Autonomia differenziata scuola, ecco il piano del governo: dal 2024 processo “separatista” per l’Istruzione? Sindacati pronti all’attacco. BOZZA Legge Calderoli [PDF]
Nei prossimi giorni il ministro Roberto Calderoli presenterà alle Regioni un testo per l’autonomia differenziata. Ripercussioni anche sulla scuola.
Dopo l’incontro di mercoledì scorso con i Presidenti di Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, il governo tira dritto. Si va verso una legge di attuazione entro fine anno: la possibilità di chiedere il decentramento di tutte le materie previste, compresa l’istruzione. Nell’idea del governo prima di Natale ci dovrebbe essere il passaggio in Consiglio dei Ministri, all’inizio del 2023 l’esame in Parlamento ed entro la fine di ottobre il varo definitivo. Le Regioni meridionali, e non solo, sono pronte alle barricate.
Quattro settori coinvolti
Sono quattro le materie coinvolte: la scuola, la sanità, l’ambiente e le politiche del lavoro, materie sulle quali verrà aperta la trattativa. Alle Regioni virtuose sarà consentito di ottenere un aumento delle somme destinate alle prestazione. Si ipotizza di prevedere un monitoraggio ogni tre anni. Non verrà erogato un solo euro in più: tanto lo Stato spende, tanto lo Stato darà.
La bozza del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” risulta completa, in questa nuova formulazione, con alcune modifiche rispetto alla bozza elaborata dal ministro Maria Stella Gelmini nell’aprile 2022.
All’articolo 3 si parla anche di scuola. I livelli essenziali di prestazione sono applicati, infatti, anche in questo settore. Ad esempio, entro il 2027, ogni Comune dovrà mettere a disposizione il 33% dei posti negli asili nido per i bambini di fascia 0-3 anni e fissare i numeri di alunni e docenti per ogni scuola e classe.
Si legge: “Nelle materie di cui all’articolo 117, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, (…) il trasferimento delle competenze legislative o delle funzioni amministrative e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”
Secondo quanto segnala Il Messaggero, con la proposta di regionalizzazione si rischia un vero e proprio processo separatista per la scuola: programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e meccanismo di finanziamento differenziati. Migliaia di docenti transiterebbero, secondo quanto segnala il quotidiano, nei ruoli della Regione con effetti sulla contrattazione nazionale e possibili differenziazioni salariali territoriali.
Secondo il Corriere del Veneto, però, la materia dell’istruzione potrebbe essere stralciata perché ritenuta “troppo divisiva”. Non solo: la proposta di legge, si specifica, non significa che una Regione potrà modificare il programma didattico o svolgere attività di insegnamento, che rimane riservata allo Stato. Ciò su cui l’autonomia potrà incidere è l’organizzazione. L’obiettivo a cui mirano le Regioni è iniziare un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno. Non è in discussione l’autonomia delle scuole nel fissare i programmi, né i concorsi per le assunzioni. I livelli essenziali di prestazione saranno fissati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Sul Mattino, invece, interessante focus proprio sull’istruzione. lo Stato, infatti, spende 50 miliardi all’anno per la scuola, di cui 35 regionalizzati. Per il Sud sono previsti tagli per oltre un miliardo.
Prima del trasferimento di competenze lo Stato dovrà approvare i livelli essenziali delle prestazioni, entro un anno secondo la bozza. Decorso questo termine, “si provvede con atto avente forza di legge”. Con l’anno scolastico 2024/25, la scuola potrà essere assegnata alle Regioni che lo chiederanno. Solo Lombardia e Veneto dovrebbero chiederlo: 5 miliardi in Lombardia, oltre 2,5 miliardi in Veneto. Tagli, in vista, invece per le altre regioni, Sicilia e Sardegna comprese.
Sindacati pronti alla mobilitazione
I sindacati non ci stanno e sono pronti alla mobilitazione. Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda si dicono contrari al disegno di autonomia differenziata: “Tale progetto, invece di consolidare il carattere unitario e nazionale, ad esempio del sistema pubblico di istruzione, rafforzando la capacità di risposta dello Stato di cui si è avvertita l’estrema necessità durante la recente pandemia, ripropone un’ulteriore frammentazione degli interventi indebolendo l’unità del Paese, col rischio di aumentare le disuguaglianze senza garantire la tutela dei diritti per tutti i cittadini e ampliando i divari territoriali”.
Mercoledì 9 novembre alle 11:30 conferenza stampa di presentazione della raccolta di firme per una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare. La proposta dei sindacati pone un vincolo alla richiesta di autonomia, che può essere concessa solo se “giustificata dalla specificità del territorio”. Inoltre la proposta esclude “la possibilità di una generica Legge quadro in ambito nazionale che lasci sostanzialmente campo libero a intese tra Stato e singole Regioni”.