Ritorno a scuola non deve essere un puntiglio: nelle aule si gela, virus non è ancora sconfitto, DAD funziona in tanti casi. La parola ai lettori

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E’ giusto lasciare la scelta di frequenza delle lezioni in presenza in un periodo così complicato dal punto di vista sanitario? Lo abbiamo chiesto ai nostri lettori: ecco alcune delle risposte inviate a [email protected]

In questo caso a parlare sono due docenti

In merito all’articolo in oggetto, credo sia assolutamente giusto non obbligare nessuno, né studenti né docenti, ad andare a scuola in questo periodo: è un rischio aggiunto e non ha alcun senso parlare della riapertura delle scuole come di una ‘vittoria’ – o al contrario della chiusura come di una ‘sconfitta’ – perché l’unica vittoria cui puntare è la sconfitta del virus.

Tutto dipende dal virus e dall’andamento della pandemia: lasciare a casa gli studenti delle scuole medie e superiori è la cosa più cauta, in questo momento. E lo stesso dovrebbe valere per i docenti, costretti invece in molti casi (il mio ad esempio) a stare in classi vuote e fredde, spesso con peggiore connessione di quella che avrebbero a casa – del tutto irragionevole.

Una visione più scientifica della situazione gioverebbe a far comprendere che qui non si deve trattare del puntiglio del Ministro dell’Istruzione: si tratta del diritto alla salute, garantito dalla Costituzione, per i nostri figli e per il personale della scuola.
Tutto il resto è superficiale blaterare di chi non sa cosa significhi insegnare. Chi dice che bisogna tornare a scuola assolutamente dovrebbe essere lasciato in un’aula vuota a gelare, come siamo invece noi docenti.

Sono una docente, mamma fragile di un alunno di 2 media. Questa soluzione potrebbe essere risolutiva in questo momento. Eviterebbe sovraffollamento negli spazi chiusi dele classi e sui mezzi, e soprattutto consentirebbe a chi è  più  a rischio di cautelare la propria sicurezza in salute. Spero ardentemente possa essere applicata

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