Puglisi: “Quando torneremo a governo faremo riforma dal basso”
Partito Democratico – Su nuove tecnologie: "Non basta qualche lavagna magnetica, servono risorse e formazione insegnanti"
Partito Democratico – Su nuove tecnologie: "Non basta qualche lavagna magnetica, servono risorse e formazione insegnanti"
"Quando torneremo a governare rimetteremo in vetrina i gioielli di famiglia del sistema scolastico italiano: scuola dell’infanzia, tempo pieno e modulo a 30 ore con le compresenze. Vogliamo innovare dal basso la scuola secondaria di primo e secondo grado, quella in cui si manifesta il calo degli apprendimenti e la dispersione degli studenti e delle studentesse italiane, attraverso lo scambio di buone pratiche, l’infrastrutturazione tecnologica delle scuole e la formazione in servizio degli insegnanti. La riforma che serviva l’abbiamo fatta noi e si chiama ‘autonomia scolastica’. Una riforma che per poter essere sviluppata appieno ha bisogno di stabilità di risorse umane e finanziarie. Un organico funzionale stabile per ogni scuola autonoma, con cui poter progettare e sperimentare in libertà l’innovazione didattica che serve ai nostri ragazzi per superare i divari nei livelli di apprendimento, abilità e competenza, rispetto dai propri coetanei europei". E’ quanto ha detto Francesca Puglisi Responsabile
Scuola della segreteria Pd alla Conferenza nazionale per la scuola dei nativi digitali "Un nuovo alfabeto per l’Italia", organizzata dal Pd e in corso di svolgimento a Roma.
"Il Partito Democratico – ha aggiunto Puglisi- ha chiesto al Governo Monti di dare un segnale di discontinuità e di tornare ad investire in istruzione. Nel decreto legge sulle Semplificazioni avevamo chiesto più risorse per la scuola perchè le indicazioni dell’Ocse per battere la dispersione sono chiare: per togliere i ragazzi dalla strada, non bastano chiacchiere o buone norme, servono risorse per le scuole dell’infanzia, il tempo pieno, le scuole aperte nel pomeriggio nella secondaria, la formazione in servizio dei docenti e il rilancio della scuola tecnica e professionale con nuovi laboratori e tecnologie avanzate. E noi con il nostro 4,8% del PIL contro una media del 5,7, siamo fanalino di coda tra i Paesi dell’Ocse per investimenti in istruzione".
"Siamo consapevoli del rigore e delle politiche di risanamento necessari in questo momento – ha aggiunto Puglisi- ma siamo altrettanto convinti che parte di ciò che viene recuperato dalla lotta all’evasione fiscale e dalla riorganizzazione della spesa dello Stato, la cosiddetta spending review, deve essere destinato alla scuola. Solo con una scuola di qualita’ potremo davvero permettere ai nostri figli un futuro da "cittadini europei".
"L’uso delle nuove tecnologie a scuola -ha detto infine- aumenta l’interesse e le motivazioni dei ragazzi; ma non migliora gli
apprendimenti se non lo si accompagna ad un rinnovamento della didattica, che ne sfrutti al meglio le potenzialità cognitive.
Non è tanto un problema, di quanti computer o Lim mettere nelle aule, ma di come usarli, ossia di impostare pratiche didattiche nuove che diano ai ragazzi strumenti per apprendere e per orientarsi nelle diverse realtà digitali e virtuali del loro futuro".
LE SEI PROPOSTE DEL PD:
1) Pensare a una scuola che aiuti a superare le differenze culturali, sociali, linguistiche, significa usare le tecnologie non come semplice supporto al cartaceo, ma come nuovo modo di conoscere e insegnare.
Significa ridisegnare completamente i luoghi fisici dove finora la scuola ha vissuto.
Significa pensare ad un curricolo verticale tra scuola primaria e medie e a percorsi individualizzati fatti di materie comuni e di
scelte opzionali in un biennio unitario e un triennio d’indirizzo alle superiori. Per avere il tempo di maturare le scelte e decidere la
propria strada consapevolmente.
Significa pensare una nuova didattica che sappia relazionarsi con le menti veloci dei nostri figli e nipoti.
Significa far nascere dal basso un modello metodologico-didattico, che ci faccia passare da un modello di scuola che “eroga contenuti” ad una scuola laboratorio che guida e sostiene i giovani in formazione nell’ acquisire saperi, abilità e competenze.
2) Per favorire lo sviluppo di contenuti digitali e la loro condivisione, occorre pensare a forme di “concorrenza” virtuosa tra
ciò che fanno gli editori e ciò che sviluppano le scuole, sia per stimolare gli editori ad investire su soluzioni innovative (evitando
di inondare le scuole di PDF) sia per valorizzare l’uso attivo dei nuovi media e favorire la crescita di comunità di pratiche
professionali dei docenti.
3) Sperimentare “contenuti digitali” e “ambienti di apprendimento virtuali” messi a disposizione dagli editori.
4) Va garantita banda larga e copertura wifi delle scuole come precondizione dell’intero processo, un pc per ogni insegnante e
Lavagne Interattive Multimediali o di proiettori interattivi per ogni classe; la dotazione in ogni classe di un numero di net-book da
rendere disponibili per gli studenti in comodato gratuito per le attività di didattica in piccoli gruppi. Esperienze internazionali
hanno sperimentato anche una soluzione definitiva fornendo un computer ad ogni bambino secondo il modello “one to one”.
5) Va ripensata anche la formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti spostandola da una focalizzazione sui contenuti (tanto
“trasmessi” che “costruiti”) ad una centrata sulle pratiche didattiche, pratiche che andrebbero raccolte, condivise, sviluppate.
6) Sviluppare le Risorse educative aperte (OER-Open educational resources) non è un aspetto periferico ma centrale di una nuova politica scolastica. Favorire dunque la produzione di contenuti digitali che, usati nell’ambito dell’educazione e della formazione, possono essere liberamente consultati, integrati, modificati, distribuiti fra utenti della rete. Si tratta di un’idea che disegna comportamenti sociali innovativi e fortemente democratici, che va incoraggiata.
Nelle OER la figura del docente è centrale, perché è chiamato a interagire con i colleghi, con gli studenti e, più in generale con la
comunità-scuola. Le risorse realizzate e condivise dai docenti diventano così un modo reale per valorizzare le competenze interne a ogni comunità-scuola.