Rientro a settembre, ignorata la figura del pedagogista. Lettera

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Gent.ma Ministra Azzolina, Gent.mo Professor Patrizio Bianchi, Gent.ma Commissione Cultura e Istruzione, In questo momento di profonda crisi per il nostro Paese, con cui anche la Scuola ha dovuto fare i conti, si avanzano ipotesi e possibili progetti riorganizzativi che portino ad un nuovo inizio di Anno Scolastico in sicurezza, ma soprattutto in presenza.

Giornali, Tg e testate giornalistiche on line, ogni giorno trasmettono notizie che raccontano del grande lavoro che portate avanti, nonostante le condizioni difficili e confuse, a causa di uno scenario futuro ancora poco chiaro.

A tal proposito, nella giornata del 10 Giugno 2020, è stato pubblicato da Il Sole 24 Ore1 un articolo dal titolo “Lezioni all’aperto e didattica “rivista”, a cosa si lavora per la scuola a settembre”, all’interno del quale vengono elencate alcune ipotesi che sarebbero state avanzate nel corso del tavolo di lavoro.

Nello specifico siamo rimasti colpiti da una parte in particolare di questo pezzo, ovvero:

“ Il Comitato propone di riorganizzare le attività didattiche prevedendo di svolgerle negli spazi esterni alla scuola come parchi, strutture sportive o spazi culturali; ridurre il numero di alunni per classe; stringere alleanze con le comunità culturali e quelle educative di ogni città con il supporto dei sindaci; prevedere misure per il sostegno agli studenti con disabilità e il reclutamento di assistenti sociali, psicologici e sociologici perchè «i nostri insegnanti in questa fase sono stati messi a durissima prova e lo saranno dei prossimi anni. Occorre dotarli di capacità di gestione delle emozioni ma non vanno caricati troppo: va allargata la comunità educante»”.

La riorganizzazione degli spazi e delle attività didattiche sono al momento esigenze di primaria importanza, ma quel che risuona ancora una volta poco rilevante pare essere il ruolo dei pedagogisti all’interno della scuola italiana. In queste righe sono stati citati i professionisti degli ambiti più svariati, quali assistenti sociali, psicologi e perfino i sociologi, che andrebbero a supporto dei docenti in questa difficile ripresa delle attività in presenza.

La domanda che vorremmo porvi è la seguente:

Il fatto che i pedagogisti non siano stati citati in questo articolo può essere ricondotta ad una mera “distrazione giornalistica”, oppure dev’essere presa come il tentativo definitivo di “distruzione” dei laureati magistrale in discipline pedagogiche?

Ci piacerebbe ricevere una risposta, sincera, senza giri di parole.

Nel frattempo vi ricordiamo che in Italia è presente una comunità pedagogica che ha ricevuto una formazione ad hoc nel campo delle Scienze dell’Educazione (tra cui la pedagogia, la psicologia, la filosofia, l’antropologia e la sociologia), sia in ambito accademico che in ulteriori percorsi di specializzazione post laurea.

I laureati in Scienze pedagogiche quinquennali, pertanto, hanno sviluppato capacità sia di progettazione didattica che di interventi di tipo educativo (analisi dei bisogni formativi, motivazione, progettazione, realizzazione e valutazione) rivolti ad ogni fascia di età, bambini adolescenti, ragazzi e adulti, che tengano conto del contesto socio-culturale in mutazione e di bisogni educativi speciali.

Meritiamo di essere ricordati! Meritiamo una o più possibilità di essere inseriti nell’organico scolastico e non di essere lasciati all’angolo o addirittura di non essere presi nemmeno in considerazione.
Confidiamo in una presa di coscienza da parte Vostra.
Confidiamo in un vero cambiamento.

Cordiali Saluti.

Il Gruppo “Pedagogisti insieme per l’inclusione su Infanzia e Sostegno”.
Amministratrici:
Alessandra Demurtas
Cinzia Moro
Valentina Cocco
Indirizzo e-mail: [email protected]

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