Sale la depressione e tra i ragazzi è boom di tentativi di suicidio, Pacifico (Anief): la scuola può fare la sua parte seguendo però meno alunni per classe, serve molto più personale

Nel 2022 il pronto soccorso dell’ospedale Bambino Gesù di Roma ha registrato dati sconcertanti: ben 387 tentativi di suicidio tra i giovani, con il 90% delle vittime costituito da ragazze e un’età media di 15 anni.
Sono numeri agghiaccianti, al di là di ogni comprensione, rivelano una verità che non può più essere trascurata: non è più di un semplice allarme, ma un grido di disperazione che non può più essere ignorato. Secondo il professore Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale e ordinario all’Università Cattolica, “la depressione e i disturbi d’ansia tra i giovanissimi sono in aumento esponenziale da anni. Siamo di fronte a una vera e propria emergenza psichiatrica, come testimoniano i numeri altissimi registrati al Bambino Gesù negli ultimi anni, in particolare dopo l’esperienza traumatica della pandemia”: i casi “sono sempre di più legati all’autolesionismo messo in atto fin da bambini. È un dato che colpisce e che testimonia una sofferenza psicologica dei ragazzi che non va ignorata ma che non trova invece sufficiente ascolto e risposte adeguate”.
“La scuola – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – non può risolvere il complesso problema della devianza giovanile o della depressione tra i 15enni. Però, può fare certamente la sua parte: ben vengano i docenti tutor introdotti dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, anche se non si comprende perché solo nel triennio finale delle superiori. Andrebbe anche istituzionalizzata la figura del medico e dello psicologo scolastico, anche per fare da collante con le istituzioni locali, come pure anticipato l’inizio della scuola almeno a 5 anni di età”.
“Altre misure da introdurre per avere una scuola più attenta alle dinamiche psicologiche degli alunni – continua Pacifico – sono quelle dall’aumento del tempo pieno, soprattutto al Sud, dell’abbattimento delle classi pollaio, con massimo 15 studenti per aula, dall’incremento di scuole autonome, invece cancellate per di un terzo, ma soprattutto dell’aumento del personale docente e Ata, con il ripristino dei parametri precedenti al dimensionamento avviato nel 2009, il ritorno delle docenze in compresenza ad iniziare dalla scuola del primo ciclo. La migliore vivibilità degli ambienti di apprendimento, attraverso la realizzazione di percorsi individualizzati, presuppone maggiore presenza di personale: è una condizione – conclude Pacifico – di cui la scuola italiana non può fare a meno”.