Riforma reclutamento, poco spazio di manovra per le modifiche: Bianchi non vuole rivoluzioni. Ma i sindacati scendono in piazza

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Sono giorni frenetici in Commissione Cultura e Istruzione al Senato: le forze politiche stanno lavorando agli emendamenti al decreto legge 36 su reclutamento e formazione docenti. Non si prevedono tuttavia modifiche sostanziali: Patrizio Bianchi ha infatti messo le mani avanti, difendendo l’idea alla base della riforma.

Se all’indomani dell’approvazione del decreto da parte del Governo il titolare di Viale Trastevere difendeva semplicemente le ragioni che hanno portato a costruire il nuovo reclutamento insegnanti, a pochi giorni dalla presentazione delle modifiche da parte dei partiti il Ministro dell’Istruzione è ancora più categorico: “L’impianto non può essere sdradicato”, ha detto Bianchi pochi giorni fa proprio in audizione in Commissione, aggiungendo che “se arriva una proposta dal Parlamento che riesca a migliorare tale aspetto allora va bene“, ma evidentemente per Bianchi non possono essere prese in considerazioni rivoluzioni di alcun tipo.

“La Commissione europea ci chiedeva un percorso standard per gli insegnanti della scuola secondaria di primo e secondo grado, per questo abbiamo fornito un percorso standard per chi vorrà fare l’insegnante”, ha spiegato Patrizio Bianchi, evidenziando ancora una volta che la riforma è stata pensata e strutturata sulla base del PNRR.

Dunque le forze politiche sono avvisate: lo spazio di manovra per le modifiche sembra essere ridotto.

Eppure da qualche giorno gli esponenti della politica hanno iniziato ad anticipare su quali punti si concentreranno per modificare il decreto.

Il partito democratico, proprio nelle ultime ore, sta iniziando a scoprire le carte: “Nei nostri emendamenti hanno spiegato gli esponenti dem abbiamo previsto quindi l’eliminazione dei tagli all’organico potenziato, l’avvio del percorso formativo durante la laurea magistrale e non più durante la triennale, una fase transitoria rivolta al personale docente in possesso dei 36 mesi di servizio e a coloro che sono in possesso di 24 cfu, la modifica del percorso di formazione incentivata, con un più ampio rinvio alla contrattazione collettiva e la previsione di scatti di carriera anticipata per coloro che vi prendono parte”.

Chi aveva già bocciato chiaramente sin dalla prima ora la riforma Bianchi è la Lega: “nella fase transitoria del nuovo meccanismo di reclutamento dei docenti, va invertito l’ordine dei fattori indicato dal decreto legge 36”, dice senza giri di parole vicepresidente il Commissione Cultura Senato e Responsabile Dipartimento Istruzione Lega, Mario Pittoni, che, oltre ad esporre per intero la propria posizione e quella del suo partito, aggiunge: “prioritario non sia il concorso, ma la disponibilità di percorsi formativi abilitanti all’insegnamento senza numero chiuso e senza dover prima superare l’ennesima selezione, e l’accesso diretto ai corsi di specializzazione sul sostegno con tre annualità di esperienza specifica (attualmente oltre un docente di sostegno su tre non è specializzato)”.

Si attendono proposte di intervento anche dal M5S, che, per bocca della senatrice Danila De Lucia, capogruppo del pentastellati in Commissione Istruzione al Senato, annunciano di essere “al lavoro sul testo del decreto sulla scuola collegato al PNRR, attualmente in commissione istruzione al Senato. Si tratta di un lavoro di ascolto e di studio portato avanti insieme ai colleghi di Camera e Senato, con l’obiettivo di formulare proposte di modifica utili a migliorare il testo. In particolare per noi è necessario scongiurare qualsiasi tipo di taglio e continuare la stagione di investimenti sulla scuola avviata dal governo Conte II”.

Inoltre – prosegue de Lucia – chiediamo venga meno la possibilità di espletare le prove concorsuali tramite quiz a crocette, uno strumento che si è dimostrato inidoneo a valutare la qualità dei candidati al ruolo di insegnante. Siamo convinti che attraverso un lavoro di condivisione anche con i relatori e con le altre forze di maggioranza, il Parlamento potrà migliorare il testo del decreto e rispondere in maniera più efficace alle esigenze della scuola italiana, che resta al centro della nostra agenda politica e rappresenta il miglior investimento per il Paese“.

Moderatamente soddisfatta Italia Viva, che però vorrebbe comunque aggiustare il tiro: “L’impianto complessivo della formazione iniziale è ben indirizzato verso una soluzione che, in particolare sull’importanza di una formazione specifica rispetto all’insegnamento, tiene insieme il FIT previsto dalla riforma Renzi-Fedeli e il vecchio TFA. L’aspetto tuttavia più preoccupante riguarda le coperture: il provvedimento sopprime circa 12.000 posti e toglie risorse agli insegnanti, decurtando la carta del docente di 500 euro“.

Nel frattempo però la scuola si mobilita: lunedì prossimo 30 maggio sciopero generale indetto da Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda, ai quali si è poi aggiunto anche Anief.

Con il DL 36dicono le sigle che hanno organizzato la protesta – emergono tutte le contraddizioni di misure volte allo stravolgimento del sistema di istruzione a cui si chiedono ulteriori sacrifici in termini di tagli e riduzioni di risorse investite. Il DEF, per i prossimi tre anni, prevede addirittura una diminuzione degli investimenti per la scuola pari allo 0,5% del PIL, riportando la spesa in istruzione ai livelli di dieci anni fa“.

Con il nuovo sistema di reclutamento, si perde definitivamente il valore aggiunto rappresentato dalle migliaia di docenti precari che resteranno esclusi. Nessuna reale possibilità di stabilizzazione.
E ciò, in contrasto con il buon senso oltre che con le indicazioni della Giustizia europea“, aggiungono.

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