Red – Come contrastare l’abbandono scolastico, soprattutto nel primo biennio del II grado? Risponde a questa domanda,sul sito educationduepuntozero.it, Walter Moro, Presidente del CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) di Milano e Direttore tecnico scientifico del CISEM (Centro per l’Innovazione e Sperimentazione Educativa Milano), esperto dei sistemi formativi e autore di testi sulla didattica della comunicazione visiva.
Red – Come contrastare l’abbandono scolastico, soprattutto nel primo biennio del II grado? Risponde a questa domanda,sul sito educationduepuntozero.it, Walter Moro, Presidente del CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) di Milano e Direttore tecnico scientifico del CISEM (Centro per l’Innovazione e Sperimentazione Educativa Milano), esperto dei sistemi formativi e autore di testi sulla didattica della comunicazione visiva.
L’autore parte con un’introduzione sui dati statistici dell’abbandono scolastico tra il I grado e il biennio del II grado, in un arco temporale che va dagli 11 ai 16 anni, con una perdita del 20% degli studenti provenienti in generale da strati sociali deprivati culturalmente e socialmente.
E’ un problema grave per il quale, ricorda l’autore, ci sono leggi e diritti inderogabili da rispettare come quello di “rimuovere gli ostacoli” che limitano di fatto “l’uguaglianza dei cittadini,” che “impediscono il pieno sviluppo della persona” (art. 3 della Costituzione).
L’Unione Europea ha indicato, nei FSE del 2014/2020, come prioritaria per il nostro paese la lotta contro la dispersione scolastica. Anche nel documento dei saggi nominati dal Presidente Napolitano si sottolinea la necessità di “definire urgentemente un programma speciale per ridurre l’abbandono scolastico specialmente nelle grandi città”.
Sulle caratteristiche del fenomeno afferma: "Dobbiamo aver chiaro che c’è una dispersione che va attribuita a cause di tipo socio-culturali, legate al contesto in cui vive lo studente, ma c’è anche una dispersione prodotta dal sistema di istruzione".
Secondo il il professor Moro, una delle cause è la didattica e il sistema di valutazione del II grado, che egli critica: "Il dato è ancora più allarmante, se si pensa che la nostra scuola secondaria produce dispersione nonostante l’innalzamento dell’obbligo di istruzione introdotto con la legge n. 296 del 2006 e rimane quindi sostanzialmente una scuola classista in cui permane radicata l’idea gentiliana che la secondaria di secondo grado deve essere una scuola selettiva.
Questa idea classista della nostra secondaria di secondo grado viene anche confermata da una recente indagine OCSE Pisa, pubblicata alcuni giorni fa su tutti i quotidiani, in cui viene messo in evidenza che i professori italiani della scuola superiore assegnano voti più alti alle studentesse e agli alunni dei ceti più abbienti, penalizzando, a parità di performance, gli studenti che provengono dagli strati sociali più svantaggiati.
Si parla di alunni e alunne di 15 anni, che frequentano il primo biennio dell’obbligo di istruzione, che si trovano a scontrarsi con un sistema di istruzione ingiustamente selettivo, in una fase dello sviluppo evolutivo particolarmente delicata dove l’insuccesso viene spesso vissuto come un proprio fallimento, producendo uno stato di delusione, di rassegnazione e di sfiducia verso le istituzioni difficilmente recuperabile".
Per Moro, dunque, la scuola del biennio del II grado è selettiva, in contrasto con il principio dell’obbligatorietà fino a 16 anni ed è "in contrasto con quanto affermato nell’art.2 della Legge Delega n.53 del 2003, in cui si dice che “a tutti gli studenti deve essere assicurato il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. A tutt’oggi a molti studenti questo diritto viene negato."
Inoltre il professore afferma che il biennio dovrebbe essere orientativo, in quanto "L’attuale impianto organizzativo della secondaria superiore, invece, canalizza precocemente a soli 14 anni il percorso formativo e di vita dello studente, senza che egli abbia possibilità di ritorno o penalizzando con una perdita di anni, di formazione e di esperienze un eventuale cambio di indirizzo."
Quali dunque le proposte? Moro ne elenca tre, che citiamo brevemente:
1. Bisogna fare in modo che il primo biennio della secondaria diventi effettivamente orientativo in senso formativo. Per questo è necessario che la scelta orientativa dello studente non avvenga più nella scuola media, come avviene ancora oggi, perché la scuola media non è più, dopo l’innalzamento dell’obbligo, il termine del percorso d’istruzione.
2. Bisogna garantire a ogni studente il raggiungimento di una soglia equivalente di conoscenze, abilità e competenze al termine del primo biennio, e per questo è necessario agire sugli orari delle discipline e sul piano didattico degli ordinamenti, in modo da rendere coerenti i quadri orari riferiti all’area generale dell’Istruzione con uno zoccolo di saperi comune a tutti i bienni dei Licei, degli Istituti Tecnici, degli Istituti Professionali.
3. Il terzo terreno su cui bisogna agire con la massima urgenza è quello del rinnovamento della didattica, rimasta sostanzialmente gentiliana, basata soprattutto sulla lezione frontale, nonostante il regolamento sull’obbligo di istruzione (il D.M. 139/07) introduca, in coerenza con le indicazioni europee, una didattica incentrata sulle competenze che mette al centro l’apprendimento e la didattica laboratoriale.
"Nel primo biennio – afferma – è necessario puntare su una didattica che valorizzi la manualità, l’operatività e che sia alla base del recupero che sa progettare e tenere insieme il sapere essere con il sapere e il saper fare.
Questo rinnovamento richiede un forte investimento sui Dirigenti scolastici e sulla formazione degli insegnanti, fornendo loro gli strumenti e le strategie adeguate per attuare una didattica centrata sulle competenze e sull’apprendimento.
Se vogliamo davvero abbattere la dispersione azzerandola,- conclude il professore – è necessario che gli insegnanti e i Dirigenti facciano un salto di qualità pensando all’obbligo di istruzione non come un’occasione per selezionare, ma come un’opportunità per recuperare, potenziare e sviluppare le competenze di base, di cittadinanza di tutti gli studenti."