Rifiuto della scuola: tra “punizioni fisiche” e approccio empatico. Il dibattito sui social e i consigli dell’esperto
Un post su X ha acceso un’animata discussione sul tema dell’educazione. Camilla, zia di un bambino di sei anni, ha condiviso online le difficoltà del nipote nell’affrontare l’inizio della scuola, lamentando il suo costante rifiuto di frequentarla.
La sua proposta di ricorrere alle “quattro sberle” ha immediatamente scatenato reazioni contrastanti, aprendo un dibattito sul delicato tema dei metodi educativi.
Numerosi utenti hanno criticato la proposta di Camilla, sottolineando l’inefficacia e la dannosità delle punizioni fisiche. Molti commenti hanno suggerito un approccio empatico: “Bisogna capire perché non vuole andare a scuola”. Anche altri hanno invitato alla pazienza, ricordando che le difficoltà iniziali sono comuni in molti bambini.
Il post, tuttavia, ha portato alla luce una questione più ampia: la mancanza di strumenti e competenze genitoriali nella gestione di queste situazioni. Commenti come “Due sberloni… ma soprattutto mai dargliela vinta” testimoniano quanto sia ancora radicata la convinzione che la disciplina fisica sia un metodo educativo valido. Una convinzione smentita da numerosi esperti, che evidenziano le conseguenze negative di tali pratiche sullo sviluppo emotivo del bambino.
Mentre alcuni utenti propongono soluzioni semplicistiche, come lasciare il bambino a scuola contro la sua volontà o minacciarlo, emerge la necessità di un approccio più attento al benessere emotivo infantile. La scelta dei genitori di rivolgersi a uno psicoterapeuta è un segnale positivo, ma evidenzia anche la mancanza di una cultura diffusa sulla gestione delle emozioni e dei comportamenti dei bambini.
Cinque motivi per cui un bimbo non vuole andare a scuola
Perché per alcuni bambini affrontare la scuola o l’asilo è così difficile? Analizziamo le principali motivazioni, con un focus sulla fascia 0-6 anni, tenendo presente che, con i dovuti adattamenti, le riflessioni possono essere valide anche per i bambini fino ai 10 anni.
- Il distacco dai genitori: Per i più piccoli, la separazione da mamma e papà rappresenta una fatica significativa. Anche senza una piena comprensione del tempo, i bambini associano la routine del mattino all’imminente uscita di casa e all’allontanamento dalle figure di riferimento, anticipando il momento del distacco e manifestando il loro disagio.
- Sovraccarico socio-emotivo e cognitivo: Bambini particolarmente sensibili possono sentirsi sopraffatti dagli stimoli dell’ambiente scolastico, sia a livello sensoriale che relazionale e cognitivo. L’anticipazione di una giornata ricca di input può generare stress e resistenza.
- La noia: Al contrario, alcuni bambini, soprattutto quelli plusdotati, possono annoiarsi a scuola a causa della mancanza di stimoli adeguati. La noia porta a demotivazione e disinteresse, compromettendo il piacere di apprendere e frequentare la scuola.
- Difficoltà con i pari: Nelle classi numerose, alcuni bambini possono faticare a relazionarsi con i compagni o a lavorare in gruppo. Anche il rapporto con l’insegnante può influire sul benessere del bambino a scuola.
- Senso di inadeguatezza: Le routine e le attività didattiche possono far sentire alcuni bambini inadeguati o non all’altezza delle aspettative, generando frustrazione e rifiuto.
Inoltre Stefano Vicari, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù di Roma, intervistato da La Repubblica, offre alcune utili indicazioni: “Cosa possiamo fare se nostro figlio non vuole andare a scuola? Intanto non giudicarlo. È meglio essergli vicino, accogliere le sue difficoltà. Vicari, inoltre, suggerisce di chiedere aiuto a specialisti se le difficoltà persistono e di collaborare con insegnanti e pediatra.