Recovery plan, il testo potrebbe non essere chiuso. Ecco perchè

Il premier Draghi ieri e oggi ha presentato le misure del Recovery plan in Parlamento: prima alla Camera dei deputati e poi al Senato. Il testo è stato approvato in Consiglio dei Ministri nella tarda serata del 24 aprile e adesso dovrà essere inviato alla Commissione Europea entro il 30 aprile. Tuttavia, il piano potrebbe essere tutt’altro che chiuso.
Ancora possibili modifiche al Pnrr
Infatti, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, ha detto nel corso di un videomessaggio: “Nelle prossime settimane tradurremo i piani di ripresa in atti legali”.
Come riferisce l’AGI, la cosiddetta traduzione del piano di ripresa e resilienza italiano in un atto legale, così come quella relativa ai Paesi Ue che chiederanno i fondi, sarà un procedimento necessario per standardizzare i vari documenti che saranno, naturalmente, diversi tra loro.
Pertanto, con la presentazione del piano, prevista entro il 30 aprile, si aprirebbe dunque non solo la fase di valutazione, ma anche un nuovo negoziato durante il quale, legalmente parlando, ci sarà ancora spazio per le modifiche ai dettagli del piano.
Ecco perché l’ok di von der Leyen al piano di ripresa del Governo Draghi, sarebbe stato un rinvio al vero esame, il cui esito sarà noto entro giugno.
La Commissione ha pertanto due mesi di tempo per verificare la conformità del piano italiano agli undici criteri di pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza all’impianto generale del Next Generation Eu. Sono tutti contenuti all’articolo 19 del Regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, ovvero il piano di sussidi e prestiti destinati agli Stati membri.
Dunque potrebbero esserci modifiche al testo presentato in Parlamento ma appare improbabile che possano essere sostanziali.
Al temine del lavoro di valutazione e traduzione del piano in un atto legale, il Collegio dei commissari europei approverà una proposta di decisione di esecuzione del Consiglio. La palla passerà quindi al Consiglio Ue, che avrà un altro mese di tempo per esprimersi.
Il giallo del reclutamento dei docenti
Come dicevamo inizialmente, appare piuttosto improbabile un intervento importante sul testo anche se le prossime settimane sveleranno il tutto. Certo è che, per quanto riguarda la scuola, sono in molti ad aver mostrato delusione specialmente in merito al capito Reclutamento: adesso si parla genericamente di un sistema di reclutamento che richiede una revisione finalizzata a poter coprire, con regolarità e stabilità, le cattedre disponibili con docenti di ruolo. Invece nella precedente versione, poco prima dell’ok definitivo, si parlava di semplificazione delle procedure concorsuali.
E in effetti la fumosità dell’espressione contenuta sul testo del Pnrr ha lasciato molto perplessi. Anche se, bisogna ricordare, sarà poi il Parlamento a dover “tradurre” la previsione del recovery plan in provvedimenti concreti.
La questione resta sempre la stessa: concorsi ordinari che guardano maggiormente ai giovani o stabilizzazione del precariato storico? A questo punto il Parlamento non può sottrarsi e le forze politiche di maggioranza dovranno trovare quella sintesi a cui fa riferimento il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede un corposo e organico pacchetto di investimenti e riforme, con l’obiettivo di modernizzare la pubblica amministrazione, rafforzare il sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze, per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni. Si articola in 6 Missioni (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute) e 16 Componenti.
Complessivamente, ricordiamo, la missione Istruzione e ricerca assorbirà 31,9 miliardi (il 17% delle risorse totali), mentre all’inclusione e alla coesione andranno 19,1 miliardi.
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