Ridare speranza ai giovani”, l’appello di un docente contro la violenza: “Progresso senza morale, occorre invertire la rotta”

Cresce il disagio delle nuove generazioni, immerse in una società complessa e in continua evoluzione. Un contesto caratterizzato da input globali, canali di comunicazione infiniti e confini labili, che genera incertezza e fluidità, con effetti devastanti sui giovani, fino a sfociare in gesti di violenza estremi.
Nicola De Benedetto, docente di liceo, in un’intervista a La Città della Spezia, analizza la situazione, sottolineando la necessità di una riflessione profonda sul ruolo degli adulti e sulla perdita di riferimenti ideologici in un’epoca dominata dalla tecnologia. “Il progresso – afferma De Benedetto – dovrebbe corrispondere alla dimensione morale della storia, finalizzando gli strumenti a nostra disposizione allo sviluppo dell’essere umano. I giovani sono invece circondati da un senso comune orientato dai mercati, dove apparenza e consumismo sostituiscono la solidarietà”. La scuola, luogo di interazione generazionale, deve interrogarsi e fornire ai ragazzi modelli solidi e “anticorpi” per affrontare le insidie del presente, restituendo loro la speranza nel futuro.
Violenza giovanile: la responsabilità dei modelli digitali
La violenza, non solo di genere, dilaga tra i giovani. De Benedetto individua tra le cause principali l’influenza dei modelli digitali, che propongono immaginari rigidi e standardizzati, basati sull’apparenza. “Le relazioni tra i più giovani – spiega – stanno intercettando lo schema proposto dalle narrazioni mediatiche, costruite sulla mercificazione dei rapporti sociali e sull’individualismo. Si sta riducendo la capacità di immaginare il futuro, facoltà essenziale per l’adolescenza”. L’immersione nei codici social, senza adeguate compensazioni, distorce l’autenticità dell’essere, favorendo sintomi depressivi e alienazione, nascosti sotto identità omologate. “Questo contesto artificiale – continua il docente – sta togliendo ai ragazzi l’idealità necessaria per costruire il rapporto con la realtà, indebolendo la comunicazione, il pensiero e l’immaginazione”.
Contrastare la violenza: un impegno collettivo
Contrastare la spirale di violenza richiede un’azione collettiva e strutturale. De Benedetto evidenzia la difficoltà di educatori e famiglie, a causa del venir meno di norme valoriali collettive. “I principi dei genitori non funzionano più per i figli – osserva – a causa delle trasformazioni che hanno ricondotto la libertà all’espressione dei desideri individuali, prescindendo da condivisione e responsabilità”.
L’ansia da prestazione, la pressione sociale e la mancanza di strumenti per affrontare la complessità dell’esistenza spingono i giovani verso la violenza, “un linguaggio alternativo dettato dall’incapacità di comunicare emozioni e pensieri”.
Per De Benedetto, la violenza, trasversale e senza genere, è una risposta al vuoto relazionale della società, dove dialogo e ascolto perdono valore. “Per cambiare il paradigma – conclude – occorre cambiare l’ambiente circostante. C’è ancora speranza, ma serve la partecipazione di tutti”.
La scuola ha il dovere di accompagnare la trasformazione digitale, fornendo gli strumenti per una gestione consapevole delle nuove tecnologie. Tuttavia, “la pervasività di un mondo digitale acritico e autoreferenziale, dominante anche al di fuori dell’ambiente scolastico, minaccia i processi di apprendimento, compromettendo le funzioni semantiche, linguistiche e metacognitive essenziali per lo sviluppo del pensiero complesso”.
In questo scenario, “gli insegnanti si trovano a lottare per salvaguardare l’autonomia, l’immaginazione e il valore della conoscenza, proteggendo gli studenti dalle contraddizioni di un sistema distorto”. Un impegno encomiabile, ma reso impari dalla mancanza di un sostegno politico adeguato, troppo spesso concentrato sugli aspetti superficiali e deteriori della narrazione dominante.