Scuola a casa verso scuola a distanza. Lettera
Inviato da Rosella Bido – In questi giorni ho pensato molto al concetto di “scuola a distanza”.
Preferisco chiamarla “scuola a casa”, perché penso che sia necessario fare una riflessione profonda sul nostro ruolo di insegnanti/educatori e sulle metodologie. Continuiamo a pensare a come preparare delle lezioni, pensiamo ai video, ai file da inviare, ai link, alle videoconferenze. Insomma, il nostro pensiero è centrato su “come fare lezione”. Il rischio è quello di fare una vecchia didattica classista (cioè solo per quelli che ce la faranno a sfruttare le nuove tecnologie) e trasmissiva, ma in modo moderno, rischiando di fornire una quantità di stimoli abnorme, che alla fine verranno completamente dimenticati dai nostri bambini. Il troppo stroppia. Non è vero che “più stimoli equivale a più apprendimento”. Il bambino deve essere artefice della propria crescita, è sempre lui il protagonista. Il nostro “Pierino” deve essere ancora al centro dei nostri interessi, non la nostra lezione. Pertanto credo che si debba “rovesciare la scuola”, e pensare che in questo periodo ci sarà “scuola a casa”, non “scuola a distanza”. La tecnologia dovrà esserci di aiuto per dare input che tengano conto della situazione contingente, delle difficoltà delle famiglie, della sofferenza di una situazione mai vissuta prima e di tutte le implicazioni emotive che questa comporta. Noi soffriamo per l’immobilità e per il senso di impotenza e così sarà per i nostri bambini e per i loro genitori. L’essere umano si sente vivo ed affermato nell’agire ed è per questo motivo che ai nostri bambini dovremmo dare stimoli per “fare delle cose”. Dobbiamo rassegnarci. Il “nostro vecchio programma” non si potrà portare avanti a distanza.
È urgente ripensare ai nostri obiettivi e al nostro ruolo, che ora più che mai devono assumere delle connotazioni fortemente educative. Valorizziamo l’umano che c’è in noi per potenziare l’umano dei nostri bambini. Non dobbiamo trasformarci in consulenti informatici per le famiglie replicando in modo semplificato la formazione che cerchiamo di crearci più o meno affannosamente in questi giorni. I genitori non possono e non devono essere i nostri avatar e trasformarsi in maestri. I bambini hanno il diritto di ricevere stimoli per sentirsi ogni giorno vivi, per affermare quotidianamente “il proprio io” con un vissuto significativo. Pensiamo ad una didattica con il bambino protagonista del proprio apprendimento, non spostiamo l’interesse sul docente e sulla lezione. Nell’aula fisica, la lezione che avevamo preparato con tanta cura a casa, viene continuamente rimodulata in relazione alla rispondenza della classe e del singolo bambino. La lezione in aula è una danza fatta di passi dell’insegnante e di passi degli alunni. I nostri bambini ci dicono come dobbiamo andare avanti. In aula la lezione è interattiva al massimo, ci sono scambi ed interazioni continue e devo ancora capire perché qualcuno pensa che non sia interattivo leggere, conversare, correggere in itinere, cogliere gli stimoli e gli sguardi forniti dai bambini e sfruttarli nel nostro agire.
Ce lo scordiamo di creare davvero l’interattività a distanza. È impossibile replicare con qualsiasi mezzo la freschezza di una lezione in presenza. Pensiamo all’età di questi bambini e mettiamoci nei loro panni. Dobbiamo cambiare paradigma, dobbiamo veramente pensare alle competenze di base, ora più che mai. Le nozioni, comunque importantissime, verranno in un secondo momento. Dobbiamo chiedere altro per questo tempo. Proviamo a proporre attività che diano un senso ad ogni giorno dei nostri alunni affinché alla fine non rimanga solo un’intossicazione da web. Rovesciamo il nostro modo di pensare la scuola a distanza. Non si impara perché qualcuno ce lo insegna, si impara davvero solo se, e soltanto se, si diventa artefici del proprio apprendimento. E quindi facciamo in modo che i nostri bambini si sentano protagonisti. Si potrebbe chiedere ai bambini di scrivere un diario. I bambini di prima potrebbero scrivere una riga/pensiero ogni giorno, quelli di seconda due righe, quelli di terza tre righe, quelli di quarta quattro righe, quelli di quinta cinque righe. Oppure si potrebbe sfruttare l’idea della sperimentazione effettuata dal Professor Vertecchi (Università di Roma). Per due mesi i bambini di alcune scuole hanno scritto ogni giorno brevi testi su argomenti suggeriti dai ricercatori. I risultati sono stati incoraggianti e raccolti nel libro di Vertecchi “Nulla dies sine linea”. Molti sono i riferimenti sul web. Tra l’altro, la scrittura quotidiana ha anche un effetto terapeutico (“La scrittura che cura” Demetrio). Si può proporre la scrittura di testi di vario genere, senza affanni. Per italiano potremmo quasi aver risolto anche il problema della valutazione: si confrontano i primi testi di ciascun bambino e gli ultimi. Certo, qualcuno dirà che a casa i bambini vengono aiutati nel fare i testi. Sono d’accordo e mi sembra una meravigliosa! Ogni genitore aiuterebbe il bambino secondo le sue possibilità, senza frustrazioni. D’altra parte, i bambini verrebbero aiutati comunque, anche se proponiamo verifiche online. Proponiamo delle letture. Non ho avuto tempo di verificare se sono stati messi a disposizione gratuitamente anche ebook per bambini, ma immagino di sì. Per tutte le materie stem si possono pensare suggerimenti per lo svolgimento di compiti di realtà: fare una torta pesando gli ingredienti, misurare la capacità dei contenitori, misurare mobili, esperimenti con materiali reperibili in casa, la semina di ceci e lenticchie, aiutare i genitori a fare la raccolta differenziata e molto altro. I bambini più piccoli potrebbero realizzare un calendario, perché questo tempo non sia per loro solo un flusso indefinito.
Per le attività tecnologiche si possono dare suggerimenti per coinvolgere i nonni nell’insegnare saperi antichi, dimenticati, obsoleti: fare un lavoretto con il legno (le palafitte, e chi se ne frega se non hanno ancora studiato il neolitico!), fare una grotta (cartapesta), costruire le case del mondo (gli igloo, ecc.). Alcuni potrebbero insegnare a dipingere, fare uncinetto, maglia. I lavoretti alla fine potrebbero essere portati a scuola per fare una mostra. I testi, i disegni si possono raccogliere in un giornalino scolastico online. Certo, la scuola non è solo questo, ci sono tante cose che richiedono un insegnamento diretto, ma è anche drammaticamente vero che non tutti i bambini seguiranno le nostre videolezioni, le capiranno e faranno a casa gli esercizi proposti. Quando si ritornerà nell’aula fisica, per forza si dovrà tener conto anche di questo, riprendere gli argomenti, ripassare. Dopo, saremo tutti diversi, la scuola sarà diversa. Perché allora non dare un senso nuovo a questo tempo? La maggior parte delle cose che si imparano nella vita non si imparano a scuola, non perché i maestri e i professori siano incapaci, ma perché a scuola si riceve “la cornice”, ma poi il quadro viene dipinto da ciascun individuo. Diamo la cornice, diamo i pennelli, ma permettiamo ai bambini di dipingere il loro quadro. Ora più che mai dobbiamo smettere di “insegnare” e creare le condizioni per far sì che i nostri alunni possano “imparare ad imparare”. Proviamo a trovare un’altra via! E scusate se sto male se penso ai giochini online …