“Scrivete alla lavagna ‘Zeta’ … come Zingaro”. Ma è un insulto e la maestra poi chiede scusa. In Italia 180mila persone rom e sinti

“Infine scriviamo la lettera z… come zingaro. Vedete questa immagine di donna trasandata, vestita male, che vive in un campo? Ecco questa è una zingara. Dunque Zeta come zingara. Avanti bambini scrivete”. Ma c’è un alunno che non esegue l’ordine impartito dalla maestra, che sta spiegando l’alfabeto italiano ai bambini di una classe prima primaria. Non scrive. Si rifiuta. E quando la maestra indica alla classe l’immagine della donna trasandata per agevolare in loro la memorizzazione della lettera dell’alfabeto in questione, si avvia un dibattito spontaneo tra i bambini durante il quale si moltiplicano frasi colme di stereotipi, certo non simpatiche., con gli zingari delinquenti o che rubano i bambini. Il bambino scoppia a piangere: “Quella cosa non la scrivo – protesta lui tra le lacrime – quella parola è una parolaccia”.
Siamo nel 2019. La mamma del piccolo alunno si chiama Eva e quel giorno si trova in un’altra città. E’ a Firenze a parlare, come relatrice in un convegno, dello sterminio e del genocidio dei Sinti e dei Rom, della costante discriminazione, degli stereotipi e del razzismo di cui sono vittime coloro che tutti noi almeno una volta nella vita, sbagliando, abbiamo chiamato nomadi o zingari, inconsapevoli, tutti noi gagi, di star pronunciando due termini che feriscono, che fanno male a chi se li sente incollare addosso da una terminologia sbagliata: zingaro e nomade, dirà Eva, “sono parole negative, sono eteronimi, loro non vogliono essere chiamati così, ma con i loro nomi perché quei termini sono dispregiativi”. E pensare che uno tra i più famosi e diffusi dizionari italiani alla voce zingaro reciti proprio così: “Persona disordinata e trasandata. Persona che non ha regole, fa una vita da zingaro. Sinonimo: nomade”
Quando è sera Eva torna a casa e il marito le fa vedere il quaderno e le racconta del brutto episodio avvenuto in mattinata a scuola bambino: “Mamma – si affretta a chiederle il bambino – davvero noi siamo delinquenti e rubiamo i bambini? La mattina lo consola amabilmente, la mattina dopo andrà a scuola a parlare con la maestra. “La maestra mi ha chiesto scusa – rivela Eva – ha confessato la propria non conoscenza in merito alla condizione dei Sinti e dei Rom e lo ha fatto senza sapere chi io fossi. E io ho compreso. Racconto questo episodio perché ci dice della solita non conoscenza. Mio figlio è stato forte ma tanti altri bambini non hanno la forza di alzare la mano”.
Eva Rizzin è responsabile scientifica dell’Osservatorio nazionale sull’Antiziganismo, presso il Centro di Ricerche Etnografiche e di Antropologia applicata dell’Università di Verona. Ha partecipato a progetti nazionali e internazionali sullo studio dell’antiziganismo e la rappresentazione mediatica delle comunità Rom e Sinte. Attualmente collabora con l’Istituto degli Innocenti di Firenze in attività di formazione, supervisione delle esperienze volte all’inclusione scolastica e sociale dei bambini e degli adolescenti rom, sinti e caminanti. È autrice dei seguenti libri:Bravi L. e Rizzin E., Lacio Drom. Storia delle “Classi speciali per zingari“. Rom e sinti a scuola 1965-
1982, Anicia., Roma, 2024. Rizzin E., “Attraversare Auschwitz. Storie di rom e sinti: identità, memorie, antiziganismo, Gangemi editore.
Eva Rizzin ha ottenuto il dottorato e oggi lavora all’Università di Verona. Grazie ad una ricerca storica conclusa nel 2013 da Luca Bravi sulla persecuzione fascista dei sinti e dei rom in Italia, Eva ha potuto ricomporre la storia della propria famiglia. É una storia personale che si fa storia d’Europa e che trasporta una grande famiglia di liutai sinti – la stessa del grande musicista Django Reinhardt – dalla Germania all’Italia, all’inizio del Novecento. “E’ una storia di persecuzione e di fuga che è anche storia di una consapevolezza familiare ritrovata”, si legge sul sito dell’Accademia Nazionale Romanì (ANR). “E’ la storia dei Sinti, ma è anche la storia della nostra società che ancora resta segnata dall’antiziganismo”.
L’ANR è una piattaforma informativa su base scientifica con i più importanti romanologi ed esperti del settore in Italia. Una grande novità, spiega l’Accademia “per non lasciare nessun dubbio ai troppi stereotipi che aleggiano sul mondo dei rom e sinti”. Video, lezioni e informazioni facilmente accessibili “per combattere l’antiziganismo e la disinformazione troppo spesso ostacoli ad un proficuo dialogo e alla corretta inclusione. Il progetto è diretto da Santino Spinelli con il sostegno dell’Unione delle Comunità Romanès in Italia (UCRI), il più importante movimento nazionale interculturale a favore delle comunità romanès con il coinvolgimento dei maggiori intellettuali e attivisti rom e sinti presenti in Italia”. Nell’ambito della settimana dell’antirazzismo finanziata dall’UNAR-Presidenza del Consiglio dei Ministri di Palazzo Chigi, nasce il progetto innovativo e originale di Accademia Nazionale Romaní (ANR), strutturato e creato dall’associazione Thèm Romanò (Mondo Rom) con sede nazionale a Lanciano (Chieti) e UCRI. L’Accademia nasce per la volontà di tramandare e implementare la cultura romani nelle sue diverse forme. Con corsi alla portata di tutti tenuti da esperti certificati, per Rom, Sinti e non. Ed è “la miglior risposta al dilagante antiziganismo, il razzismo specifico per rom e sinti, che ci circonda, perché dalla conoscenza nascono il rispetto e la convivenza pacifica e vantaggiosa”.
E proprio all’antiziganismo è stata dedicata ieri l’altro a Modena una conferenza dal titolo “Discriminazioni strutturali, discorso d’odio e antiziganismo: tra passato, presente e futuro”, un incontro di formazione civica per le classi di scuola secondaria di secondo grado presso la Fondazione Marco Biagi – UniMoRe. L’evento era rivolto alle scuole cittadine in occasione della Settimana d’Azione contro il Razzismo 2025, con la presenza di Eva Rizzin che ha appassionato i ragazzi di varie scuole tra cui l’Istituto artistico “Venturi” che ha prodotto una bella mostra sul tema e l’Ites “Barozzi”. Tutti restano colpiti dalla presa di coscienza della valanga di stereotipi di cui si è zeppi e grati per la conoscenza acquisita circa la storia di popoli così tanto perseguitati da secoli”. Intervengono tra gli altri, la dirigente scolastica del Venturi, Luigia Paolino – “la discriminazione – dice, rivolta agli studenti – non si combatte se non si parte dalle parole: zingaro, negro. A volte i nomi non ci consentono di vedere le cose come sono e allora c’è un grande problema”, l’assessore alle politiche sociali del Comune di Modena, Francesca Maletti, che ricorda le straordinarie politiche sociali di integrazione adottate negli ultimi decenni nel comune emiliano, e i ragazzi del Venturi, che hanno raccontato le emozioni che hanno animato la produzione dei loro lavori messi in mostra. Infine Simonetta Molinverno attivista e abitante della microarea sintiDjango Reinhardt di Modena: “Tante volte – spiega – sono proprio i pregiudizi e gli stereotipi a costituire il motivo che spinge tanti bambini Rom e Sinti alla dispersione scolastica. Si sente parlare di abbandono scolastico per i nostri figli. A volte gli abbandoni succedono perché i nostri ragazzi vivono in un disagio. Eva Rizzin ha fatto tanto nella sua vita però abbiano dei ragazzi che faticano ad andare a scuola a causa dei pregiudizi che sentiamo all’interno della comunità. Per noi la scuola è importante come per gli altri genitori. Noi siano giudicati male abbiamo un mondo ostile: occorre invece guardare l’altro con occhi diversi. Con un po’ di attenzione”.
I Rom, ricordano gli organizzatori, costituiscono la minoranza storico-culturale più numerosa nell’Unione Europea ma anche quella che deve maggiormente fare fronte a un accesso ineguale a lavoro, istruzione, abitazioni, salute. “L’antiziganismo che pervade l’Europa produce e riproduce continuamente stereotipi negativi e pregiudizi sprezzanti, ma anche pratiche discriminanti, in molti casi istituzionalmente legittimate da politiche di esclusione o riduzione dell’accesso ai diritti di cittadinanza. Diverse ricerche (cfr. Pew Research Center 2014; Meneghini e Fattori 2016) hanno dimostrato come l’antiziganismo sia un fenomeno storicamente ben radicato in Europa e particolarmente alto in Italia rispetto ad altri stati europei”. Ciò che più colpisce dell’antiziganismo oggi è infatti la sua opacità cognitiva, il fatto che rimanga ampiamente riprodotto in modo inconsapevole e irriflesso. “La mancata elaborazione dell’antiziganismo come particolare forma di razzismo lo rende persistente, costantemente e acriticamente riprodotto non solo nel senso comune e nei media, ma anche nei discorsi e nelle azioni politiche e istituzionali, così come nelle tassonomie e nelle pratiche delle burocrazie statali”.
Ma torniamo agli obiettivi formativi dell’evento. Lo scopo, spiegano gli organizzatori, è quello “di costruire un percorso comune d’interazione tra societàmaggioritaria e comunità rom e sinte.L’incontro formativo è stato ideato per sviluppare nei partecipanti la conoscenza e le competenzesulle discriminazioni strutturali, l’antiziganismo e il discorso d’odio contro le comunità rom e sinte
in Italia e aumentare la conoscenza sulla cultura, la storia e la lingua Romanì. Per questo è stato previsto un excursus storico-sociale-pedagogico per capire come la non conoscenza e la non relazione provochino silenzi nella storia che poi si traducono in politiche sociali stereotipate.
L’obiettivo dell’incontro formativo è stato dunque quello di riflettere criticamente sul ruolo dei massmedia nella formazione e riproduzione di stereotipi e pregiudizi contro le minoranze rom e sinte. In particolare, è stato indagato quel circolo vizioso che si crea tra istigazione all’odio da parte dei politici, amplificazione delle narrative razziste da parte dei media e produzione di fatti di violenza nei confronti di rom e sinti in Italia. L’approccio è stato quello del riconoscimento della storia degli altri” come strumento di condivisione per ragionare su ciò che viene costantemente catalogato come alterità. L’altro elemento è stato quello della testimonianza personale che si tè trasformato in narrazione di una comunità italiana, ma soprattutto europea. Il terzo elemento è stato forni dalla presenza scolastica. La testimonianza diretta di Eva Rizzin, legata alla storia della propria famiglia durante il periodo del nazifascismo, ha consentito di approfondire la cultura e l’identità di sinti e rom nel contesto italiano.
Qualche curiosità. Sono tante le persone famose residenti in Italia e nel mondo che provengono da famiglie Sinti o Rom o Camminanti. Abbiamo citato al citato il musicista Django Reinhardt, ma c’è l’ex attaccante del Milan Zlatan Ibrahimovic, che è rom bosniaco di religione musulmana». C’è Yul Brynner. C’è Elvis Presley, il cui cognome originario della famiglia era Presler, cognome diffuso tra i Sinti tedeschi. E ancora: Rita Hayworth e Charlie Chaplin. In Italia, la famiglia circense Orfei e l’attrice Virginia Raffaele, nata a Roma da una famiglia circense di origini abruzzesi, calabresi e sinti: sua nonna Ornella detta Nelly, secondo Wikipedia era un’acrobata amazzone e insieme con i suoi fratelli aveva anche un circo, il circo Preziotti dal nome del nonno che, da giovane, lasciò gli agi di una nobile famiglia originaria di Fermo per seguire la carovana circense della futura consorte Nelly. Suo padre Mario, è nativo di Soriano Calabro, in provincia di Vibo Valentia. Negli anni cinquanta i suoi nonni fondarono il luna park dell’Eur a Roma, dove Virginia è cresciuta. Si diploma nel 1999 all’Accademia Teatrale Europea del Teatro Integrato Internazionale diretta da Mariagiovanna Rosati Hansen e studia danza classica e moderna all’Accademia Nazionale di Danza.
Ma veniamo ai dati. Sono solo 180.000 le persone rom e sinti presenti oggi in Italia, lo 0,25 per cento della popolazione, il dato più piccolo in tutta la Ue e si pensi che in Romania sono invece un milione e ottocentomila. Non c’è dunque nessuna invasione, sebbene l’arrivo di una carovana di giostre spinga tante persone ad allarmarsi immediatamente, salvo poi mandare bambini e ragazzi a divertirsi la sera all’autoscontro. “Secondo alcune ricerche 8 italiani su 10 dieci non vedono di buon occhio le persone sinti e rom, anche se se ne contano pochi – conclude Eva Rizzin – In Italia si è ossessionati dalla presenza di rom e sinti eppure sono inseriti nella società. Su 180000 solo 24.000 vivono in insediamenti informali o non riconosciuti. E si pensi che gli insediamenti sono stati creati non da loro ma dalle istituzioni sulla base del pregiudizio che queste persone sono caratterizzati da tare. Il fatto è che lo stereotipo del nomade dobbiamo decostruirlo: furono le persecuzioni a spingere al nomadismo. Ragazzi, mia madre ha sempre creduto che la scuola fosse uno strumento di riscatto. Le parole sono importanti. Non giratevi dall’altra parte, contrastate il razzismo”.