Riforma filiera tecnologico-professionale, Chiappa: “Sono percorsi di 6 anni, non di 4. Vi spiego perché è necessaria. Riguarderà anche i licei”. INTERVISTA

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“I ragazzi della GenZ, la Generazione Zeta, sono uguali a noi ma sono diversi. Abbiamo a che fare con ragazzi che fin dal concepimento hanno a che fare con le macchine intelligenti. I Luddisti, ha presente i Luddisti? Distruggevano i telai meccanici, negli anni della prima rivoluzione industriale? Ecco, il tempo è trascorso, siamo già alla quinta rivoluzione, ed è urgente fare in modo che i nostri ragazzi apprendano in maniera corretta”.

Maurizio Chiappa è l’animatore della Riforma dell’istruzione tecnica e professionale. Una laurea in Fisca e già Dirigente scolastico fino a ottobre 2024, è diventato da quella data Direttore generale per l’istruzione tecnica e professionale. E’ lui che sta portando avanti con convinzione la Riforma dell’Istruzione tecnica e professionale con i percorsi cosiddetti 4+2 della filiera formativa tecnologico-professionale.

La filiera formativa tecnologico-professionale è un percorso di quattro anni di scuola superiore e due da svolgere negli Its Academy integrati con esperienze a contatto con le aziende. Gli Its sono già operativi in molte regioni italiane, vi si accede con un test d’ingresso e vi risultano iscritti circa 40.000 studenti già diplomati dopo l’esame di Stato a scuola. La riforma prevede una decuplicazione delle iscrizioni: si consideri che in Germania sono oltre 900.000 gli iscritti agli Its. Nelle intenzioni del legislatore, la filiera ha l’obiettivo di offrire agli studenti un’ampia gamma di opportunità formative nel settore tecnologico e professionale. Questa proposta formativa si basa su un sistema integrato e in rete, in grado di garantire una vasta scelta di percorsi: dall’istruzione tecnica e professionale, ai programmi di istruzione e formazione professionale, fino ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) e di specializzazione terziaria. Il tutto è reso possibile grazie alla collaborazione e alla sinergia tra istituti tecnici, istituti professionali e ITS Academy, creando un ecosistema educativo inclusivo e orientato al futuro.

E’ prevista l’introduzione del “campus”, con la creazione di una comunità educativa che riunisce scuole, centri di formazione professionale e Its Academy, mettendo al centro dell’attenzione lo studente. L’iniziativa prevede l’inserimento temporaneo di docenti esterni provenienti dal mondo imprenditoriale per fornire un maggiore supporto all’apprendimento di competenze tecniche degli studenti. Gli studenti che seguono i percorsi quadriennali avranno la possibilità di accedere ai corsi offerti dagli Its Academy e di sostenere l’esame di Stato presso l’istituto professionale di riferimento, configurando così un modello formativo 4+2.

Viene inoltre prevista l’espansione e l’adeguamento dell’offerta formativa, promuovendo la mobilità tra diversi percorsi educativi e la certificazione delle competenze acquisite. La riforma incoraggia anche la stipula di accordi di partenariato per potenziare l’alternanza scuola-lavoro e i contratti di apprendistato, valorizzando i progetti creativi e le invenzioni soggette a diritti d’autore e proprietà industriale, sviluppati nei percorsi tecnici e professionali. Infine, i sistemi di formazione regionali possono partecipare alla sperimentazione, che sarà validata dall’Invalsi per garantire una formazione equiparabile a quella statale. L’opportunità amplia le opzioni per gli studenti, permettendo loro di iscriversi non solo agli Its, ma anche all’università.

“Molti parlano di percorsi sperimentali, ma non è così”, tiene precisare Chiappa. “E non sono neppure percorsi quadriennali, per cui una volta diplomato il ragazzo può scegliere di fare qualunque cosa con una preparazione generale. No, sono dei percorsi di filiera per cui lo studente arrivato al quarto anno sostiene lo stesso esame di Stato previsto dal percorso quinquennale equivalente, dopo di che, una volta preso il titolo di studio, decide se continuare con l’Its di filiera e con questo l’ingresso è automatico, oppure può fermarsi, avendo conseguito il titolo di studio, se ritiene che sia sufficiente per lavorare, oppure cambiare strada e fare un percorso universitario perché nel percorso quadriennale ha incontrato cose che lo hanno affascinato oppure può cambiare Its. Noi tutti sappiamo che l’accesso all’università o a un Its Academy avviene tramite titolo di studio con esame maturità e un test d’ingresso. L’obiettivo del 4 più 2 è fare in modo che i ragazzi abbiano una preparazione tale che sia capace di consentir loro di superare l’esame di Stato, che è identico a quello degli studenti che fanno il percorso quinquennale, sia per riuscire a entrare nell’Its di filiera senza fare il test di ingresso. In questo modo, con il percorso di sei anni, ci si aspetta che i ragazzi che iniziano il primo anno possano completare il sesto anno perché le attività della filiera non avvengono in prossimità del termine dei 4 anni ma avvengono dal primo anno. Saranno percorsi in cui accanto alle attività della scuola e degli insegnanti ci saranno anche attività organizzate sempre dalla scuola e dagli Its, ma svolte non dagli insegnanti ma da aziende e da Its di filiera – o addirittura da Its di filiera – e questo senza modificare l’organico. La legge dice che l’organico previsto per i 5 anni viene conservato nel percorso quadriennale. I percorsi di filiera 4 più 2 si aggiungono all’offerta formativa, non si sostituiscono ai percorsi di istruzione tecnica o professionale”.

Si tratta di una rivoluzione fortemente osteggiata da più parti. Da un lato molti gruppi di insegnanti che vi vedono una deriva dell’istruzione a benefico degli interessi delle aziende e paventano una riduzione del monte ore delle lezioni nelle varie discipline e di conseguenza dell’organico, con possibile perdita di posti di lavoro. Queste ultime due preoccupazioni sono state più volte smentite dal Mim e in questa intervista dallo stesso Chiappa che rassicura: sia le ore di istruzione formale si l’organico, dice, resteranno invariati, come del resto prevede la legge.

Anche alcuni sindacati della scuola hanno espresso perplessità. La FLC CGIL ha fortemente avversato e chiede “ai collegi dei docenti e ai consigli di istituto di esercitare con lucidità e consapevolezza le proprie prerogative e mantengano alta l’attenzione per fermare l’impoverimento della scuola pubblica e confermare le scelte di qualità e di garanzia del diritto allo studio”.

Dottor Maurizio Chiappa, partiamo dall’inizio. Questi percorsi sono o non sono dei percorsi sperimentali?

“No, non sono dei percorsi sperimentali, non è una sperimentazione, perché la legge 121 del 2024 crea la filiera tecnologica professionale. E’ stato cioè creato un nuovo ordinamento che prevede un percorso di sei anni. Questo concetto viene ancora recepito male poiché si resta concentrati sul fatto che esistono già percorsi di 4 anni. Ma non è vero. Questa filiera crea i percorsi di 6 anni poiché al quarto anno si prende il diploma e c’è certamente la possibilità di fermarsi, ma si può continuare il percorso di studio in modo naturale e completarlo e da lì nasce il concetto di filiera, svolto con gli ITS di filiera, con cui si è costruito il percorso fin dal primo anno”.

Che cosa c’è sperimentale, dunque?

“E’ sperimentale l’attività di costruzione dell’ordinamento di questa filiera. Gli articoli 3 e 4 della Legge 121 prevedono una cabina di regia che ha il compito di definire i nuovi profili e il nuovo ordinamento. E’ dagli anni ’90 del secolo scorso che non c’è una sperimentazione assistita di un nuovo ordinamento. Peraltro siamo in presenza dell’autonomia scolastica e d’altra parte la costruzione del curricolo rispetta l’autonomia scolastica, esaltandola e valorizzando le migliori pratiche scolastiche. L’uscita dai nostri Its Academy conferisce ai diplomati un titolo di studio terziario di livello non accademico che permette l’incremento del numero di studenti che prendono una qualificazione di livello terziario, una cosa che è deficitaria nel nostro Paese. Già il professor Sabino Cassese tempo fa parlava questa problematica. Da questo punto di vista non sono dei percorsi di quadriennalizzazione, poiché a differenza dei percorsi quadriennali precedenti sono percorsi strutturati e lungimiranti perché oltretutto mettono insieme le competenze che hanno le Regioni nel definire l’offerta formativa di un certo territorio, come previsto dalla Costituzione”.

E gli Its fanno parte a tutti gli effetti del sistema pubblico. E’ così?

“Gli Its Academy fanno parte a pieno titolo del nostro mondo dell’istruzione. Io sono il direttore generale anche di tutti gli Its. Lo Stato attraverso il Mim definisce le regole generali del funzionamento dell’istruzione tecnica superiore: non sono dei privati, sono delle fondazioni di diritto pubblico, con almeno quattro enti: un istituto statale o partitario, un ente di formazione accreditato, un’università e un ente di ricerca. La mia Direzione è la Direzione anche degli Its academy. Questi percorsi servono per aumentare il livello di qualificazione dei nostri ragazzi soprattutto nell’aspetto delle scienze applicate, e per contrastare l’inverno demografico”.

Cerchiamo di capirci di più su questo punto.

“Un responsabile dell’Inps diceva che entro sei anni circa ci sarà un deficit di diversi milioni di persone che andranno in pensione e che dovranno essere rimpiazzati. Il problema è che escono dal mondo del lavoro persone dotate di preparazione e competenza e che hanno assunto responsabilità di gestione: sono i cosiddetti capotecnici che oggi chiamiamo tecnologi, che hanno competenze come quelle dello chef, tanto per fare un esempio. Lo chef non è un cuoco ma una figura che riesce a gestire la brigata e l’evento e raggiungere l’obiettivo in un tempo dato. Il tecnologo è il nuovo capotecnico che ha anche a che fare con le macchine intelligenti. Non possiamo più a farne a meno e i nostri ragazzi devo essere preparati al meglio”

Come sono questi ragazzi, secondo lei?

“I ragazzi della generazione zeta sono uguali a noi ma sono diversi. Abbiamo a che fare con la Generazione Zeta, ragazzi che fin dal concepimento hanno a che fare con le macchine intelligenti, come lo smartphone. Il problema che fra quarant’anni ci faranno delle domande. E lei si ricorda quando i Luddisti distruggevano i primi telai meccanici, negli anni della prima rivoluzione industriale? Ecco, il tempo è trascorso, siamo già alla quinta. Bisogna fare in modo che apprendano in maniera corretta. Il modo con cui si insegnava una volta sarà diverso rispetto a come si insegnerà tra qualche anno. L’insegnante medio di adesso ha 50 anni. Vuol dire che questi insegnanti sono nati degli anni ‘70 del secolo scorso. significa che hanno cominciato a studiare all’università negli anni ‘80 o ‘90 dove, sì, c’era l’informatica ma non c’era la pervasione di adesso, quindi c’è un cambio di paradigma che stiamo soffrendo noi. I ragazzi che frequentano le scuole medie e superiori sono nati nel 2010, hanno un modo di interagire con le macchine intelligenti in maniera totalmente diversa, ha presente la parabola “Otri nuovi per vino nuovo”? Vuol dire che la dispersione che noi abbiamo è dovuta al modello organizzativo che si basa sull’insegnamento a canne d’organo, cosa che non va bene a questi ragazzi”.

Torniamo dunque alle filiere, con cui si cerca di ovviare a queste lacune. Che ne sarà dell’istruzione formale?

“Adesso costruiamo le filiere, dove i vari attori – la scuola, gli Its, le aziende – dal primo momento fanno un percorso insieme per creare questi nuovi capotecnici del futuro per rispondere alle esigenze del ventunesimo secolo. E’ un po’ di più, come dicevo, che non una riforma dei percorsi quadriennali. Insieme alla formazione formale, che è compito della scuola, sono previsti altri momenti di formazione che sono curati dagli Its academy e dalle aziende che lavorano con gli Its. Pensi al Pcto. Il Pcto non è preparare i ragazzi a come vuole un’azienda ma il contrario. E’ fare in modo che le aziende aiutino le scuole e i ragazzi a fare esperienze di apprendimento al di fuori del contesto scolastico: io quando facevo orientamento dicevo sempre che il percorso formativo deve far fare ai nostri studenti qualsiasi esperienza professionale con la rete sotto. Questo dev’essere il percorso formativo, perché se abbiamo questa dicotomia – il dentro e il fuori la scuola – quando i ragazzi escono dalla scuola, se sbagliano, chi dice loro devi fare questo o quello? Questa è la forza della filiera: fare le cose insieme per far provare alle studentesse e agli studenti la possibilità di scoprire i propri talenti e fare esperienza in tutta sicurezza: bisogna superare, come detto, il fatto che ci siano un dentro e un fuori la scuola”.

Su questo fronte però c’è molta resistenza tra gli addetti ai lavori

“Eh, lo so, siamo noi insegnanti che abbiamo la responsabilità della formazione e quella di portare avanti questo tipo di narrazione. E parla uno che ha fatto il dirigente scolastico fino a ottobre scorso. Provengo dal campo operativo”.

La Riforma investe, almeno per ora, l’istruzione tecnica e quella professionale. I licei saranno coinvolti in futuro, nelle vostre intenzioni?

“La filiera è indirizzata a questi tipi di scuola, dove c’è sofferenza. Quando si costruiranno i campus di filiera anche queste modalità riguarderanno i licei, sempre nel rispetto dell’autonomia scolastica”.

Gli studenti coinvolti dalla riforma potranno andare all’università

“Il nostro sistema stabilisce che l’accesso preveda un titolo di studio. Quindi dopo i quattro anni del 4+2 due i ragazzi faranno l’esame di Stato, che è un titolo di studio per accedere sia all’università sia, sia agli Its”.

Dove lo faranno questo esame di Stato?

“Nella stessa scuola frequentata: la legge sancisce che l’esame debba essere fatto a scuola”

L’organico sarà tagliato? Voi dite di no. Ma alle vostre rassicurazioni gruppi di docenti piuttosto agguerriti oltre che appassionati di scuola e di istruzione rispondono che sarebbero bugie. L’organico secondo loro subirà delle inevitabili restrizioni. Che cosa può rispondere?

“L’organico viene mantenuto, compreso l’organico di sostegno, certo con la rimodulazione degli orari. Peraltro le ore di Pcto sono ore curriculari, fanno parte delle ore curriculari, è sempre stato così. Ora tante scuole fanno anche altre ore, e questo va bene, però la norma per il tecnico 1056 ore curriculare e il Pcto fa parte del totale. Noi dobbiamo imparare che accanto alla formazione formale ci possono essere esperienze di apprendimento che sono progettate insieme ma che vengono svolte al di fuori dell’ambito scolastico per far fare le prove ai nostri acrobati perché se cadono, come ho detto prima, non si facciano male perché c’è la rete”.

Perché tutte queste preoccupazioni a che i ragazzi non sbaglino? Cos’è cambiato rispetto al passato?

“Lei aveva tutte le informazioni che hanno questi ragazzi? Io mi sono diplomato nel 1987 e non avevo tutte le informazioni che hanno questi ragazzi, le informazioni arrivavano attraverso libri e riviste ed erano mediate. Oggi non hanno più questa possibilità, hanno una marea di informazioni e bisogna che ci sia qualcuno che li accompagni a scegliere in modo critico le informazioni necessarie per loro. Devono fare esperienza. Un ragazzino di 12 anni ha un sacco di informazioni ma non ha la capacità di discriminare quella più opportuna rispetto a ciò che potenzialmente gli consentirebbe di sviluppare il proprio talento. Quindi occorre trovare il modo diverso per fare questo lavoro e questa è la funzione della filiera, dove accanto alla formazione formale con le varie discipline – italiano, inglese, storia, ecc. – ci sono anche delle attività esperienziali fin dal primo anno e poi, superato il quarto anno, sono quelle prevalenti”

Ci sarà posto per tutti negli Its?

“Certo, non possiamo fare una riforma senza prevedere il posto per tutti. L’obiettivo è quello di decuplicare gli attuali 40.000 iscritti. Lei lo sa quanti sono gli iscritti agli Its in Germania?”

Sì, novecentomila. Eppure c’è chi sostiene che in alcune realtà come l’Emilia Romagna ci sia un’eccessiva offerta formativa degli Its, specie nel settore dei servizi alla persona, ciò che creerebbe disorientamento tra gli studenti.

“No, nei servizi alla persona questi percorsi prevedono l’uscita dopo 4 anni, però per i servizi alla persona stiamo portando avanti un progetto di filiera per fare in modo che gli studenti e le studentesse che scelgono i servizi sociali abbiano un percorso di filiera in collaborazione con le università ma anche con i vari Its perché in futuro la popolazione invecchierò e dovremo avere operatori dell’assistenza familiare elevata. Quanto al presunto eccesso di offerta segnalo che sono dieci le aree”.

Torniamo alla scuola. Chi progetta il curricolo?

“Le scuole, appunto. Quelle che aderiscono alla filiera vengono seguite dal Mim e da Indire. Esperti stanno già collaborando assieme alle scuole per la costruzione di questi curricoli, perché dopo i tre anni di queste sperimentazioni definiremo i nuovi ordinamenti”.

Veniamo ad alcuni aspetti pratici. Il pomeriggio sarà impegnato a scuola?

“Dipende dall’offerta di ogni scuola. Dai quadri orario che ho visto io, no”.

Si allunga la giornata scolastica?

“No. Ad esempio i Pcto vengono svolti in certi periodi dell’anno e le ore impiegate vengono contate come ore del curricolo. Non c’è la necessità di aumentarle o di fare le ore al pomeriggio, come dicevo prima. La filiera è un bellissimo momento in cui si mette a terra il fatto che la formazione – quella formale ma anche quella svolta in contesto non scolastico – dev’essere progettata da tutti tre gli attori, scuola, Its Academy e aziende”.

Ma secondo lei era davvero urgente questa rivoluzione?

“Sì e non solo per le aziende ma anche per i nostri studenti che, lo ribadisco, sono diversi da noi. Il libro “Il posto del lavoro” di Daniele Marini, Irene Lovato Menin, edito dal Sole 24 ore reca la prefazione di Alberto Orioli dove si legge che ora i giovani hanno trovato una sorta di antidoto: rifiutano il percorso ansiogeno del lavoro purchessia. Chiedono certezze per il tempo libero perché non credono nel lavoro totalizzante. Forse non credono più nemmeno nella passione perché sempre più spesso il lavoro è raccontato come «trappola della passione». E per le imprese che li cercano è una sfida inedita […]: è l’impresa che deve ‘vendere’ il lavoro e il lavoratore ne diventa il ‘compratore’. Non era mai successo”. Ci troviamo dunque davanti a una sfida inedita per le imprese. La generazione zeta è completamente diversa da noi, non è un problema di quel che vogliono le aziende. Il problema è che abbiamo a che fare con persone che sono diverse da noi. Loro apprendono in maniera diversa”.

Quante scuole aderiranno secondo lei a questo vostro progetto?

“Io sono fiducioso, ma da laureato in fisica sono abituato a lavorare con i numeri”.

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