Ritorno in classe, il pediatra Biasci: “La temperatura va misurata a scuola a costo di riorganizzare l’orario di entrata”

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Sì alla mascherina a scuola, ma con buon senso. Paolo Biasci, presidente del Federazione italiana dei medici pediatri, parla in un’intervista a ‘La Stampa’

“È logico che  vengano definite delle regole, poi vanno applicate con intelligenza –  spiega – ad esempio, che differenza c’è tra un bambino di 5 anni e  mezzo e uno di 6 anni? Nessuna ovviamente, ma non è l’età la  discriminante. Molto di più contano gli spazi disponibili, le possibilità di garantire il distanziamento, l’organizzazione degli  spostamenti: in entrata e in uscita, durante la ricreazione, mentre siva in palestra o a mensa”.

Riguardo alle mascherine in classe “se si può mantenere la giusta distanza tra gli studenti, almeno un metro, meglio due, non serve indossarle per molte ore consecutive. Con i nuovi banchi monoposto e
una diversa gestione degli spazi penso sia possibile evitare  l’obbligo. Vedremo cosa decideranno alla fine gli esperti”.

Sull’opportunità di far misurare la febbre a casa dai genitori, prima  di portare i bambini a scuola, Biasci continua: “È positivo il  coinvolgimento delle famiglie, una corresponsabilità sulla sicurezza
sanitaria, a patto che la collaborazione da parte dei genitori avvenga in modo corretto. Credo, però, che saremmo tutti più tranquilli se la temperatura venisse misurata all’ingresso delle scuole da personale
addetto, anche a costo di riorganizzare l’orario di entrata e perdere un po’ di tempo”.

Sul reinserimento di una figura sanitaria a supporto di presidi e docenti, il presidente del Federazione italiana dei medici pediatri  aggiunge: “Sono fortemente contrario, sarebbe una inutile sovrapposizione di ruoli con noi pediatri. Un conto è prevedere, come  è stato fatto, la presenza di un ‘referente Covid’, che faccia da  collegamento con noi e con le Asl competenti, segnalando i casi
sospetti e aiutando nel tracciamento. Un altro è mettere un ‘piantone’, un medico o un infermiere, non certo uno specialista in  pediatra, che magari si mette a fare diagnosi approssimative e confonde i genitori”.

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