Il ruolo dello psicologo nella scuola: non controllore ma facilitatore. Ecco come

Pubblichiamo le risposte pervenute dall’Ordine Psicologi Lazio e dal Gruppo psicologi di psicologia scolastica Bolzano in merito al comunito APEI sulla figura degli psicologi nelle scuole e sull’intervento degli educatori.
L’Ordine Psicologi Lazio, a tutela dell’immagine professionale, in relazione all’articolo firmato dal prof. E. Tarracchini, Commissione Scuola APEI, su “Orizzonte Scuola” del 29 marzo u.s. deve precisare che i contenuti riportati sono palesemente inesatti e fuorvianti per lo specifico riferimento al ruolo degli psicologi nella scuola, quali “controllori delle capacità di insegnamento e relazionali dei professori”.
Questa veste cucita sugli psicologi ne svilisce ed offende i compiti che da anni essi svolgono, in ambito di formazione e supporto, con i docenti, gli studenti, i genitori, condividendone altresì anche le difficoltà organizzative e soggettive certamente a tutti voi ben note.
Nello specifico dei contenuti pubblicati occorre precisare che sul tema della prevenzione dei rischi psicosociali nei luoghi di lavoro (in particolare stress, violenze e mobbing) esistono precisi riferimenti normativi, nel D.Lgs. 81/08 e norme correlate, ma anche ormai una diffusa prassi, oltre ai numerosi rimandi in letteratura scientifica, che legittimano l’intervento psicologico in una dimensione operativa in qualità di “Esperto” della materia che opera in modo assai diverso da quello erroneamente presentato.
Una dimensione che in primo luogo si fonda sulla collaborazione interdisciplinare con le altre figure istituzionali operanti in ambito salute e sicurezza e che punta prioritariamente ad interventi preventivi sulle fonti di disagio collettivo nell’ambito dell’ organizzazione, quindi assolutamente distante da una visita periodica per tutti i singoli docenti, per la quale, da come è stata descritta, si condivide anche il dubbio sull’effettiva utilità; al contempo è anche importante chiarire come la richiamata dimensione operativa negli interventi di valutazione e gestione del rischio stress lavoro correlato e degli altri rischi psicosociali nei luoghi di lavoro può essere efficacemente praticata dagli psicologi con formazione su questi temi di Psicologia del lavoro, in quanto hanno acquisito competenze specifiche in “ambito organizzativo” durante gli studi e la cui iscrizione all’albo professionale li rende responsabili degli atti prodotti, a maggior garanzia dell’utenza e degli stessi datori di lavoro; quindi, anche qui, una impostazione professionale corretta è molto lontana da quella di chiara matrice clinica presentata nell’articolo in parola.
A maggior chiarezza si precisa che, in questo ambito, l’utilizzo di test e colloqui psicologici è prevedibile solo all’interno di un approccio, attualmente circoscritto ad un mirato approfondimento psicodiagnostico, che può essere richiesto solo dal medico competente nella visita per sorveglianza sanitaria ai sensi dell’art. 41 (D. Lgs. 81/08 e s.m.i.). Ipotizzare quindi ai lettori un nostro ruolo professionale di controllore per le competenze pedagogiche dei docenti non trova un riscontro normativo, né di buona prassi.
Si osserva invece una crescente sensibilità alla promozione della salute e all’educazione al benessere anche nella scuola, come riconosciuto dallo stesso MIUR che individua “la salute come progressiva integrazione nella crescita personale dei livelli di organizzazione bio-psicosociali”. In questo scenario la psicologia non agisce solo a livello di “cura” del singolo ma soprattutto e primariamente sull’ empowerment del sistema scolastico, ponendosi in collaborazione con tutte le professionalità, le discipline e le istituzioni coinvolte.
I docenti affrontano quotidianamente le manifestazioni e le conseguenze di importanti trasformazioni e cambiamenti sociali e culturali che riguardano non solo i singoli alunni, ciascuno con i propri bisogni educativi, ma anche le dinamiche di gruppo, il “clima” di classe, la collaborazione con le famiglie, i rapporti con il territorio. Si trovano spesso ad operare in situazioni che, pur con la massima professionalità di cui si dispone, li espongono ad un rischio maggiore di sviluppare elevati livelli di stress, con ripercussioni importanti anche sulla loro stessa salute.
La psicologia è al fianco della scuola, a partire dalla facilitazione dei processi organizzativi, tenendo conto di bisogni, risorse e competenze che caratterizzano ogni specifica realtà. Con la collaborazione e la coordinazione tra i diversi attori coinvolti è possibile raggiungere obiettivi specifici e realistici in diversi ambiti di particolare rilievo per la promozione della salute bio-psico-sociale di docenti ed alunni, come la formazione continua del personale, la sperimentazione, la valutazione dell’efficacia e la sistematizzazione di buone prassi, le relazioni nell’ambiente scolastico, i rapporti con le famiglie, l’individuazione e l’inclusione degli alunni con disabilità, con disturbi evolutivi specifici, con varie forme di svantaggio o altri bisogni educativi speciali, la gestione delle classi “difficili”, lo sviluppo di abilità personali negli alunni (dal metodo di studio alle Life Skills) o la prevenzione dei comportamenti a rischio.
Quanto brevemente rappresentato vuole anche essere uno stimolo a favorire rapporti di collaborazione e, se può giovare a chiarire i temi, l’Ordine Psicologi Lazio è disponibile ad un incontro con le rappresentanze regionali dell’APEI.
Dott.ssa Valeria Duca, Gruppo di lavoro “Psicologia e Scuola” Ordine Psicologi Lazio
Dott. Franco Amore, Gruppo di lavoro “Rischio Stress Lavoro Correlato” Ordine Psicologi Lazio
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Alice Panicciari Gruppo psicologi di psicologia scolastica Bolzano – In merito alla “proposta Marziale” l’idea che emerge è quella di suggerire consulenze psicologiche agli insegnanti e non visite diagnostiche.
Il tema della qualità dell’insegnamento e la valutazione della salute degli insegnanti non sono da sottovalutare.
Sull’autorevole rivista scientifica Medicina del lavoro già nel 2004 (num 5 di quell’anno) era stato dimostrato che la categoria degli insegnanti era a maggior rischio di sviluppare vere e proprie malattie psichiatriche . Lo studio a cura di V. Lodolo D’oria è stato pubblicato nel 2005 da Armando editore col titolo Scuola di Follia .
È evidente che gli insegnanti, come tutte le categorie, sono una rappresentanza dell’intera popolazione con la conseguenza che al suo interno si trovano soggettività differenti con livelli di competenza più disparati.
Ma la domanda è: chi si occupa degli scolari/studenti che incontrano insegnanti altamente stressati o addirittura disturbati?
E quali conseguenze a lungo termine sono prevedibili in questo caso?
E quali costi umani ed economici saranno a carico della collettività?
Non si tratta, quindi, di porre questioni di conflitto tra professioni parallele, come sembra fare l’articolo in argomento.
I ruoli professionali di psicologo ed educatore (o pedagogista) non sono contrapposti ma, anzi, sono entrambi essenziali e complementari.
Ognuno con le proprie distinte competenze potrebbero (e dovrebbero) collaborare per contribuire a rendere il sistema scolastico più efficiente, agendo anche a livello preventivo.
Lo psicologo scolastico moderno si va caratterizzando sempre più come facilitatore dell’intricato sistema di processi relazionali nella scuola: docenti-allievi, docenti-famiglia, allievi-famiglia, scuola-servizi territoriali psico-sociali.
Lo psicologo non è, quindi, un mero distributore di diagnosi cliniche attraverso etichette, che a scuola spesso risultano limitanti e riduttive, ma pone la propria professionalità al servizio dello sviluppo, della crescita ed efficacia del sistema scuola , come esperto di aspetti soggettivi, gruppali e relazionali, nell’interesse centrale degli alunni e dei loro bisogni educativi.
Nell’articolo rileviamo invece una semplicistica contrapposizione tra le due professionalità in una adolescenziale gara tra chi ha più titoli o diritto di occuparsi di un aspetto rilevante come l’equilibrio emotivo, di pensiero e comportamentale degli insegnanti che è dominio certo degli psicologi.
La differenziazione dei due ruoli dovrebbe, quindi, essere un aspetto da valorizzare in un’ottica di cooperazione e ottimizzazione delle risorse, proprio perché non possiamo affidare le sorti della scuola ad un’unica professionalità , ma dobbiamo tener conto della complessità dell’individuo in un’ottica bio-psico-sociale.