Riforma degli istituti tecnici e professionali, critica la Flc Cgil: “Istruzione non è addestramento al lavoro”

Le recenti anticipazioni del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara sul futuro dell’istruzione tecnico-professionale sembrano già delineare un percorso controverso.
Il progetto, previsto per iniziare nel 2024, coinvolgerà fino al 30% degli istituti tecnici e professionali, focalizzandosi su un apprendistato rafforzato post-15 anni e l’alternanza scuola-lavoro, noto come Pcto.
Le reazioni sono state immediate. Graziamaria Pistorino, sindacalista della Flc Cgil, ha sollevato dubbi sulle reali intenzioni dietro queste mosse, sottolineando una mancanza di chiarezza nel dialogo tra il governo e i sindacati.
Il cuore del progetto sembra puntare alla flessibilità organizzativa e didattica, con un accento particolare sull’inserimento di docenti esterni provenienti dal mondo dell’industria. Per Confindustria, questo potrebbe tradursi in maggiore occupabilità per i giovani. Tuttavia, la Flc Cgil evidenzia che l’istruzione non dovrebbe limitarsi ad addestrare studenti per le imprese, ma dovrebbe fornire una formazione olistica, preparando individui critici e consapevoli.
Pistorino sottolinea ulteriori problemi, come la potenziale marginalizzazione degli studenti che potrebbero non frequentare l’università. La preoccupazione maggiore riguarda la riduzione del tempo scolastico, che potrebbe incidere negativamente sulla lotta contro l’abbandono scolastico. Una strategia simile, adottata in precedenza, ha visto una risposta tiepida dalle scuole e dalle famiglie italiane.
Un altro punto di attrito è il ruolo dell’Invalsi. Per accedere ai programmi Its Academy, gli studenti della formazione professionale regionale potrebbero non dover superare un esame di stato, ma piuttosto una certificazione dell’Invalsi. Questa mossa potrebbe minare la validità dei titoli di studio, spostando la certificazione delle competenze fuori dal sistema educativo tradizionale.