Ricerca scientifica e precarietà: oltre il 50% dei ricercatori senza contratto stabile

Durante il convegno La Grande Espulsione, promosso da Avs, è stata richiamata l’attenzione sul tema della precarietà lavorativa nel settore della ricerca in Italia. Secondo quanto denunciato dalla deputata Elisabetta Piccolotti, più del 50% dei ricercatori italiani opera senza una posizione contrattuale stabile, una condizione che coinvolge anche lavoratori di 30, 40 e persino 50 anni.
Richiesta di investimenti strutturali
Nel suo intervento, la parlamentare ha sollecitato la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, a non procedere con un’ulteriore frammentazione contrattuale, ma piuttosto a destinare le risorse disponibili per garantire maggiore stabilità al comparto. La stabilizzazione, secondo Piccolotti, rappresenta una priorità strategica non solo per la libertà accademica, ma anche per lo sviluppo economico e tecnologico del Paese.
Un appello diretto al governo
La deputata ha indirizzato un messaggio al governo, contestando il rischio che, nel disinteresse generale o nella marginalizzazione mediatica, possano essere causati danni irreparabili al sistema universitario e alla qualità della produzione scientifica. In tale contesto, ha identificato nella precarietà il principale fattore critico del sistema accademico nazionale.
Risorse stanziate e necessità future
Nella legge di bilancio approvata a dicembre, grazie a una proposta sostenuta da Avs e condivisa anche da Pd e M5S, sono stati destinati 10 milioni di euro per favorire la stabilizzazione di circa 200 precari del Cnr. La misura, tuttavia, è stata definita come un intervento parziale, insufficiente a risolvere strutturalmente il problema senza un ulteriore stanziamento di fondi.