Pronto soccorso a scuola: bambino di 10 anni salva la nonna con le manovre apprese in classe

Un bambino di soli 10 anni ha dimostrato straordinario sangue freddo salvando la vita della nonna, colta da una crisi epilettica. L’episodio è avvenuto venerdì 4 aprile ad Arezzo, dove il piccolo ha messo in pratica le manovre di primo soccorso imparate a scuola.
Nonostante la giovane età, il ragazzino ha agito con lucidità: ha posizionato la nonna sul fianco per evitare il soffocamento e ha immediatamente chiamato i soccorsi.
L’efficacia del “Progetto Asso – A scuola di soccorso”
Al loro arrivo, i sanitari della Misericordia di Arezzo hanno trovato la situazione già sotto controllo. Stupiti, hanno chiesto al bambino come avesse fatto a intervenire con tanta precisione. La risposta è stata semplice: “L’ho imparato a scuola”. Il piccolo aveva infatti partecipato al “Progetto Asso”, un’iniziativa promossa dalla Misericordia per insegnare le tecniche di primo soccorso agli alunni. I volontari hanno definito il gesto “una soddisfazione impagabile”, sottolineando l’importanza di formare anche i più giovani.
Le istituzioni lodano l’importanza della formazione
Anche il Comune di Arezzo ha espresso orgoglio per l’accaduto. In una nota, il vicesindaco Lucia Tanti ha definito l’episodio “una notizia felice che riempie di orgoglio tutta la comunità”. Inoltre ha ribadito l’importanza di investire nell’educazione al primo soccorso, sottolineando come progetti come il “Progetto Asso” siano fondamentali per la sicurezza collettiva. “Insegnare ai bambini i gesti che possono salvare una vita – ha concluso – è una garanzia per tutti”.
L’importanza dei corsi di primo soccorso nelle scuole: tra obblighi normativi e realtà territoriali
L’episodio del bambino che ha salvato la nonna grazie alle manovre di primo soccorso apprese a scuola non è solo una bella storia, ma un caso emblematico che riaccende i riflettori su un tema cruciale: la necessità di formare gli studenti alle tecniche salvavita. In Italia, la Legge 107 del 2015 (la cosiddetta “Buona Scuola”) ha introdotto l’obbligo di insegnare il primo soccorso nelle scuole, ma a quasi un decennio di distanza, la sua applicazione resta a macchia di leopardo, con differenze marcate tra regione e regione.
Alcuni territori, come la Toscana, la Lombardia e l’Emilia-Romagna, hanno attivato progetti strutturati in collaborazione con associazioni di volontariato come Croce Rossa, Misericordie e ANPAS, garantendo corsi regolari agli studenti. In altre zone, invece, l’offerta formativa è ancora occasionale o assente, lasciando intere generazioni senza le competenze minime per gestire un’emergenza. Un paradosso, se si considera che l’80% degli arresti cardiaci avviene in presenza di testimoni, e che un intervento immediato potrebbe triplicare le chance di sopravvivenza.
Il vero nodo da sciogliere è quello delle risorse e della programmazione. Se da un lato il Ministero ha pubblicato linee guida e stanziato fondi per l’acquisto di defibrillatori, dall’altro manca un piano nazionale organico che garantisca a tutti gli studenti, dalle elementari alle superiori, un percorso formativo continuativo. Intanto, però, le storie di ragazzi che hanno salvato vite – come quella del piccolo di Arezzo – dimostrano che investire in questa formazione non è un optional, ma un dovere civico.