Riforma pensioni 2023: siamo come sempre in ritardo
La riforma pensioni si allontana e sembra un miraggio poterla realizzare prima del DEF. Ma quali sono le alternative?
Prima il COVID e poi la guerra hanno ritardato enormemente la riforma delle pensioni. Che ora sembra essere solo un miraggio da raggiungere prima del DEF. Il prossimo incontro tra governo e parti sociali, infatti, non è stato ancora fissato e questo lascia molti dubbi e perplessità su quelle che potranno essere le forma di pensionamento del prossimo anno.
La prima fase della riforma, abbozzata prima dello scoppio della guerra in Ucraina, ha ora raggiunto una fase di stallo. Anche e soprattutto in virtù del fatto che le parti in causa non sono riuscite a raggiungere un’intesa sulla flessibilità in uscita.
Riforma pensioni e le proposte del governo
L’esecutivo ha proposto ai sindacati una flessibilità in uscita basata interamente sul ricalcolo interamente contributivo dell’assegno previdenziale. Ovviamente la proposta non ha trovato in nessun modo l’approvazione delle parti sociali. Visto che comunque si tratterebbe di una forma di anticipo che peserebbe interamente sulle spalle dei lavoratori.
Ora sembra profilarsi all’orizzonte solo un ritorno della Legge Fornero dopo la scadenza, il 31 dicembre 2022, della quota 102 che avrebbe dovuto solo accompagnare i lavoratori alla prossima riforma.
Ovviamente il governo ha ancora tempo a disposizione visto che, in ogni caso, una qualche misura flessibile potrebbe essere inserita anche nella Legge di Bilancio di fine anno. Ma attualmente sembra che l’interesse della nostra classe dirigente è assorbita, giustamente, da altre questioni ben più importanti.
Ma sembra che ci sia sempre qualcosa che distoglie l’attenzione dei politici dalla riforma pensioni che, ricordiamo, non riguarda solo i lavoratori ma anche le casse dello Stato. Nella peggiore delle ipotesi, in ogni caso, dal 1 gennaio 2023 ci troveremo a fare i conti con le misure previste dalla Legge Fornero più la quota 41 precoci. Rimarrebbero, inoltre, anche le pensioni contributive e quella prevista per l’anticipo per i lavoratori usuranti (quota 97,6).
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