Proteggere dal Virus non significa esporre i ragazzi ad altri rischi. Lettera
inviata da Fernando Mazzeo – In questo convulso periodo di quarantena e di sospensione dell’attività didattica, gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado sono sottoposti a continue maratone per inseguire lezioni a distanza e video-lezioni scaricate da internet e riportate sulle diverse piattaforme digitali del Registro Elettronico: giorni e giorni, ore e ore davanti a computer, tablet e smartphone.
In molti, docenti, dirigenti e genitori hanno totalmente dimenticato o rimosso l’Sos wifi lanciato tempo fa da diverse Associazioni, per sensibilizzare sui danni alla salute legati alle radiofrequenze utilizzate dalle tecnologie senza fili e classificate dall’OMS come potenzialmente cancerogene per l’uomo, senza trascurare altri rischi come, diminuzione dell’udito, insonnia, cali di memoria, disturbi cognitivi ecc.
Se poi si considera che a questo tipo di radiofrequenze sono maggiormente esposti i giovani in età scolare, non ci si può interrogare sugli effetti negativi sia a livello fisico, sia a livello cognitivo di quella che potremmo definire una vera e propria “colonizzazione digitale”.
La diffusione in queste enormi dimensioni della didattica digitale, già considerata e vista da molti come un’ anteprima della scuola del futuro, inquieta sia dal punto di vista educativo, sia dal punto di vista sanitario.
Secondo il parere di pedagogisti e psicologi, sul piano del rendimento scolastico il telestudio non migliora l’apprendimento a lungo termine e, banalmente, soprattutto nel segmento della formazione di base dove la scuola e l’educazione sono fondamentalmente servizio e contatto diretto con la persona, riduce la funzione docente a semplice ruolo impiegatizio.
Marco Gui dell’Università di Milano, andando a scavare nei dati del Sesto Volume del rapporto PISA OCSE 2011, ha analizzato i rapporti tra la frequenza d’uso dei media digitali e i livelli di apprendimento ed ha concluso dicendo che le tecnologie si possono associare positivamente
all’apprendimento se si usano in maniera ridotta e limitata, non appena diventano invasive e colonizzano il tempo scolastico, il rendimento scende. A soffrirne di più sono competenze serie come la lettura, scienze e matematica.
Sul piano sanitario gli studi condotti dalla National Toxicology Program evidenziano un incremento significativo di due tipi di tumore (al cervello e al cuore) nei ratti esposti a radiofrequenze.
Questi sommari dati scientifici dovrebbero farci riflettere sul fatto che le moderne tecnologie applicate all’educazione, oltre a non essere efficaci, utili e salutari, hanno un’influenza non positiva sulla formazione e sulle qualità umane.
Si può dire che, anche se utilizzata e promossa in un periodo di emergenza sanitaria, la didattica a distanza condiziona negativamente i percorsi conoscitivi e crea potenziali danni alla salute.
Per questo, per non generare insidiose illusioni educative, occorre ridimensionare fortemente, soprattutto in questi giorni di dura prova della tenuta psicofisica e socioaffettiva dei ragazzi, l’uso della tecnologia, per dare ampio spazio alla lettura, al dialogo in famiglia, all’ascolto e al racconto vicendevole di storie, alla rielaborazione personale di testi, alla musica, all’arte, alla creatività in tutte le sue forme e manifestazioni.
Per non rimanere indietro con lo studio e il programma, non servono noiose videolezioni, ma terapie occupazionali, attività, esercizi (i libri di testo sono abbastanza completi e ricchi) in grado di rafforzare e stimolare l’impiego di processi cognitivi complessi come ragionamento, riflessione, pensiero critico, logico-deduttivo ecc.
Occorre capire che la scuola non è un servizio pubblico come gli altri. È un servizio alla persona e, perciò, strettamente collegato ad una precipua funzione axiologica e antropologica: quella di aiutare i ragazzi a compiere un viaggio interiore che permetta loro di vivere responsabilmente nel
mondo ed affrontare serenamente anche il forte dramma che si sta consumando nel quotidiano.
La scuola e la politica, in questo particolare momento, si adoperino e si impegnino non per produrre una enorme, quanto inutile, mole di collegamenti virtuali che avvelenano ulteriormente a mente di ragazzi già contaminati da un uso improprio della tecnologia.
La fatica intellettuale sta nella ricerca di antidoti efficaci alla demotivazione, essenziali e apprezzati modelli organizzativi comunicativi e relazionali, condivisi servizi educativi capaci di scrivere nella mente e nel cuore dei ragazzi per inserirli in una costellazione di valori da scoprire, da amare, da vivere.