Registri, annotare falsi orari di entrata e di uscita. Cosa si rischia

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Se un dipendente della scuola annota sul registro delle presenza falsi orari di entrata e di uscita, che fattispecie criminosa sussiste?

Casi, rari, nella scuola, ma sussistenti, e che determinano l’adozione di conseguenti provvedimenti, sia di natura disciplinare, che penale. La questione che ora segue interessa solo l’aspetto penalistico.

Fatto

Il Tribunale di Trapani condannava una segretaria della scuola per falso ideologico in atto pubblico e tentativo di truffa continuata in danno dello Stato per avere annotato nel registro presenze dei pubblici dipendenti falsi orari di entrata e di uscita. La Corte d’appello di Palermo ha assolto l’imputata dal tentativo di truffa per l’inverosimiglianza della data d’ingresso annotata (ore 6 del mattino) ed ha confermato nel resto la pronuncia di responsabilità, riducendo la pena. Ricorre per cassazione l’imputata, in Cassazione, che con sentenza del 13-03-2019, n. 11216 si pronuncerà nei modi che ora seguiranno.

La falsa annotazione contenuta nei registri di presenza giornaliera integra il reato di truffa

Il ricorso merita accoglimento, per quanto di ragione.

“Come chiarito da questa Corte in epoca non più vicina, in un caso assai simile a quello per cui è processo (gli imputati, pubblici dipendenti, si erano allontanati dal luogo di lavoro senza far risultare tale allontanamento, non dovuto a ragioni di servizio, attraverso la prescritta marcatura del cartellino), non integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico la falsa attestazione del pubblico dipendente circa la sua presenza in ufficio riportata nei cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, in quanto documenti che non hanno natura di atto pubblico, ma di mera attestazione del dipendente inerente al rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, documenti che, peraltro, non contengono manifestazioni dichiarative o di volontà riferibili alla P.A. (Cass., SU, n. 15983 del 11/4/2006, Rv 233423). La falsa annotazione contenuta nei registri di presenza giornaliera integra, infatti, il reato di truffa in danno dell’ente pubblico e come tale va punito. Di conseguenza, la sentenza va annullata per il reato xxxx perchè il fatto non sussiste.”

Simulare un lavoro oltre l’orario consueto potrebbe determinare ingiusto profitto

“ Non ha fondamento, invece, la contestazione del tentativo relativo alla giornata del xxxx giacchè non è escluso che l’autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario, non concessa previamente, potesse intervenire successivamente. Comunque, l’apparenza di un lavoro svolto oltre l’orario consueto avrebbe consentito al dipendente di accampare pretese (anche non economiche) nei confronti dell’Amministrazione, col conseguimento – in ogni caso – di un ingiusto profitto. Tanto, senza considerare che, a quanto si legge in sentenza l’imputata non era autorizzata allo svolgimento di lavoro straordinario, ma nulla – se non la deduzione assertiva della ricorrente – autorizza a ritenere che lo straordinario non sarebbe stato pagato, una volta svolto. E’ fondata, infine, anche la censura relativa alla particolare tenuità del fatto. Escluso il falso in atto pubblico e il tentativo di truffa relativo rimane il tentativo relativo alla giornata del xxxx, allorchè l’imputata annotò due ore di straordinario non effettuato. Non sussiste, perciò, l’abitualità della condotta, che ha indotto la Corte d’appello ad escludere l’applicabilità dell’art. 131/bis c.p.. Tanto rilevato, all’applicazione della norma può procedere direttamente questa Corte, stante la minima offensività della condotta e non essendo necessari – per verificare l’applicabilità della norma – ulteriori accertamenti fattuali. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste, e perchè l’imputata non è punibile per particolare tenuità del fatto.”

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