Quattordicenne muore dopo sfida su Tik Tok per aver mangiato la patatina più piccante al mondo: “Stimoli virtuali e disagio giovanile, i sintomi da attenzionare”. INTERVISTA allo psichiatra Vincenzo Barretta

Un ragazzo di quattrordici anni è morto dopo aver ingerito una patatina piccante, anzi la più piccante del mondo, vittima di una sfida che gira ormai da anni sui social media e che è diventata molto popolare su Tik Tok: la One Chip Challenge.
A raccontarci l’ultima follia social è lo Psichiatra Vincenzo Barretta, specialista, da quasi trent’anni, in Psichiatria e Psicoterapia e Medicina delle Dipendenze a Napoli, e Presidente dell’Osservatorio Nazionale per la Salute Emotiva e Comportamentale.
Dottor Barretta, può spiegarci cosa è accaduto?
Lo scorso venerdì un ragazzo di 14 anni, che si era sentito male a scuola dopo aver mangiato la patatina più piccante al mondo, rimandato poi a casa, è stato trovato morto dalla madre alle 4 circa di quello stesso pomeriggio. La causa della morte non è stata ancora confermata ma se verrà collegata all’ingestione della patatina sarà l’ennesima vittima di una folle challenge, già per altro denunciata in altre scuole americane: casi simili si sono verificati infatti l’anno scorso in diverse scuole della Louisiana e della California.
Cos’è esattamente la One Chip Challenge
La sfida, lanciata già nel 2016 da Pasqui, il produttore della tortilla chip condita con due dei peperoncini più piccanti al mondo, il Carolina Reaper e lo Scorpion, consiste nel filmarsi mentre si mangia la patatina e si cerca di resistere il più a lungo possibile senza bere o ingerire altro che ne stemperi l’effetto, per poi postare il video sui social. In rete sono tante le avvertenze che circolano su come mangiare la patatina con guanti usa e getta o bere acqua o latte immediatamente dopo averla consumata; e già questo dovrebbe far capire i rischi legati a questo alimento, per altro venduto in confezione singola. Tra le avvertenze, inoltre, che l’azienda produttrice scrive c’è quella di lavarsi immediatamente le mani o rivolgersi al proprio medico in caso di difficoltà respiratorie, nausea prolungata o svenimenti. E anche questo la dice lunga.
Perché i ragazzi sfidano i propri limiti fino ad arrivare alla morte, quanta consapevolezza hanno del rischio in termini assoluti e quanto invece conta solo apparire sui social, arrivando primi nella challenge di turno?
Occorre dire innanzitutto che l’adolescenza è un periodo della vita nel quale ci si sente pressoché immortali, anzi l’idea della morte è estremamente lontana e quasi del tutto assente. Questo, associato alla sottovalutazione dei rischi, rende l’adolescente incline a tantissimi comportamenti pericolosi. La stessa maturazione del cervello, ancora ampiamente incompleta, fa sì che il giovane sia impulsivo e poco razionale. E’ un pò come guidare un’auto potente, di grossa cilindrata, che è in grado di raggiungere una notevole velocità ma che possiede un impianto frenante scarsamente efficace. Misurarsi con la sfida è un elemento che eccita fortemente, l’abbiamo provato tutti da giovanissimi, conducendoci a fare cose stupide e spesso molto pericolose. I social ed i media in generale, consentono di amplificare notevolmente tutto questo, essere visti da tantissime persone è molto gratificante. Il cervello reagisce incrementando il rilascio di dopamina che è un neurotrasmettitore che determina una sensazione di appagamento e gratificazione ed allerta la nostra attenzione. Questi meccanismi rappresentano, tra l’altro, la base neurobiologica dei meccanismi della dipendenza e sono quindi molto potenti.
Il ragazzo morto, per altro uno studente modello ed un atleta quotato, aveva solo 14 anni. Dove finisce la privacy degli adolescenti e quando il genitore deve, invece, controllare il telefonino del proprio figlio?
Questa è una questione molto dibattuta e molto delicata. Personalmente sono del parere che i genitori debbano prestare attenzione ai comportamenti ed alle attività dei propri figli, anche a quelle online. La pressione operata sui ragazzi è molto forte, sia da parte dei coetanei, il cosiddetto gruppo dei pari, che da parte della cosiddetta “realtà virtuale”, che poi oggi tanto virtuale non è più. Viviamo in un mondo che ci sommerge di stimoli, ai quali non è facile far fronte. In un mio libro ho descritto il concetto di “Ambiente Immateriale”, vale a dire che non dobbiamo fare attenzione solo agli elementi che inquinano l’ambiente fisico (aria, acqua, cibo contaminato, etc.) ma anche ad elementi e dinamiche che di fatto inquinano dimensioni immateriali, che tuttavia hanno un fortissimo impatto sui nostri comportamenti e sulla nostra salute, tra questi, idee, emozioni e comportamenti che circolano sul web e sui media. Tanto per citare un esempio, ricordo che Fedez, qualche tempo fa, aveva compiuto in una trasmissione televisiva, per gioco, un analogo gesto, mangiando questa famosa patatina.
Quali sono i sintomi di un adolescente a cui un genitore deve prestare maggiore attenzione ?
Tra i principali sintomi che possono rappresentare la spia di un disagio, possiamo considerare la chiusura alle relazioni, la perdita di interesse per attività che precedentemente erano piacevoli, i repentini cambiamenti di umore o anche piccoli fastidi fisici come cefalea o disturbi intestinali. Queste sono solo alcune delle possibili spie a cui dovremmo prestare maggiore attenzione, allo scopo di intercettare tempestivamente i segnali di un disagio incipiente. Sarebbe molto importante formare educatori e genitori a cogliere precocemente questi segnali e ad essere in grado di conoscere come fare per comunicare al meglio con gli adolescenti. Tra i progetti del nostro Osservatorio c’è proprio un corso di questo tipo, rivolto non solo a genitori ed insegnanti ma a tutti coloro che sono interessati a contribuire a contrastare il disagio imperante ed i comportamenti a rischio.
Nei pochi istituti italiani dove è presente la figura dello psicologo, vero e proprio esperto della materia, il lavoro di prevenzione sembra aver annullato i rischi di compiere follie simili. Lì dove manca una figura professionale così importante, la scuola come deve intervenire?
E’ necessario che tali figure professionali, psicologi, psicoterapeuti ed esperti di dipendenze, siano costantemente e strutturalmente impegnati nel mondo della scuola. Non si può pensare che progetti che durano pochi mesi possano dare risultati tangibili. Gli insegnanti, che svolgono un compito di notevole importanza ed oggi particolarmente gravoso, non possono essere lasciati da soli a fronteggiare fenomeni che divengono di giorno in giorno sempre più diffusi ed ingravescenti. Occorre un’ampia mobilitazione per salvaguardare la salute emotiva e comportamentale dei nostri giovani.
Quali sintomi di un adolescente devono seriamente preoccupare un genitore ?
L’adolescenza è il periodo in cui si strutturano la personalità, le abitudini ed i comportamenti del soggetto ed è anche la fase della vita in cui compaiono i primi sintomi di un disagio emotivo o comportamentale oppure quelli di una vera e propria patologia. È di estrema importanza imparare a individuare i possibili segnali precoci senza sottovalutarli o ascriverli a generici “periodi di stress” o semplici “elementi del carattere”. Nel momento in cui un genitore sia preoccupato di avere colto eventuali segnali di questo tipo, dovrebbe, senza alcun timore, richiedere una consulenza con uno specialista, anche in assenza del proprio figlio o figlia, riportando le proprie preoccupazioni, allo stesso modo in cui potrebbe richiedere una visita dall’oculista per un difetto visivo o dal dermatologo per un’eruzione cutanea, tanto per fare alcuni esempi. Lo stigma, ampiamente presente e che caratterizza l’ambito di cui stiamo parlando, va aspramente combattuto poichè costituisce un elemento che rende più difficile “vedere” i segni del disagio e conseguentemente chiedere un aiuto.