Riforma Naspi 2025, sarà più difficile ottenerla con i nuovi requisiti. Ecco perché

Nel 2025 è stata varata una riforma della NASpI che sta generando significative difficoltà per alcune categorie di lavoratori, tra cui i supplenti scolastici, comprendenti sia i docenti che il personale ATA. Le modifiche, introdotte con la legge di bilancio, ai criteri di accesso all’indennità di disoccupazione gestita dall’INPS rischiano di escludere molti di questi lavoratori, specialmente coloro che operano con contratti a termine e poi si dimettono per valutare altre opportunità.
Il nuovo requisito delle 13 settimane di contribuzione
Uno dei cambiamenti principali riguarda la situazione di chi ha presentato dimissioni volontarie nei 12 mesi precedenti la richiesta di NASpI.
A partire da gennaio 2025, per accedere all’indennità sarà necessario dimostrare di aver accumulato almeno 13 settimane di contribuzione nell’anno precedente alla perdita involontaria dell’ultimo lavoro. Questo vincolo risulta penalizzante per i precari scolastici, spesso vincolati a contratti brevi o annuali che non garantiscono una copertura contributiva sufficiente.
In passato, i lavoratori che avevano accumulato contributi nei 4 anni antecedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro potevano richiedere la NASpI. La norma includeva eventi come il licenziamento, la scadenza del contratto o le dimissioni per giusta causa.
Con il nuovo requisito delle 13 settimane, molti supplenti potrebbero restare esclusi dall’indennità.
Impatti sui lavoratori precari
La nuova regolamentazione avrà un impatto significativo soprattutto su coloro che passano da un impiego all’altro, non riuscendo ad accumulare contributi sufficienti. Tale condizione caratterizza spesso i supplenti della scuola, già esposti a condizioni di precarietà e a un contesto lavorativo instabile. Per questa categoria, il mancato accesso alla NASpI potrebbe comportare una maggiore vulnerabilità economica.
L’attuale struttura della NASpI
Attualmente, l’indennità NASpI prevede un sostegno economico pari al 75% della retribuzione media percepita nei quattro anni precedenti, calcolata su un periodo equivalente alla metà delle settimane contributive degli ultimi 48 mesi. L’obiettivo è garantire un reddito temporaneo ai lavoratori disoccupati, consentendo loro di cercare un nuovo impiego. Tuttavia, le modifiche introdotte rischiano di ridurre la platea dei beneficiari, limitando l’efficacia di questo strumento di welfare.