Riforma pensioni: le ipotesi per uscire a 64 anni sono 3, mettiamole a confronto

3 ipotesi di riforma che permetterebbero l’uscita al compimento dei 64 anni.
La riforma della pensioni, molto probabilmente, è rimandata al prossimo anno. La fine dell’attuale governo, le elezioni ed il rinnovo della legislatura, infatti, portano una brusca frenata a qualsiasi decisione bisogna prendere per andare a sopperire alla scandenza della quota 102 a fine anno. In ogni caso quello occorre al sistema previdenziale italiano non è solo una “misura tampone” ma una profonda riforma che possa, in qualche modo, attenuare le rigidità imposte della legge Fornero.
Abbiamo riportato, un un precedente articolo, quelle che sono le varie proposte dei partiti per l’inserimento di una misura flessibile nel 2023. Ma ricordiamo che la casse dello Stato non possono sostenere spese troppo elevate a copertura della previdenza. E proprio per questo la maggior parte delle ipotesi resteranno solo proposte.
3 soluzioni per uscire a 64 anni
Ci sono ben 3 soluzioni per il 2023 per uscire con 64 anni e, sono tutte più o meno sostenibili a livello di costi. Una soluzione prevede il compimento dei 64 anni e l’aver versato almeno 35 anni di contributi. L’assegno è calcolato interamente con il sistema contributivo e la misura va a ricalcare un pò la pensione anticipata contributiva prevista dalla Legge Dini del 1995. Anche questa, infatti, prevede un importo minimo che deve raggiungere almeno le 2,2 volte l’assegno sociale INPS.
La seconda soluzione, che permette sempre l’uscita a 64 anni prevede, però, una penalizzazione del 3% per ogni anno che si anticipa rispetto alla pensione di vecchiaia. E anche in questa i contributi richiesti sono di almeno 35 anni con assegno minimo della futura pensione fissato a 2,2 volte l’assegno sociale INPS.
La terza ipotesi è quella proposta da Pasquale Tridico che prevede una pensione a 2 quote: una all’accesso (63 o 64 anni) che prevede la sola pensione derivante dai contributi versati nel sistema contributivo, l’altra al compimento dei 67 anni che prevede la liquidazione della quota di pensione retributiva. Proprio quest’ultima è la misura che impatta meno sulle casse dello Stato e potrebbe, quindi, essere la più papabile.
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