Revisione voto in condotta, la scrittrice Valerio: “Meloni ha confuso l’autorevolezza con l’autorità”
Il dibattito sulla riforma del voto di condotta nelle scuole italiane è acceso e tocca argomenti sensibili. Le recenti dichiarazioni di Giorgia Meloni sul rafforzamento dell'”autorevolezza dei docenti” hanno sollevato domande sull’uso appropriato delle parole.
Come ha osservato la scrittrice Chiara Valerio su La Repubblica, sembra che Meloni abbia confuso l’autorevolezza con l’autorità, due termini che, benché simili, hanno sfumature diverse.
L’autorevolezza è sinonimo di stima e fiducia, guadagnate grazie alla personalità e alla competenza. L’autorità, invece, è una posizione di potere legalmente riconosciuta. Nel contesto educativo, la riforma sembrerebbe rafforzare più l’autorità dei docenti che la loro autorevolezza.
Vi sono diverse spiegazioni possibili per questa confusione terminologica. La prima è che Meloni consideri i due termini come sinonimi, il che non è vero. La seconda è che creda che l’autorità possa automaticamente conferire autorevolezza, il che è discutibile. La terza ipotesi è più complessa: che la riforma possa trasformare l’autorità in autorevolezza, seguendo una certa ideologia.
Come sottolinea Norbert Wiener, matematico e cibernetico, è più facile organizzare un sistema basato su controllo e punizione che costruire un ambiente educativo che eleve gli individui. Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito, ha già commesso un errore simile, confondendo ‘umiltà’ con ‘umiliazione’.
Il dibattito sulla riforma del voto in condotta richiede attenzione e ponderazione. Dovremmo considerare se vogliamo una scuola dove l’autorevolezza e il rispetto siano ottenuti attraverso il voto in condotta, o se aspiriamo a un sistema educativo che valorizzi realmente docenti e studenti. La chiarezza terminologica è fondamentale, perché, come ha detto Nanni Moretti nel film Palombella Rossa, “le parole sono importanti”.
