Ripensare l’istruzione: il pericolo dei finanziamenti legati al numero di promossi. Lettera
Inviato da Simone Billeci – Paolo Crepet, nel suo libro “Lezioni di sogni”, offre una riflessione critica e profonda sulla direzione che sta prendendo il sistema scolastico, quando afferma: “Fino a che le scuole continueranno a ottenere finanziamenti ministeriali in base al numero di promossi che sforneranno ogni anno, i risultati non potranno che essere catastrofici”.
L’affermazione, apparentemente drastica, porta alla luce una questione centrale nella pedagogia contemporanea: la relazione tra valutazione quantitativa e qualità dell’istruzione.
In un mondo sempre più orientato verso la misurazione e la standardizzazione dei risultati, la tentazione di utilizzare il numero di promossi come indicatore di successo scolastico è forte. Tuttavia, Crepet ci invita a riflettere su cosa significhi realmente promuovere gli studenti in modo “meccanico” e su quali siano le conseguenze a lungo termine di un simile approccio.
La promozione come fine: un errore di prospettiva
Nell’ottica di un sistema che premia le scuole in base al numero di studenti promossi, si corre il rischio di ridurre l’educazione a una mera questione quantitativa, trasformando la promozione in un obiettivo finale, piuttosto che un momento di transizione nel percorso di crescita dello studente. Una scuola che si concentra esclusivamente sul raggiungimento di un alto tasso di promossi rischia di perdere di vista la sua missione più profonda: quella di formare cittadini consapevoli, critici e preparati ad affrontare la complessità del mondo.
La promozione, in un contesto ideale, dovrebbe essere il risultato di un processo educativo che tiene conto non solo delle competenze disciplinari acquisite dagli studenti, ma anche del loro sviluppo personale, della loro capacità di pensare in modo critico e di partecipare attivamente alla società. Tuttavia, quando i finanziamenti sono legati al numero di promossi, il rischio è che l’enfasi si sposti dalla qualità dell’istruzione al semplice numero di studenti che “superano” l’anno scolastico.
In questo scenario, la scuola può trasformarsi in una fabbrica di promozioni, dove il valore dell’apprendimento autentico viene sacrificato sull’altare delle necessità economiche. Ci si potrebbe chiedere: quale tipo di educazione si sta fornendo, quando la priorità non è più quella di garantire una solida base di conoscenze e competenze, ma quella di far quadrare i bilanci?
La qualità dell’istruzione sotto pressione
L’idea che la qualità dell’istruzione possa essere valutata solo attraverso il numero di promossi è riduttiva e fuorviante. Un alto tasso di promozione non è necessariamente indice di un sistema scolastico sano o efficace. Al contrario, può mascherare profonde lacune nella preparazione degli studenti. Se il focus si sposta sull’esito finale, la tendenza può essere quella di “gonfiare” i voti o di abbassare gli standard, affinché tutti o quasi tutti gli studenti riescano a passare l’anno.
Questo approccio non solo danneggia gli studenti, ma anche gli insegnanti. Questi ultimi, infatti, potrebbero essere spinti a ridurre le loro aspettative o a modificare i criteri di valutazione per evitare di compromettere i finanziamenti della scuola. L’insegnamento diventa così un esercizio di diplomazia educativa, dove la priorità non è tanto formare lo studente quanto garantire che tutti abbiano un percorso senza intoppi verso la promozione.
Tale pressione può portare a un livellamento verso il basso, in cui l’eccellenza scolastica e l’impegno critico vengono sacrificati per raggiungere obiettivi numerici. La conseguenza è una profonda disillusione nei confronti del valore stesso della scuola, che non è più percepita come un luogo di crescita e sfida intellettuale, ma come un ambiente in cui il successo è garantito a prescindere dall’impegno.
L’impatto sugli studenti: un danno silenzioso
Quando la promozione diventa un obiettivo imposto dal sistema, piuttosto che il riflesso di un vero apprendimento, gli studenti sono tra i primi a subirne le conseguenze. In un contesto in cui il valore dell’istruzione è misurato solo in base ai numeri, gli studenti possono sviluppare un atteggiamento di passività nei confronti del loro percorso educativo. Se la promozione è vista come garantita, senza un reale confronto con le proprie difficoltà e senza una vera spinta al miglioramento, viene a mancare la motivazione intrinseca allo studio.
Inoltre, questa dinamica può rafforzare l’idea che l’istruzione non sia un processo di lungo termine, che richiede impegno e perseveranza, ma piuttosto un passaggio meccanico da un anno all’altro. Il pericolo più grande è che, una volta usciti dal contesto scolastico, gli studenti non siano realmente preparati ad affrontare le sfide della vita adulta, poiché non hanno mai dovuto affrontare un reale confronto con i propri limiti o con la necessità di migliorare.
La vera promozione non dovrebbe essere semplicemente il passaggio da una classe all’altra, ma il risultato di un percorso di crescita e di apprendimento profondo, in cui lo studente acquisisce non solo conoscenze tecniche, ma anche la capacità di pensare in modo autonomo, di risolvere problemi complessi e di adattarsi a un mondo in continua evoluzione.
Il ruolo degli insegnanti: custodi della qualità educativa
In questo quadro, il ruolo degli insegnanti diventa particolarmente delicato. Se da un lato essi sono i primi a sperimentare le pressioni di un sistema che premia la promozione di massa, dall’altro hanno il compito di preservare la qualità dell’istruzione e di garantire che i loro studenti ricevano una formazione autentica e significativa.
Gli insegnanti, quindi, devono bilanciare le esigenze del sistema con il loro ruolo di educatori. Non possono limitarsi a “sfornare” promossi, ma devono essere in grado di proporre un’educazione che sia sfidante, che incoraggi il pensiero critico e che offra agli studenti gli strumenti per affrontare le difficoltà in modo autonomo. In questo senso, la valutazione dovrebbe tornare ad essere uno strumento formativo, piuttosto che un semplice atto burocratico. Una valutazione autentica non premia solo il risultato finale, ma valorizza il processo di apprendimento e il miglioramento progressivo dello studente.
Ripensare il sistema di finanziamento scolastico
Se i finanziamenti ministeriali legati al numero di promossi possono sembrare, a prima vista, un modo efficace per garantire l’efficienza del sistema scolastico, è evidente che le conseguenze a lungo termine rischiano di essere deleterie. È quindi necessario ripensare il modo in cui vengono assegnati i finanziamenti, spostando l’attenzione dal numero di studenti che passano l’anno scolastico alla qualità complessiva dell’istruzione offerta.
Un sistema di finanziamento più equo e lungimirante dovrebbe tenere conto di una varietà di indicatori, non solo quantitativi, ma anche qualitativi: il livello di soddisfazione degli studenti e delle famiglie, il tasso di successo a lungo termine degli ex-studenti, il miglioramento effettivo delle competenze durante l’anno scolastico, e l’inclusività delle scuole nel sostenere gli studenti in difficoltà. Questi fattori possono fornire un quadro più accurato della salute del sistema scolastico e garantire che l’istruzione resti un percorso di crescita reale e significativo.
Verso un nuovo paradigma educativo?
Come ci invita a riflettere Paolo Crepet, il legame tra finanziamenti e numero di promossi è un rischio che può condurre a risultati catastrofici. Per evitare questo scenario, è necessario ripensare profondamente il nostro approccio all’istruzione, restituendo alla scuola il suo ruolo di luogo di crescita autentica, di confronto con i propri limiti e di scoperta delle proprie potenzialità.
La sfida educativa non può essere ridotta a una questione di numeri. L’istruzione deve tornare ad essere un processo umano, complesso e ricco, in cui ogni studente viene accompagnato lungo un percorso di crescita personale e intellettuale, e in cui il vero successo non è misurato dalla promozione, ma dalla capacità di affrontare le sfide della vita con consapevolezza, competenza e spirito critico. Solo così potremo costruire una scuola che, anziché sfornare promossi, formi cittadini capaci di pensare, agire e contribuire positivamente alla società.