Regionalizzazione istruzione, i sindacati dicono no: “La scuola deve essere lontana da logiche divisive, è il luogo per costruire l’eguaglianza”
Un coro unanime si alza dal mondo della scuola: l’istruzione va esclusa dall’Autonomia differenziata. In audizione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera, le maggiori sigle sindacali – Cgil, Cisl, Uil, Snals – hanno espresso la loro ferma contrarietà al disegno di legge Calderoli, paventando il rischio di una frammentazione e di un aumento delle diseguaglianze nel sistema scolastico nazionale.
“La scuola deve essere lontana da logiche divisive”, hanno sottolineato i sindacalisti, “è il luogo per la costruzione dell’eguaglianza. E l’attuale ddl contrasta con la Costituzione in più parti”.
Le preoccupazioni riguardano diversi aspetti. Innanzitutto, si teme che la regionalizzazione dell’istruzione porti a una disparità di trattamento tra studenti di diverse Regioni, con possibili ricadute negative sulla qualità dell’istruzione e sulla mobilità dei cittadini. Inoltre, si paventa un indebolimento del sistema scolastico nazionale, con la perdita di un’identità comune e di una visione unitaria del futuro del Paese.
I sindacati chiedono al Governo di rivedere il ddl Calderoli, escludendo l’istruzione dall’Autonomia differenziata e salvaguardando il carattere unitario e nazionale del sistema scolastico.
Le critiche al ddl Calderoli
Nel corso dell’audizione, i sindacalisti hanno evidenziato diverse criticità del ddl Calderoli. In particolare, si è contestata la mancanza di una definizione precisa dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), che rischia di creare un sistema scolastico a due velocità. Inoltre, si è criticata la previsione di una “clausola di salvaguardia” che permetterebbe alle Regioni di derogare ai Lep in caso di “maggiori esigenze”.
Livelli essenziali delle prestazioni per tutte le regioni
La legge, messa a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, vuole dare attuazione a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione ai sensi del quale – sulla base di intesa fra lo Stato e la regione interessata – possono essere attribuite alle regioni a statuto ordinario, che ne facciano richiesta, forme e condizioni particolari di autonomia in 23 materie. Si va dalla Salute all’Istruzione, dallo Sport all’Ambiente, passando per Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero.
L’Autonomia differenziata prevede anche la possibilità, da parte delle stesse regioni, di trattenere il gettito fiscale legato alle erogazioni dei servizi per l’utilizzo di quelle risorse sul proprio territorio.
Le funzioni autonome potranno però essere attribuite solo dopo aver determinato i Lep, i ‘Livelli essenziali delle prestazioni’, ovvero il livello minimo di servizi da rendere al cittadino in maniera uniforme in tutto il territorio, dalla Val d’Aosta alla Sicilia.
Inoltre, per evitare squilibri economici fra le regioni che aderiscono all’autonomia e quelle che non lo fanno, il disegno di legge pensa a misure perequative.
Sui tempi: la procedura per l’intesa fra Stato e regione dovrà durare almeno 5 mesi, inclusi i 60 giorni concessi alle Camere per l’esame delle richieste.
Le intese potranno durare fino a 10 anni rinnovate o terminate prima, con un preavviso di almeno 12 mesi.
Cosa prevede il testo
La legge costituzionale permette alle Regioni a statuto ordinario di richiedere ulteriori forme di autonomia in materie di competenza legislativa concorrente e in alcune materie esclusive dello Stato, rispettando i principi di equilibrio finanziario.
Il Disegno di legge n. 615 è composto da dieci articoli e rappresenta uno strumento per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Esiste un ampio dibattito accademico sull’autonomia differenziata, in particolare sulla sua implementazione in equilibrio con i principi di unità e uguaglianza. Gli studiosi sottolineano l’importanza di un approccio “solidaristico” o “cooperativo”, assicurando che ogni forma di differenziazione non minacci l’unità sociale ed economica della Repubblica.
Una questione particolarmente spinosa è la regionalizzazione dell’istruzione. Il Ministro Calderoli ha escluso il trasferimento di competenze in materia di norme generali sull’istruzione, puntando su un’analisi dettagliata e concreta delle richieste regionali.