Riformare la Scuola Media: riduciamo l’unità oraria delle lezioni per attività alternative ad alto impatto educativo

Le Indicazioni Nazionali per il Curricolo, in particolare il documento “Cultura, Scuola, Persona”, hanno rappresentato un punto di svolta nella ridefinizione dell’identità della scuola italiana, promuovendo una visione olistica dell’educazione fondata sulla centralità della persona e sulla valorizzazione della cultura come leva formativa. Questo impianto teorico e pedagogico ha offerto una cornice di riferimento innovativa, capace di orientare la scuola verso la personalizzazione dell’insegnamento, l’inclusione e la costruzione di competenze trasversali.
Tuttavia, a distanza di anni, questa visione è oggi al centro di una revisione che si muove tra la volontà di introdurre nuove prospettive e la tentazione di ripristinare modelli del passato. Un riesame, questo, nato dal bisogno di rispondere alle criticità emerse nell’attuazione delle riforme: ciò che era stato pensato con ambizione, in molti casi, è rimasto lettera morta, oppure ha trovato applicazione solo parziale e disomogenea sul territorio nazionale. L’attuale fase riflessiva mira a colmare queste lacune, interrogandosi su ciò che si sarebbe potuto fare meglio e su ciò che, pur avendo un potenziale trasformativo, non è stato mai realmente realizzato nella prassi scolastica.
Una scuola sempre più lontana dall’aula
La scuola sembra progressivamente allontanarsi dal suo fulcro educativo: l’aula e la relazione diretta con bambini, ragazzi e giovani. L’azione didattica quotidiana appare sempre più marginalizzata, mentre le figure centrali del sistema scolastico, a partire dai Dirigenti Scolastici, sembrano essere sempre più coinvolte in attività di tipo amministrativo e gestionale, riducendo il proprio ruolo di guida pedagogica. Non si tratta solo di un cambiamento formale, ma di una mutazione sostanziale della funzione educativa che rischia di disorientare l’intero sistema. Parallelamente, molti insegnanti, attratti dalla possibilità di ricevere compensi attraverso incarichi come esperti o tutor nei numerosi progetti finanziati con fondi strutturali e diretti (come PON, PNRR, Erasmus+), investono una parte significativa del proprio impegno in attività extracurricolari. Questo fenomeno, pur legittimo e in parte positivo, comporta talvolta una riduzione del tempo e delle energie dedicati alla progettazione didattica, alla riflessione metodologica e alla cura della relazione educativa con gli studenti. Il rischio concreto è che la scuola diventi una sommatoria di progetti, perdendo il senso dell’unità del curricolo e la profondità del processo di insegnamento-apprendimento.
Le criticità della scuola media
Molti riconoscono nella scuola secondaria di primo grado l’anello debole del sistema scolastico italiano, una terra di mezzo che troppo spesso resta sospesa tra l’approccio accogliente della scuola primaria e l’impostazione selettiva della secondaria di secondo grado. Se la scuola primaria ha conseguito risultati brillanti nelle rilevazioni internazionali IEA PIRLS, grazie a metodologie didattiche innovative e a una forte centralità del bambino, la scuola media fatica, invece, a mantenere lo stesso livello di eccellenza. I risultati delle prove OCSE PISA evidenziano prestazioni mediamente inferiori: rendimenti solo nella media in matematica, superiori alla media OCSE in lettura, ma significativamente più bassi in scienze. Questi dati, se letti con attenzione, suggeriscono la presenza di un problema strutturale: un curricolo spesso frammentato, un corpo docente diviso tra culture professionali diverse, un’età dello sviluppo delicata ma poco accompagnata da un vero progetto educativo. In molti casi, la scuola media si limita a replicare modelli didattici trasmissivi, nonostante il potenziale enorme di questo segmento scolastico nel promuovere competenze trasversali, pensiero critico e orientamento. Serve un ripensamento profondo, che restituisca alla scuola media una vera identità pedagogica.
Il potenziale inespresso
Nonostante le criticità, l’attuale assetto della scuola media conserva ancora numerose potenzialità inespresse, che se opportunamente valorizzate potrebbero tradursi in un autentico rinnovamento pedagogico. Una delle leve più significative è rappresentata dalla quota del 20% di autonomia curricolare, prevista dalla normativa vigente, che consente alle scuole di modellare parte del percorso formativo in base alle esigenze degli studenti e del contesto territoriale. Questa possibilità, troppo spesso trascurata o sfruttata in maniera marginale, costituisce, invece, uno strumento potente per avviare pratiche didattiche innovative e rispondere con flessibilità ai bisogni educativi emergenti.
Seguendo l’approccio dell’Universal Design for Learning (UDL), la scuola media può diventare il luogo privilegiato per costruire un ambiente realmente inclusivo, in cui ogni studente trovi modalità di accesso, partecipazione e espressione che valorizzino le proprie capacità. La didattica può così trasformarsi da trasmissiva a partecipativa, da omogenea a differenziata, da astratta a connessa alla vita concreta. In questa prospettiva, la scuola media si configura non solo come spazio di apprendimento, ma come officina di senso e crescita personale, dove l’errore diventa occasione di miglioramento e l’intelligenza emotiva trova lo stesso valore delle conoscenze disciplinari. L’esempio virtuoso dell’educazione dell’infanzia 0-6, con la sua enfasi sull’esplorazione, il gioco, la scoperta e i cento linguaggi dei bambini, può e deve ispirare anche la scuola degli adolescenti, per recuperare il legame profondo tra apprendere e vivere.
Un percorso storico di trasformazione
La scuola media ha una lunga e complessa storia che riflette l’evoluzione della società italiana e del suo rapporto con l’istruzione. Il suo nucleo originario risale alla Legge Casati del 1859, promulgata durante il Regno di Sardegna e poi estesa all’Italia unificata, che per la prima volta istituisce un sistema scolastico nazionale, distinguendo chiaramente tra scuola primaria e secondaria. Tuttavia, è con la Riforma Gentile del 1923, voluta dal filosofo Giovanni Gentile e attuata durante il regime fascista, che la scuola media assume un’impostazione fortemente selettiva ed elitaria. Il modello gentiliano si fonda su un impianto rigidamente umanistico, pensato per preparare una ristretta élite destinata agli studi liceali e universitari, escludendo di fatto gran parte della popolazione da percorsi di istruzione superiori.
La svolta arriva con la Riforma Gui del 1962, che istituisce la Scuola Media Unica obbligatoria, aprendo finalmente l’accesso all’istruzione secondaria a tutti i cittadini. Questa riforma rappresenta un passaggio epocale verso l’uguaglianza educativa e l’inclusione sociale. Il nuovo impianto curricolare mira a garantire una formazione equilibrata, integrando l’area linguistico-umanistica con quella matematico-scientifica e introducendo le discipline tecniche e artistiche. In questo contesto, nasce l’insegnamento di Educazione Tecnica, pensato per fornire agli studenti competenze manuali e operative, fondamentali per comprendere il mondo produttivo e tecnologico. Tuttavia, in linea con gli stereotipi di genere allora dominanti, la disciplina veniva articolata in modo differenziato per maschi e femmine: ai primi erano destinati contenuti legati alla meccanica, all’elettricità e alla lavorazione dei materiali; alle seconde attività come cucito, economia domestica e igiene.
Solo a partire dagli anni ’90 si realizza una piena unificazione del curriculum di Educazione Tecnica, superando la divisione di genere e orientando l’insegnamento verso la progettualità, il disegno tecnico, l’uso degli strumenti e l’avvio all’informatica. Questo cambiamento sancisce il riconoscimento di una visione più moderna e paritaria dell’educazione, in linea con le trasformazioni culturali, sociali e professionali del Paese.
Le riforme del nuovo millennio
Con la Riforma Moratti del 2003, la scuola media entra in una nuova fase orientata alla personalizzazione dei percorsi formativi e all’integrazione delle tecnologie nell’insegnamento, promuovendo un impianto curricolare che valorizza le competenze digitali e l’autonomia didattica. Questa riforma, ispirata ai principi dell’individualizzazione e dell’inclusione, ha cercato di costruire un ponte tra tradizione e innovazione, potenziando l’uso degli strumenti tecnologici e l’introduzione della figura del tutor per l’orientamento formativo.
La Riforma Fioroni del 2007 si inserisce in questo solco, rafforzando la visione di una scuola capace di accompagnare i ragazzi nella costruzione del sé e del proprio progetto di vita. Con l’innalzamento dell’obbligo scolastico a dieci anni, si consolida l’idea che l’istruzione debba garantire a tutti gli studenti un nucleo comune di competenze chiave europee. In questo contesto, l’Educazione Tecnica viene mantenuta e potenziata, prevedendo tre ore settimanali nel triennio della scuola media, articolate in attività di disegno tecnico, progettazione, introduzione all’informatica e riflessione critica sull’uso delle tecnologie. La disciplina assume una funzione trasversale, contribuendo all’orientamento precoce degli studenti e allo sviluppo del pensiero progettuale e operativo.
Con la Riforma Gelmini del 2008, tuttavia, l’organizzazione scolastica viene ristrutturata secondo una logica di contenimento dei costi e razionalizzazione delle risorse. L’Educazione Tecnica, ridenominata “Tecnologia”, subisce una riduzione oraria da tre a due ore settimanali, con conseguente compressione del tempo dedicato all’apprendimento pratico e laboratoriale. Questa scelta, criticata da molti addetti ai lavori, ha segnato un arretramento nella valorizzazione delle competenze tecnico-scientifiche in un momento storico in cui l’educazione digitale stava acquisendo un ruolo sempre più centrale. La perdita di un’ora settimanale ha comportato, in molti casi, una marginalizzazione dell’informatica di base e delle attività manuali e progettuali, privando gli studenti di uno spazio fondamentale per l’apprendimento attivo e l’espressione delle proprie attitudini pratiche.
L’organizzazione attuale
Oggi la scuola media prevede un monte ore settimanale standard di circa 30 ore, suddivise tra le principali discipline curricolari, come Italiano, Matematica, Scienze, Storia, Geografia, Lingue straniere, Tecnologia, Educazione Artistica, Musica, Educazione Fisica e Religione o attività alternative. In molte scuole, è attivo il modello a tempo prolungato, che consente di estendere l’orario settimanale fino a 36 o addirittura 40 ore, offrendo spazi aggiuntivi per il potenziamento delle discipline, il recupero delle lacune, lo svolgimento di attività interdisciplinari e la realizzazione di progetti tematici.
Questa articolazione flessibile permette alle istituzioni scolastiche di adattare l’offerta formativa ai bisogni concreti del territorio e agli interessi degli studenti, incentivando l’adozione di metodologie innovative e laboratoriali. Nei percorsi ad indirizzo musicale, inoltre, il curricolo viene arricchito con lo studio individuale e collettivo di uno strumento, lezioni di teoria e solfeggio, e pratica della musica d’insieme. Questa impostazione consente agli studenti di sviluppare sensibilità artistica, disciplina, ascolto attivo e lavoro cooperativo, contribuendo a una formazione più completa e armonica che valorizza anche le intelligenze musicali e corporeo-cinestetiche.
Una scuola personalizzata e innovativa
Attraverso il Regolamento dell’Autonomia, e in particolare facendo leva sull’art. 4, comma 2, lettera b del DPR 275/99, è possibile ripensare la didattica della scuola media in chiave laboratoriale, esperienziale e personalizzata. Tale norma consente la riduzione dell’unità oraria delle lezioni, recuperando così una quantità significativa di tempo scuola da destinare ad attività alternative ad alto impatto educativo. Queste attività possono essere organizzate in classi aperte, flessibili e interclassi, dove gli studenti, con il consenso delle famiglie, scelgono percorsi formativi coerenti con i propri interessi, bisogni e potenzialità.
Utilizzando fino al 20% della quota di autonomia prevista, le scuole possono avviare moduli innovativi progettati collegialmente dai docenti, in coerenza con le Indicazioni Nazionali e con il Profilo delle competenze attese al termine del primo ciclo. Questi moduli possono poi essere scelti liberamente dalle famiglie, anche a classi aperte, e realizzati dagli stessi docenti che li hanno progettato e proposti, che in questo modo completano il proprio orario settimanale senza costi aggiuntivi per la scuola. Ciò consente di superare la rigidità del tradizionale impianto disciplinare, dando vita a una scuola dinamica e inclusiva, capace di promuovere talenti, accompagnare fragilità e sostenere un apprendimento autentico, profondo e duraturo. In quest’ottica, il curricolo scolastico non è più inteso come un contenitore chiuso e standardizzato, ma come un tessuto flessibile e adattabile, in grado di dialogare con le aspirazioni degli studenti e con le sfide della contemporaneità.
Immaginare una scuola viva e coinvolgente
Una scuola che abbraccia i “cento linguaggi” di Loris Malaguzzi – simbolo di una pedagogia che valorizza la pluralità dei modi di apprendere, esprimersi, comunicare e costruire conoscenza – non solo è possibile, ma oggi è necessaria. Si tratta di una scuola che promuove l’esplorazione attiva, la scoperta personale, il talento individuale e il successo formativo certo per ciascuno, riconoscendo la molteplicità delle intelligenze e dei potenziali presenti in ogni studente.
Attraverso l’Edutainment, che fonde apprendimento e intrattenimento, l’Outdoor Learning, che riscopre il valore educativo dell’ambiente esterno, la gamification, che trasforma l’impegno cognitivo in sfida motivante, il metaverso, che estende i confini dell’aula in spazi immersivi digitali, e la robotica educativa, che coniuga pensiero computazionale e creatività, ogni disciplina può essere resa viva, concreta e coinvolgente.
In questo contesto, i docenti assumono un ruolo chiave come mediatori culturali e facilitatori di esperienze significative. Sfruttando anche le proprie competenze extracurricolari e passioni personali, spesso acquisite al di fuori dell’apprendimento formale, possono progettare e condurre laboratori stimolanti, senza costi aggiuntivi per l’amministrazione scolastica. Tali attività trasformano le ore di lezione da spazi formali e ripetitivi in autentiche occasioni di crescita, scoperta, relazione e costruzione di senso. Così la scuola torna ad essere un luogo desiderabile, generativo, capace di accendere la curiosità e l’immaginazione di ogni studente.
Verso il futuro
La scuola media può e deve essere oggetto di una profonda trasformazione, non solo per rispondere alle esigenze del presente, ma per preparare attivamente il futuro dell’istruzione. In attesa di una necessaria riforma strutturale del primo ciclo che superi l’attuale frammentazione tra scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, è fondamentale operare con gli strumenti già oggi disponibili. Questa trasformazione non può limitarsi a interventi marginali o sperimentazioni isolate: richiede una visione sistemica, coraggiosa e condivisa.
Grazie alla dedizione di educatori consapevoli, capaci di innovare con responsabilità e passione, e alla guida offerta dal Movimento Avanguardie Educative di INDIRE, che promuove un approccio pedagogico centrato sullo studente, sulla flessibilità organizzativa e sull’integrazione tra sapere e saper fare, possiamo costruire giorno dopo giorno una scuola più equa, dinamica e generativa. Una scuola capace di ispirare, di formare coscienze critiche e creative, di accompagnare ogni giovane nella scoperta di sé e del mondo, promuovendo un apprendimento significativo, sostenibile e orientato alla costruzione di cittadinanza attiva e consapevole.