Psicologo a scuola, Lazzari (Cnop): “Promuovere lo sviluppo delle competenze emotive, relazionali e la capacità di gestire le criticità”

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Di David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi – Come è noto la legge di bilancio del dicembre 2024 ha istituito, grazie ad una originaria proposta della minoranza parlamentare (PD) accolta e condivisa dal Governo, un Fondo per il servizio di sostegno psicologico nella scuola.

Secondo la legge il Fondo serve “per l’attivazione, in via sperimentale, di presìdi territoriali di esperti psicologi a supporto delle istituzioni scolastiche” richiamando esplicitamente gli obiettivi della legge 71/2017 (come integrata dalla legge 70 del 2024, art.4-bis) che parla di “un servizio di sostegno psicologico agli studenti, al fine di favorire lo sviluppo e la formazione della personalità degli studenti medesimi nonché di prevenire fattori di rischio o situazioni di disagio, anche attraverso il coinvolgimento delle famiglie” e il Protocollo sottoscritto il 20 marzo 2024 tra MIM e CNOP.

Detto Protocollo ha come obiettivo la “prevenzione dei disagi psico-comportamentali di studentesse e studenti, al potenziamento di percorsi progettuali per l’acquisizione di competenze personali per la vita e alla promozione del benessere psico-relazionale nei confronti di tutti i soggetti della scuola”, e prevede che per l’attuazione di queste finalità “le Parti si impegnano ad avviare, in via sperimentale, la progettazione di presidi territoriali di esperti psicologi, a supporto delle istituzioni scolastiche, volti a favorire il superamento delle fragilità evolutive nei contesti scolastici, anche con riferimento alle situazioni di svantaggio sociale e culturale che ostacolano i processi di socializzazione e partecipazione alla vita della comunità scolastica”. Come si evince quindi il Fondo ex legge 207/24 è destinato all’attuazione di attività di prevenzione, promozione e sostegno che rientrano nel perimetro specifico della “psicologia scolastica”.

La professione psicologica, sebbene ricompresa tra le professioni della salute o “sanitarie” ha tuttavia una serie di campi applicativi che, pur rientrando nel concetto ampio di salute, non sono direttamente connessi alla sanità, alla cura e ai servizi sanitari. Basti considerare le attività della psicologia sociale, di comunità, del lavoro, delle
organizzazioni, della comunicazione, del marketing, dell’ambiente, del turismo e così via.

Situazione del resto comune ad altre professioni classificate “sanitarie”, come ad esempio i biologi, i chimici ed i fisici. Nessuna organizzazione lavorativa o comunità, tanto per fare un esempio, penserebbe di essere “sanitarizzata” semplicemente per la presenza di psicologi.

Il tema è semmai gli obiettivi e la natura delle attività che vengono svolte. Basta leggere le attività che la legge 207 assegna agli psicologi scolastici per avere chiara la specificità del loro ruolo e le differenze con l’ambito dei servizi sanitari, in linea peraltro con le esperienze internazionali e lo statuto della psicologia scolastica. Parliamo di “favorire lo sviluppo e la formazione della personalità degli studenti”, “prevenire fattori di rischio o situazioni di disagio”, “potenziamento di percorsi progettuali per l’acquisizione di competenze personali per la vita e alla promozione del benessere psico-relazionale nei confronti di tutti i soggetti della scuola”, “favorire il superamento delle fragilità evolutive nei contesti scolastici, anche con riferimento alle situazioni di svantaggio sociale e culturale che ostacolano i processi di socializzazione e partecipazione alla vita della comunità scolastica”.

Con queste peculiarità e questi obiettivi chi parla di “sanitarizzazione” della scuola fa, volutamente o meno, una chiara confusione, rischiando di alimentare un vuoto ed un ritardo del nostro Paese in questo campo. In una situazione di dilagante disagio psicologico occorre prendere atto che si tratta non solo di un problema che impatta sulla salute ma che condiziona lo sviluppo dei ragazzi e delle ragazze, il rapporto con i coetanei e la famiglia, lo studio, i comportamenti, la possibilità di fare scelte efficaci e di inserirsi adeguatamente nella vita. E’ quindi necessario, ce lo dice l’ONU, l’OMS, l’UNICEF, fare con la dimensione psicologica quello che abbiamo imparato a fare con la dimensione corporea introducendo l’educazione fisica, ovvero promuovere lo sviluppo delle competenze cognitive, emotive e relazionali, la resilienza e la capacità di gestire le criticità.

Potenziare la capacità di ascolto e di dialogo della scuola, la possibilità di intercettare precocemente situazioni di disagio che potrebbero avere evoluzioni critiche. Tutto questo vuol dire fare prevenzione e promozione delle risorse, che è quello che serve per evitare che la marea del disagio aumenti e finisca per investire i servizi sanitari già oggi sovraccarichi, ma anche per evitare che questa marea mandi in crisi il capitale umano del Paese, la capacità di convivenza civile e di integrazione nella comunità. Lo sviluppo e la tenuta della società dipendono anche da questo, e così l’economia, perché i costi della mancata prevenzione ed empowerment sono enormi. Ciò anche al fine di supportare il ruolo dei docenti, chiamati a relazionarsi spesso con situazioni delicate e fragilità e a svolgere un compito non solo legato alla trasmissione dei saperi curriculari ma anche di promozione delle competenze per la vita e la partecipazione sociale.

Il ruolo della Psicologia a supporto del sistema scuola si declina quindi su tre “P”: prevenzione, promozione, potenziamento, alle quali si potrebbe aggiungere “protezione”, perché tutto questo costituisce anche un fattore protettivo verso le crescenti implicazioni di un contesto sociale ricco di sollecitazioni che sono al contempo opportunità e rischi e che richiedono inedite capacità di critiche, di consapevolezza, orientamento e discernimento. Ma potremmo anche mettere la “p” di ponte, perché gli psicologi scolastici potranno contribuire ad un migliore sinergia con i medici, gli psicoterapeuti, gli operatori dei servizi sanitari, chiamati ad intervenire nelle situazioni nelle quali
si è strutturato un disturbo o una patologia. Tale ottica emerge peraltro anche nel testo della legge 207/24 laddove si parla di “raccordo con la rete dei servizi socio-sanitari ed assistenziali territoriali”, precisando però che l’attuazione del servizio di psicologia scolastica deve essere attuato in “assenza di oneri a carico del SSN”.

Questa è anche l’indicazione del “Piano Nazionale Infanzia e Adolescenza” approvato dal Parlamento italiano (se questo voto, come si spera, ha un peso), che prevede (Azione 6) l’istituzione del “servizio di psicologia scolastica“, precisando che tale azione “risponde all’Obiettivo di sviluppo sostenibile n. 3 dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite, all’obiettivo n. 2 della Strategia dell’Unione europea sui diritti delle persone di minore età per il periodo 2021-2024, e agli obiettivi n. 2 e 4 della Garanzia europea per l’infanzia.”.

Certamente, le somme disponibili per il Fondo di cui alla legge 207/24 sono molto limitate, ancorché i richiami nella stessa legge al “contrasto della povertà educativa e dell’abbandono scolastico, al supporto alle attività di orientamento” potrebbero far ipotizzare una convergenza di ulteriori risorse, e sarà perciò necessario uno sforzo per la messa a terra in modo razionale e funzionale delle attività, anche in una logica di progressività nel tempo, salvaguardando la chiarezza degli obiettivi e la specificità delle attività.

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