Riforma pensioni in alto mare, anzi con Quota 104 si uscirà un anno dopo: Anief non ci sta e rilancia l’uscita anticipata di docenti e Ata come nelle forze armate col riscatto gratuito degli studi universitari

Dopo le promesse in campagna elettorale, sulla riforma delle pensioni il Governo tira già la maschera: ci sono poche risorse e nel 2025 potrebbe addirittura arrivare Quota 104, che significherebbe un anno in più di richiesta per uscire dal lavoro.
La novità peggiorativa, annunciata in queste ore dalla stampa, è in arrivo con il Documento di Economia e Finanza che la prossima settimana verrà portato sul tavolo del Consiglio dei Ministri, con tanto di penalizzazione economica pure sull’assegno di quiescenza “per via del ricalcolo contributivo”: il problema è che “le stime di crescita dell’economia sono contenute – anzi la percentuale dell’1% stimata nel Def sembra essere persino troppo ottimistica – e da parte della Bce non è arrivata ancora quell’apertura a un taglio dei tassi di interesse che aiuterebbe a liberare delle risorse per la prossima manovra finanziaria”.
Si può quindi dire senza quasi più dubbi, ad un anno e mezzo dall’avvio della nuova legislatura, che l’annunciata controriforma del sistema pensionistico rimane in alto mare poiché mancherebbero i soldi nel Documento di economia e finanze.
“Di fatto – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – nella scuola si è sta sempre più rompendo il patto generazionale: una 30enne giovane insegnante precaria andrà in pensione dopo mezzo secolo di lavoro e con un assegno intorno al 70% dell’ultimo stipendio. Non lo diciamo noi ma il sistema di simulazione ‘pensami’, simulatore dei sistemi pensionistici, messo a disposizione dall’Inps”.
Il sindacato Anief, preso atto di tale situazione, chiede una finestra per il personale scolastico: “Si tratta – continua Pacifico – di lavoratori molto più a rischio di incorrere nel burnout rispetto al resto della pubblica amministrazione. Chi governa la scuola non può continuare a fare finta di nulla: per dare una risposta efficace al problema, basterebbe dare applicazione alle stesse regole in vigore oggi per i dipendenti delle forze armate e prevedere il riscatto gratuito degli anni di formazione e universitaria più l’eventuale integrazione dei fondi bancari. Infine, la pensione integrativa con Espero dovrebbe essere una scelta consapevole e non imposta dai soci fondatori del fondo di comparto, come è stato deciso di recente per i neo-assunti dal 2019”, conclude il leader dell’Anief.
Il presidente nazionale ne parlerà anche dopodomani, mercoledì 10 aprile, alle ore 15.30 in un Webinar, realizzato da Anief in collaborazione con Eurosofia, dal titolo: “Fondo Pensione Espero, La trappola del silenzio-assenso”. Gli interessati possono registrarsi cliccando su questo link.
Un recente studio dell’Aran, l’Agenzia che opera per la PA, ha evidenziato i dati relativi agli occupati nella Pubblica Amministrazione per classi di età e genere. E nella scuola l’invecchiamento è evidente: su 1.183.442 lavoratori complessivi (di cui 933.945 donne e e 249.497 uomini), quasi la metà (ben 449.992) è compresa nella classe di età 50-59 anni. Nella PA la presenza di dipendenti appartenenti alla fascia anagrafica 50-59 anni è minore: su 3.238.744 lavoratori, solo 1.266.135 sono collocati in quel range. Nella scuola, se si guarda a tutti gli over 50 si scopre che oltre il 56,5% rientra in questa casistica. È emblematico anche che l’età media del personale scolastico, in prevalenza composto da insegnanti, è pari a 50,6 anni per gli uomini, 50,4 anni per le donne. Nei numeri dell’Aran c’è anche la mancanza di possibilità di fare carriera per chi lavora a scuola: su 1.183.442 lavoratori, ben 1.175.897 è personale non dirigente.