia Boffa – Il Nord batte il Sud nel tempo pieno e non solo.

Giulia Boffa – Il Nord batte il Sud nel tempo pieno e non solo.

Un articolo del "Mattino" di Napoli mette in evidenza questa disparità, sulla base di un rapporto del MIUR,aggiornato al 13 settembre: in Emilia e Toscana il 44% delle classi è a tempo pieno nella scuola primaria, nel Lazio il 45, in Basilicata addirittura il 47. La Lombardia invece detiene il record, anche per numero di alunni.
La Campania è in fondo alla classifica, con Sicilia e Molise.
 
Il dato della Campania è  molto al di sotto della media nazionale che si attesta al 30%, che svela il distacco dal resto d’Italia: per 285521 allievi, solo 1125 classi su 15327 sono a tempo pieno, in pratica solo il 7%, secondo il report aggiornato al 13 settembre.
 
I motivi del divario sono tanti: prima di tutto i tagli.
I genitori possono richiedere le «40 ore» se ci sono queste condizioni: disponibilità di posti di organico, strutture e spazi adeguati e servizi mensa. Di fatto, «nella provincia di Napoli sono un centinaio le richieste provenienti dalla scuole dell’obbligo l’anno scorso inevase» afferma l’insegnante e consigliere regionale, Angela Cortese. «Accade anzitutto per effetto dei tagli agli organici, drastici con la riforma Gelmini» sostiene Gabriella Refuto, segretario generale della Flc Cgil.
 
C’è stato poi il passaggio al maestro unico della riforma Gelmini. 
Prima della riforma, in Campania il 5% delle classi era a tempo pieno, il 25 in Italia. La penalizzazione c’era quindi già in partenza. 
 
Afferma Refuto della Cgil: «Se al Centro-Nord sono riusciti a mantenere il tempo pieno è grazie a una mobilitazione massiccia di famiglie e insegnanti che qui non c’è mai stata, anche per motivi culturali e carenze strutturali. Con i tagli drastici, si è consolidato un circolo vizioso: le donne del Sud restano a casa per badare ai figli e non cercano lavoro. Il risultato finale è un impoverimento generale». Molto fa anche il mercato delle scuole paritarie, istituti che sui manifesti pubblicitari affissi in questi giorni a Napoli pubblicizzano  "efficienza" e "tempo pieno".
 
A Napoli città le classi aperte il pomeriggio sono 177 su 2085, nella scuola primaria: colpa anche del dimensionamento che ha tagliato 140 scuole, per il prossimo anno è previsto un ulteriore decremento delle 262 rimaste.
 
Si somma anche il problema delle finanze comunali, che non garantisce mense, trasporti e sussidi didattici. I custodi delle scuole, poi, una volta in pensione, non lasciano gli appartamenti, che restano di fatto occupati dai familiari. Il comune deve pertanto chiamare altro personale che venga ad aprire e chiudere le scuole. Si prevede perrisolvere la questione un programma di sgomberi.
 
Tutti questi problemi di gestione si riassumono in uno scarso profitto degli studenti, che, nelle prove Invalsi di Italiano e Matematica del 2012, hanno ottenuto risultati al di sotto delle aspettative, rispetto alle performance migliori degli studenti del Nord. 
 
Eppure si potrebbe fare molto, anche con i finanziamenti europei. "Proprio con finanziamenti europei (per un totale di 42 milioni), dal 2006 al 2010 è stato possibile realizzare “Scuole aperte” –  dice Paolo Monaco nell’articolo del "Mattino",insegnante in una scuola di frontiera, ideatore del progetto promosso dalla Regione Campania, che ha coinvolto oltre 500 istituti con la partnership di più di 3000 enti locali, università, associazioni laiche e religiose. "Ricevemmo il premio Handinnov per l’integrazione dei disabili dalla Commissione europea" ricorda il maestro. 
 
Forse con un po’ di buona volontà in più si potrebbe fare molto.

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