Reato di maltrattamento in classe, c’è anche se lo scopo è “correttivo”
Una docente veniva arrestata per aver cagionato delle violenze ai bambini nella classe in cui insegnava. Ma il giudice non convalidava l’arresto e la procura decideva di ricorrere in Cassazione.
Il fatto
Le indagini avevano preso le mosse dalla denuncia della mamma dell’alunno M.S. il quale era stato isolato e screditato dinanzi agli altri bambini perchè aveva riferito alla madre di avere ricevuto “botte dalla maestra”: tale emergenza si ricollega al contenuto di un’intercettazione del 06 marzo 2017, alla stregua della quale la maestra, rivolgendosi ad una delle tirocinanti, preannunciava alla stessa che il bambino avrebbe detto alla madre che la maestra “era cattiva”, e la mamma si sarebbe alterata.
Lo stesso giudice aveva autorizzato le intercettazioni ambientali di cui si tratta nel ricorso in esame. Ha attribuito la condotta della maestra, in ogni caso, alla necessità di portare ordine in classe rifacendosi ad un metodo educativo (oggi desueto) ritenuto privo di rilevanza penale, riconoscendo implicitamente la prevalenza dello ius corrigendi, piuttosto che del rispetto della sensibilità di bambini così piccoli affidati alle sue cure.
Quanto all’assenza di clima di terrore, sofferenza o disagio va sottolineato che i bambini di tre anni non sono in grado di descrivere, nè esprimere a parole con linguaggio appropriato, il conseguente senso di mortificazione, di avvilimento, di impotenza alle reazioni violente sempre incombenti della maestra, peraltro espresse anche davanti le tirocinanti presenti in classe.
Il giudice ha escluso la ricorrenza del delitto di maltrattamenti e quindi della flagranza, qualificando l’episodio “di nessuna rilevanza penale”, utilizzando circostanze non corrispondenti a quanto risultante dagli atti a sua disposizione.
Il tutto giungeva in Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-03-2018) 13-06-2018, n. 27201 che così si pronunciava:
Quando sussiste il reato di maltrattamenti
“Osserva questa Corte che il ragionamento formulato dal giudice è viziato per il fatto che il reato di maltrattamenti configura un’ipotesi di reato abituale e si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti, fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario; ne deriva che è legittimo l’arresto che avviene il giorno della flagranza della condotta tenuta (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559). Tanto più che il reato in contestazione si realizza attraverso la sottoposizione della vittima ad una serie di sofferenze, fisiche e morali, che isolatamente considerate potrebbero anche non costituire reato, in quanto la ratio dell’antigiuridicità penale risiede nella loro reiterazione, protrattasi in un arco di tempo che può anche essere limitato e nella persistenza dell’elemento intenzionale (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011, Rv. 252350).
Il compendio probatorio quale emerge dalle intercettazioni e dalle immagini estrapolate dai filmati versati in atti, delinea un quadro di sistematiche percosse, violenze fisiche e psicologiche, coercizioni e condizionamenti da parte della maestra della scuola materna in danno dei bambini alla medesima affidati, facendo ricorso sistematico alla violenza, assunto quale usuale metodo educativo. Le sue condotte costituiscono risposte certamente sproporzionate rispetto alle cause ed alle finalità perseguite, fotografano l’utilizzo, in funzione educativa, da parte dell’indagata, di metodi di natura fisica, psicologica e morale esorbitanti dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, in ragione dell’arbitrarietà dei presupposti, dell’eccesso nella misura della risposta correttiva – anche tenuto conto della tenera età delle persone offese – in ragione del frequente ricorso alla violenza fisica.
Ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto deciso dal giudice, tali condotte travalichino i limiti dell’uso dei mezzi di correzione, potendosi ritenere tali solo quelli per loro natura a ciò deputati, che tendano cioè alla educazione della persona affidata alla cura dell’insegnante e, quindi, allo sviluppo armonico della personalità, sensibile ai valori della tolleranza e della pacifica convivenza, senza trasmodare nel ricorso sistematico a mezzi violenti che tali fini formativi contraddicono.
L’uso sistematico della violenza anche se connotato da animus corrigendi è reato di maltrattamento
Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, l’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche lì dove fosse sostenuto da “animus corrigendi”, non può rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti (Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, Rv. 253463).
Quando sussiste il reato di abuso di mezzi di correzione
Ed invero, affinchè possa essere configurato il reato di abuso dei mezzi di correzione in luogo del reato di maltrattamenti, la risposta educativa dell’istituzione scolastica deve essere sempre proporzionata alla gravità del comportamento deviante dell’alunno e, in ogni caso, non può mai consistere in trattamenti lesivi dell’incolumità fisica o afflittivi della personalità del minore (Sez. 6, n. 11956 del 15/02/2017, Rv. 269654; Sez. 6, n. 53425 del 22/10/2014, Rv. 262336; Sez. 6 del 14/06/2012, n. 34492, Rv. 253654; Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, Rv. 253463).”
In conclusione, in accoglimento del ricorso del Pubblico Ministero, deve affermarsi la illegittimità del provvedimento di diniego della convalida dell’arresto adottato dal giudice di Termini Imerese.(…) Il ricorso è fondato, non avendo il giudice di merito fatto buon governo delle suddette regole in punto di legittimità dell’attività della polizia giudiziaria nel caso di arresto obbligatorio, avendo erroneamente ritenuto insussistenti gli elementi costitutivi del delitto contestato. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata per essere stato legittimamente eseguito l’arresto.