Non basta essere insegnanti per ottenere disciplina, tra autorità e autorevolezza. “Guida pratica per insegnanti”: il film che racconta i modelli educativi a scuola

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C’è una scena, in “Guida pratica per insegnanti”, in cui un giovane supplente guarda la sua classe e si rende conto che  la sua presenza non impone rispetto. È in quel momento che comprende che l’autorità assegnata dal ruolo non è sufficiente ed è lì che comincia il suo percorso verso l’autorevolezza. Un percorso che è anche quello di molti insegnanti italiani.

La sfida del riconoscimento

Il film è ambientato in una scuola francese di periferia, ma racconta una realtà che potrebbe essere associata anche al contesto italiano. Il supplente protagonista entra in classe con la convinzione che basti essere l’insegnante per ottenere attenzione e disciplina. Ma si scontra presto con la realtà di un gruppo classe che mette alla prova, sfida, osserva in silenzio. Una realtà dove l’autorità imposta non è accettata, se non è supportata da una relazione.

Questa dinamica – che oscilla tra l’autorità istituzionale e l’autorevolezza personale – è centrale nel mestiere dell’insegnante. E non riguarda solo i giovani supplenti: riguarda tutti coloro che ogni giorno si trovano a conquistare la fiducia dei loro studenti, senza potersi appoggiare a una gerarchia accettata per definizione.

Cosa si intende per autorità

L’autorità, nella sua accezione tradizionale, è legata a un potere formale: è ciò che deriva da una posizione riconosciuta, da una funzione attribuita da un’istituzione. L’insegnante, in quanto tale, possiede autorità perché è designato a educare, valutare, condurre.

Ma quando questa autorità è svincolata dalla relazione, rischia di diventare rigida, inefficace, talvolta perfino ostile. Il film ci mostra un giovane supplente che, al suo ingresso in classe, si affida a questa autorità “di ruolo”, salvo poi scontrarsi con la realtà: i ragazzi non rispondono, sfidano, testano i limiti. L’autorità imposta dall’alto non basta più: serve qualcosa di più profondo.

Autorevolezza: una conquista quotidiana

Diversa è la dimensione dell’autorevolezza, dal momento che essa non si riceve, ma si conquista. È il risultato di un riconoscimento spontaneo, che deriva da competenza, coerenza, capacità comunicativa, presenza.

L’autorevolezza nasce nel tempo e si costruisce nella relazione. È frutto dell’ascolto, dell’equilibrio tra fermezza e flessibilità, del saper gestire i conflitti con intelligenza emotiva. A differenza dell’autorità, che può essere esercitata anche senza legame, l’autorevolezza richiede connessione, empatia, attenzione.

Scuola italiana: tra crisi dell’autorità e nuovi modelli educativi

La scuola italiana vive da anni una trasformazione profonda in cui l’idea di un’autorità fondata esclusivamente sul ruolo o sulla distanza tra docente e alunno è in crisi. Le nuove generazioni non riconoscono automaticamente il valore dell’adulto solo perché è “l’insegnante”. La legittimazione passa sovente da altre vie: dalla coerenza, dalla capacità di ascolto, dalla credibilità.

Ecco perché il dibattito tra autorità e autorevolezza è oggi più che mai attuale. Nelle aule italiane, il docente non è più – o non solo – colui che impartisce e valuta, ma sempre più spesso è chiamato ad essere guida, facilitatore, punto di riferimento affettivo ed educativo. Questo mutamento culturale ha portato, da un lato, nuove opportunità di relazione; dall’altro, ha lasciato molti insegnanti soli nel gestire classi complesse, a volte senza strumenti né riconoscimento.

Quando l’autorità è incompresa e l’autorevolezza fatica a nascere

Come tenere insieme regole e dialogo, disciplina e empatia? Come evitare che il venir meno dell’autorità formale si trasformi in confusione o deresponsabilizzazione?

Molti docenti lamentano la difficoltà di far rispettare le regole, di gestire comportamenti problematici, di fronteggiare l’iper-protezione di alcune famiglie. In questi casi, l’autorevolezza – costruita con fatica attraverso relazioni autentiche – rischia di non bastare se non è sostenuta da una comunità educativa coesa e da un sistema che riconosca il valore del lavoro docente.

Il supplente del film, con tutti i suoi errori e le sue esitazioni, diventa così un simbolo. Non solo della fatica di cominciare, ma anche della possibilità di trasformare quella fatica in crescita. Di imparare a farsi ascoltare non alzando la voce, ma costruendo presenza.

Non risposte, ma domande giuste

Il film non ci dà risposte, ma ci invita a porci le domande giuste. In un tempo in cui l’autorità scricchiola e l’autorevolezza è tutta da costruire, ogni insegnante è chiamato a cercare un equilibrio nuovo, ogni giorno. Non si tratta semplicemente di fare una scelta binaria tra autorità o autorevolezza, ma di comprendere come entrambe si compenetrino a vicenda dando vita ad un modello educativo che non escluda nessuno dei due elementi.

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